Ecco il vero volto della mummia di KV55-Akhenaton, il padre di Tutankhamon

Elena Percivaldi

Ha finalmente un volto la mummia del faraone Akhenaton, padre del celebre Tutankhamon. A ricostruire le fattezze del sovrano è stata l’équipe di scienziati del FAPAB (Centro di ricerca di antropologia forense, paleopatologia e bioarcheologia) di Avola, in Sicilia, dopo un lungo e appassionante studio condotto sul cranio, rinvenuto nel 1907 all’interno della tomba “KV 55” nella Valle dei Re in Egitto.

Akhenaton, che regnò dal 1351 al 1334 a. C. circa, è uno dei faraoni più controversi della storia egizia. Durante il suo regno introdusse il culto monoteistico del dio Aton, incarnato dal disco solare, rimpiazzando il tradizionale politeismo: una riforma di carattere religioso – che lo portò a cambiare il proprio nome da Amenhotep IV ad Akhenaton, “servo di Aton” – ma anche politico, in quanto tesa a ridurre il potere della casta sacerdotale. La novità ebbe vita brevissima: alla morte di Akhenaton, il figlio ne sconfessò l’operato ripristinando il culto degli antichi dei e avviò, di fatto, la damnatio memoriae del padre poi portata a termine dai successori.

La ricostruzione del volto di KV55-Akhenaton (© FAPAB Research Center – Cicero Moraes)

La scoperta della mummia di Akhenaton

La vicenda della scoperta dei resti di Akhenaton è molto intrigante. A ritrovarli furono, il 6 gennaio 1907, gli archeologi Edward Russel Ayrton e Theodore M. Davis durante gli scavi nella Valle dei Re, in una tomba molto malridotta e ingombra di macerie, ribattezzata “KV 55” (King’s Valley 55), a pochi metri da quella in cui, nel 1922, Howard Carter avrebbe scoperto i resti di Tutankhamon.

Le operazioni di scavo furono complicate dallo stato precario dei reperti, danneggiati da spoliazioni precedenti e dalle infiltrazioni d’acqua. All’interno della tomba erano accumulati inoltre vari corpi, vasi canopi (usati per conservare gli organi mummificati del defunto) e manufatti appartenenti a diversi individui della XVIII dinastia.

Cranio di KV55 (immagine: Wikimedia Commons)

Durante il recupero, la mummia di Akhenaton rovinò tra le mani degli archeologi riducendosi al solo scheletro e decretando la perdita di molti dati utili. L’identificazione si presentò quindi subito molto problematica. Dall’esame del bacino, Davies ipotizzò che la salma appartenesse alla regina Tye, moglie di Amenophi III. Altri indizi presenti nella camera sepolcrale, come i mattoni incisi con cartigli recanti il nome di Akhenaton, sembravano invece indirizzare verso quest’ultimo.

Le analisi sulla mummia di Akhenaton

Le successive analisi dimostrarono che lo scheletro apparteneva, senza ombra di dubbio, a un individuo di sesso maschile. Restava da stabilire l’età del decesso, operazione complicata dallo stato dei resti. La stima di circa 25 anni, elaborata da Grafton E. Smith all’epoca della scoperta, è stata progressivamente corretta al ribasso fino alla stima attuale di 19-22 anni, il che ha sollevato l’ennesimo problema.

Il problema delle fonti

Stando ai resoconti antichi, Akhenaton avrebbe regnato per 17 anni, facendo decadere la possibilità che lo scheletro di KV 55 sia quello del faraone. Ma le analisi genetiche condotte nel 2010 – per quanto rese complicate dalla pratica del matrimonio tra fratelli, comune nelle dinastie reali egizie – hanno dimostrato che le ossa della mummia KV 55 potrebbero appartenere (la probabilità è grande) al padre di Tutankhamon. Tuttavia va precisato che qualche studioso non concorda con queste conclusioni, o comunque preferisce esprimere maggiore cautela.

Quanto al citato problema “cronologico”, la soluzione si avrebbe supponendo che egli sia salito sul trono prima di quanto finora presunto. Quando cