ARCHEOLOGIA / Inghilterra, trovato un pettine d’osso ricavato da un frammento di cranio umano: risale all’età del ferro

Elena Percivaldi

Michael Marshall con il pettine di Bar Hill (© MOLA)

Un pettine risalente all’età del ferro, ricavato non come di consueto da ossa di animali bensì da un frammento di cranio umano. E’ davvero sorprendente – e anche inaspettata – la scoperta degli archeologi del Museum of London Archaeology (MOLA), che esaminando gli oltre 280.000 manufatti recuperati durante gli scavi archeologici effettuati tra il 2016 e il 2018 nell’ambito del National Highways A14 Cambridge to Huntingdon Improvement Scheme – il progetto di ampliamento dell’autostrada che collega Catthorpe al porto di Felixstowe, attraversando buona parte dell’East Anglia -, si sono resi conto di avere tra le mani un manufatto assolutamente particolare: una porzione di calotta cranica umana incisa con una serie di tacche parallele che ricordano, molto da vicino, i denti di un pettine.

I prezioso reperto visto da vicino (© MOLA)

L’oggetto è stato ritrovato a Bar Hill, a 4 miglia a nord-ovest di Cambridge, sito frequentato tra la metà dell’VIII secolo a.C. e la metà del I d.C. circa, ed è parso subito di grande interesse a causa della sua natura “non convenzionale”, che apre diversi problemi interpretativi. Certo, non si tratta della prima volta che vengono riportati alla luce manufatti ottenuti tramite la lavorazione di ossa umane. Durante l’età del ferro, in particolare, era pratica relativamente comune, almeno in Gran Bretagna, riutilizzare ossa di individui defunti per produrre oggetti destinati ad uso rituale, in special modo per quanto concerne il culto dei morti, così come utensili da impiegare nella vita quotidiana: è il caso, ad esempio, di alcuni strumenti per raschiare e lavorare le pelli anch’essi riemersi nel Cambridgeshire. E sta proprio qui, forse, la chiave per interpretare il nuovo ritrovamento. Fino ad oggi erano infatti solamente due i pettini d’osso ricavati da parti di calotta cranica tornati alla luce in Gran Bretagna, entrambi provenienti dal Cambridgeshire: il primo fu riportato alla luce negli anni Settanta a Earith, il secondo nei primi anni Duemila ad Harston Mill. Una coincidenza significativa, che ha spinto Michael Marshall, archeologo del MOLA Finds Team, a ritenere che possa trattarsi di un’abitudine caratteristica (e magari esclusiva) delle popolazioni che abitavano quest’area durante l’età del ferro.

La porzione di cranio (in rosso) da cui è stato ricavato il manufatto (© MOLA)

Ma c’è di più. I pettini d’osso, si sa, erano generalmente utilizzati sia nella tessitura che per la cura di barba e capelli; in quest’ultimo caso, rappresentavano oggetti personali dal carico simbolico per via del loro legame con il valore, ritenuto magico, delle chiome. L’esemplare di Bar Hill, però, non mostra almeno all’apparenza alcun segno di usura; viceversa, la presenza di un piccolo foro circolare sembra suggerire che fosse indossato al collo, probabilmente come talismano. La cosa in sé, va detto, non stupisce perché sia la Gran Bretagna che il resto dell’Europa hanno restituito, per quanto concerne l’età del ferro, numerosi frammenti di tessuti ossei umani che si ritiene fossero stati indossati come amuleti. Secondo Marshall, l’esemplare di Bar Hill potrebbe essere stato ricavato dal cranio di un importante membro della società e avrebbe dunque avuto un valore “fortemente simbolico” per i membri della comunità locale, i quali ne avrebbero perpetuato in tal modo la presenza anche dopo la dipartita.

Schema delle suture craniche (© MOLA)

L’unicità del pettine di Bar Hill ha indotto Marshall a riconsiderare sotto una nuova luce anche gli altri due esemplari finora riemersi nel Cambridgeshire, entrambi nel raggio di una quindicina di miglia da Bar Hill, aprendo a ipotesi interpretative decisamente affascinanti. Mentre il pettine di Earith aveva i denti ben scolpiti, quello di Harston Mill presentava, al pari di quello di Bar Hill, solo linee incise ed era quindi inadatto all’utilizzo pratico. Tali incisioni potrebbero rappresentare, secondo l’archeologo, le suture naturali che uniscono e saldano le diverse sezioni del cranio: palesando in tal modo il materiale di origine del pettine, chi lo ha realizzato avrebbe enfatizzato volutamente il simbolismo e il profondo significato dell’oggetto, rendendo entrambi immediatamente evidenti a chiunque avesse avuto modo di osservarlo.

Ricostruzione del pettine di Bar Hill (© MOLA)

Il pettine di Bar Hill potrebbe quindi gettare, insieme agli altri due del “terzetto” del Cambridgeshire, nuova luce sui rituali e sulle credenze diffuse in Gran Bretagna nell’età del ferro, a cominciare dal modo in cui i resti umani venivano trattati, e talvolta modificati, dalle singole comunità locali.

Il prezioso reperto sarà ora conservato nel Cambridgeshire Archaeology Archive, il principale deposito dei materiali riemersi durante gli scavi. E se anche la sua vera funzione e l’intero spettro di possibili significati non saranno, forse, mai del tutto svelati, la ricerca sugli oltre 280.000 manufatti recuperati durante gli interventi sulla A14 potrebbe riservare nuove e, magari altrettanto intriganti, sorprese.

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Giù nell'Everest sommerso, labirinto più letale nella storia delle immersioni cinesi - Il blog di Jacopo Ranieri

L’affollato ambiente virtuale pullula di voci, storie di esperienze, situazioni, valide testimonianze degli errori commessi e possibili approcci per rimediare. Nel brusio sovrapposto digitalizzato, d’altro canto, spiccano talvolta serie di parole, così terribili, tanto straordinarie o emblematiche, da porre un freno temporaneo alla navigazione. Trasportando il fruitore d’occasione in quei frangenti lontani nello spazio e ... Leggi tutto

Il blog di Jacopo Ranieri

Paesi Bassi / A Nimega torna alla luce una grande necropoli merovingia: 130 tombe con spettacolari corredi di armi, gioielli e monete | LE FOTO

Elena Percivaldi

Eccezionale scoperta nei Paesi Bassi. Durante i lavori di ricerca preventiva nell’area di Winkelsteeg, a sud del fiume Waal, gli archeologi del Comune di Nimega hanno riportato alla luce una vasta necropoli merovingia risalente tra il 550 e il 725 d.C. L’area, situata sotto gli ex campi sportivi della SV Hatert, ha restituito almeno 130 sepolture di uomini, donne e bambini, disposte inizialmente in file ordinate ma in seguito sovrapposte data la frequentazione continuata del sito.

Veduta dello scavo (foto: ©Gemeente Nijmegen)

Purtroppo le condizioni del terreno non hanno consentito la conservazione dei resti organici; tuttavia i corredi funerari restituiscono un’idea precisa della struttura della comunità: gioielli, monete d’oro e d’argento, armi e ceramiche, rivelano infatti non solo lo status sociale dei defunti, ma anche la presenza di intensi scambi commerciali con l’area franca.

Lo scavo in corso (foto: ©Gemeente Nijmegen)

Gioielli femminili e armi maschili

In dettaglio, le tombe femminili hanno restituito, tra gli altri oggetti, numerose collane realizzate con inseriti d’ambra e vaghi in vetro colorati e splendide fibule decorate. Una di queste, in particolare, è del tipo “a disco”, rivestita d’oro e ornata con pietre preziose: il modello ricorda da vicino le fibule di produzione bizantina, considerate uno status symbol tra le donne di alto rango come attestano numerosi ritrovamenti anche in altri contesti altomedievali (basta pensare, da noi, ai tanti esempi riemersi nelle necropoli longobarde).

Una delle numerose collane trovate nelle tombe femminili (foto: ©Gemeente Nijmegen)

Le sepolture maschili sono caratterizzate, come di consueto, dalla presenza di armi: spade, lance, pugnali, scudi e frecce, a ribadirne il ruolo sociale.

Secondo l’archeologo Joep Hendriks, questi reperti dimostrano che la comunità era perfettamente inserita nell’ampia rete commerciale e culturale che si estendeva fino ai confini dell’impero franco.

Un luogo abitato per secoli

La scoperta conferma la lunga continuità insediativa della zona. Nei pressi, già nel 2021, era stata ritrovata una splendida coppa in vetro blu di epoca romana. Sotto i campi sportivi, inoltre, sono emerse anche tracce di fattorie dell’età del Ferro e di epoca romana, a ulteriore conferma che Winkelsteeg fu un punto strategico fin dalla protostoria.

Coppa in vetro (foto: ©Gemeente Nijmegen)

L’assessore al patrimonio culturale Tobias van Elferen ha sottolineato come questa scoperta arricchisca la conoscenza di Nimega, città che attraverso i secoli ha mantenuto un ruolo vivo e dinamico.

(foto: ©Gemeente Nijmegen)

Studi e conservazione dei reperti

Accanto a tombe relativamente semplici, gli scavi hanno rinvenuto sepolture “monumentalizzate” con rivestimenti in legno, a conferma che quella di Nimega era una società differenziata nello status e nelle gerarchie sociali. L’esame ai raggi X effettuato su alcuni degli oggetti metallici ha inoltre rivelato la presenza di decorazioni elaborate. Tutti i materiali saranno accuratamente studiati e i risultati verranno pubblicati nei prossimi mesi. Nell’attesa, alcuni oggetti sono già esposti al pubblico nella sede del municipio di Nimega.

Fonte notizia e foto: Gemeente Nijmegen

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🐚 Scoperto in Francia il più antico "atelier" di gioielli in conchiglia d’Europa: ha almeno 42mila anni

Il ritrovamento è attribuito al Castelperroniano, la prima industria del Paleolitico superiore che segna la fase di transizione tra gli ultimi Neanderthal e i primi Homo sapiens arrivati in Europa.

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🏺 Romania 🇷🇴 : scoperta a Costanza una straordinaria tomba ipogea a forma di croce

La struttura, unica nel suo genere nella Dobrugia, presenta tre camere voltate, arcosoli e decorazioni ancora da decifrare ma è sicuramente databile alla seconda metà del IV secolo.

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Foto: ©Muzeul de Istorie Națională și Arheologie,…

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Romania, scoperta a Costanza una tomba ipogea a forma di croce

Romania, scoperta a Costanza una tomba ipogea romana a forma di croce con tre camere voltate: monumento unico nella necropoli tardo-antica.

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Romania / Scoperta a Costanza una tomba ipogea a forma di croce: “Straordinaria testimonianza della necropoli romana tardo-antica” | IL VIDEO

Elena Percivaldi

Eccezionale scoperta in Romania. Nel contesto delle Giornate Europee del Patrimonio 2025, il Museo di Storia Nazionale e Archeologia di Costanza (MINAC) ha annunciato la scoperta di uno straordinario monumento funerario: una tomba ipogea, unica nel suo genere per la Dobrugia. La struttura è emersa durante uno scavo preventivo all’interno della necropoli romana tardo-antica, risalente ai secoli IV-V, a nord-ovest delle mura dell’antica Tomis, nome con cui era conosciuta, in epoca romana, l’attuale città di Costanza, sul Mar Nero.

Un mausoleo a forma di croce

Il monumento presenta una planimetria a croce ed è composto da tre camere voltate, ciascuna delle quali alta più di due metri: una configurazione, secondo gli archeologi, unica rispetto agli altri ritrovamenti effettuati finora nella regione.

La tomba è dotata di arcosoli, piccole nicchie nelle pareti destinate al deposito dei defunti. Le pareti interne conservano ancora uno strato di intonaco in malta decorato, la cui interpretazione iconografica è attualmente in corso.

Gioiello del IV secolo d.C.

Secondo gli archeologi del MINAC, il monumento risale sicuramente alla seconda metà del IV secolo d.C., datazione che si basa sulle monete rinvenute durante lo scavo, coniate sotto gli imperatori Costanzo II (337 –361) e Valente (364-378), in un momento cruciale della storia tardo-imperiale.

Lo scavo, i cui risultati sono stati presentati in una conferenza stampa il 12 settembre, è ora in fase di conclusione, dopodiché si avvieranno immediatamente interventi urgenti per garantire la messa in sicurezza delle strutture voltate e l’installazione di una copertura provvisoria. A seguire verrà elaborato un progetto di conservazione e valorizzazione, che dovrà essere approvato dal Ministero della Cultura.

Studi in corso

La scoperta rappresenta un importante tassello per la conoscenza dei costumi funerari della Dobrugia. La planimetria a croce e la presenza di nicchie, simili a quelle delle catacombe, sembrano suggerire una possibile influenza cristiana; d’altra parte le decorazioni sembrano alludere a forme di sincretismo in atto tra le credenze pagane e il culto cristiano, che si andava diffondendo proprio in quel periodo. Lo studio del complesso è appena iniziato: sicuramente nei prossimi mesi ne sapremo di più.

Il video

Foto: ©Muzeul de Istorie Națională și Arheologie, Constanța

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💰✨ Galilea, riemerge un tesoro di monete nascosto oltre 1.600 anni fa: risale alla rivolta di Gallus contro Roma

A Hukok un rifugio ipogeo ha restituito 22 monete romane del IV secolo: un tesoro nascosto durante l’ultima insurrezione ebraica contro Roma (351-352 d.C.).

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Foto: @antiquities_en

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Galilea, tesoro nascosto durante l’ultima rivolta ebraica contro Roma

Scoperto a Hukok (Galilea) un tesoro di 22 monete del IV secolo: fu nascosto durante la rivolta di Gallus, l'ultima contro Roma.

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Svizzera / Scoperti i resti di un ponte romano del 40 a.C.: fu usato per quattro secoli

Elena Percivaldi

Un ritrovamento di grande interesse è stato annunciato dal Servizio archeologico del Canton Berna: durante i lavori di costruzione ad Aegerten, nella regione della Thielle, sono riemersi i resti di un ponte romano di circa 2000 anni fa, parte integrante della grande via transgiurana. Si tratta di oltre 300 pali di quercia, straordinariamente conservati grazie alle acque sotterranee, che costituivano le pile lignee del ponte.

Lo scavo archeologico: pali di quercia piantati in file ravvicinate e resti dei piloni di un ponte romano. Da ogni palo è stato prelevato un campione per determinarne l’età. Foto: ©Servizio archeologico del Canton Berna, Joel Furrer

Un’infrastruttura di lunga durata

Le analisi condotte al laboratorio di dendrocronologia hanno permesso di stabilire con precisione l’età del legno: la prima fase costruttiva risale a circa il 40 a.C., subito dopo la conquista romana dell’Helvezia, mentre gli interventi più tardi datano al 369 d.C., sotto l’imperatore Valentiniano I, impegnato a consolidare le difese posteriori del limes renano. In totale, il ponte rimase in funzione per oltre quattro secoli, testimonianza dell’importanza strategica e della capacità manutentiva delle infrastrutture romane.

Nel laboratorio di dendrocronologia, Matthias Bolliger misura gli anelli di un palo di quercia. Foto: ©Servizio archeologico del Canton Berna, Markus Leibundgut

Un nodo vitale della Transgiurana

Il ponte si trovava nei pressi della bourgade di Petinesca (Studen), crocevia fondamentale tra vie terrestri e fluviali. La Transgiurana collegava la capitale Aventicum (Avenches) con il nord, attraversando il Giura fino a Augusta Raurica (Augst). L’opera garantiva la connessione tra i centri del Plateau svizzero, sfruttando anche le vie d’acqua dell’Aar, della Thielle e dei laghi del Giura. In questo quadro, Aegerten rappresentava un punto strategico di transito militare ed economico.

Reperti dal letto della Thielle

Oltre alle strutture lignee, gli archeologi hanno recuperato numerosi oggetti di uso quotidiano caduti o gettati dal ponte nel corso dei secoli. Tra i reperti figurano chiodi da caligae, ferri di cavallo, collari da tiro, asce, un tridente da pesca, chiavi e monete. Spicca un grande rabot (pialla) in legno e ferro, conservato eccezionalmente grazie al suolo umido e povero di ossigeno. Questi oggetti, ora sottoposti a lavori di restauro, offrono uno spaccato vivido della vita quotidiana romana: dalla mobilità militare alla pesca, dall’artigianato alla manutenzione dei carri.

Questa pialla, perfettamente conservata, è stata ricavata da un unico pezzo di legno, in cui è stata inserita una lama di ferro. Misura 41 cm di lunghezza, 7 cm di larghezza e 5 cm di altezza. Foto: ©Servizio archeologico del Cantone di Berna, Daniel Marchand

Un tassello prezioso per la storia alpina

Questa scoperta conferma la capillare diffusione delle infrastrutture romane nella regione e permette di ricostruire con maggiore dettaglio le dinamiche economiche e sociali del Plateau elvetico tra età repubblicana e tarda antichità. Come sottolineano gli archeologi, un ponte non era solo un’opera ingegneristica, ma anche un punto di incontro, scambio e controllo, dove si intrecciavano commerci, viaggi e strategie militari.

Fonte: Servizio archeologico del Canton Berna

Immagine in apertura: Ciò che rimane di questi cumuli sono punte lunghe diversi metri. Sono state estratte dal sedimento con una pala meccanica. Foto: © Servizio archeologico del Canton Berna, Joel Furrer

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“A Gelliano e al dio Giove”: scoperto in Albania un eccezionale mausoleo romano (con iscrizione bilingue)

Elena Percivaldi

Eccezionale scoperta in Albania. Durante una campagna di scavi condotta dall’Istituto di Archeologia albanese nel villaggio di Strikçan presso Bulqizë, tra le montagne della regione di Dibrës, è venuta alla luce una tomba monumentale di epoca romana, la prima mai rinvenuta nel Paese. A comunicarlo è stato il Ministero dell’Economia, della Cultura e dell’Innovazione albanese. La scoperta è avvenuta nell’ambito del progetto di scavo “Kërkime Arkeologjike në Luginën e Bulqizës”, condotto dall’Istituto di Archeologia albanese con il sostegno della direzione museale nazionale.

Il mausoleo è di dimensioni ragguardevoli: misura circa 9 metri per 6 e presenta una camera sepolcrale alta 2,40 metri. Tre gli ambienti individuati figurano un’anticamera, la sala principale e una scalinata monumentale. Non un semplice sepolcro, quindi, ma un luogo monumentalizzato, pensato per celebrare e tramandare la memoria di un personaggio che doveva rivestire un ruolo di spicco nella comunità locale.

L’ingresso del sepolcro (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

La voce di Gelliano, in latino e greco

Chi sia ce lo dice un’iscrizione bilingue in latino e in greco dedicata a un uomo chiamato Gelliano – con ogni evidenza il proprietario della tomba – e al dio Giove. Poche righe incise nella pietra che raccontano un mondo in cui convivevano culture diverse, un ponte tra Roma e l’Egeo tracciato anche in questa remota valle albanese. Del “misterioso” Gelliano, al momento, non si sa nulla. Certo è che questo tipo di testimonianza epigrafica è inedito per la zona di Dibrës, il che accresce enormemente il valore storico e culturale della scoperta.

(foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit) (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

Oggetti di lusso e fili d’oro

Anche il corredo funerario non lascia dubbi sul rango elevato del defunto: ne fanno parte infatti vasi di vetro finemente lavorati, oggetti d’osso, armi e persino frammenti tessili con ricami in oro. Reperti che restituiscono l’immagine di una comunità locale vivace e strettamente collegata ai grandi circuiti di scambio commerciale e culturale del Mediterraneo.

L’interno del mausoleo (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

Per l’Albania, spiegano gli archeologi, si tratta di una scoperta senza precedenti: mai prima d’ora era stata rinvenuta una tomba monumentale romana di questo genere nel territorio. Anche per questo, il Ministero e la Direzione Regionale dei Beni Culturali di Tirana hanno fatto sapere di voler non solo continuare lo scavo, ma anche di avere tutta l’intenzione di proteggere e valorizzare questo tesoro affinché diventi parte della memoria collettiva del Paese.

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La singolarità genetica della formica che incorpora due specie nella sua discendenza - Il blog di Jacopo Ranieri

C’è solo un’altra specie di esseri, su questo pianeta, che vive quotidianamente il nostro stesso stato di conflitto, completo e totalizzante, nei confronti dell’ambiente che si trova attorno. La tremenda manifestazione del destino percepito come unica possibile soluzione situazionale: replicare la propria esistenza, fino a sovrascrivere ogni possibile alternativa biologica esistente. Così controllando l’assoluta ecologia ... Leggi tutto

Il blog di Jacopo Ranieri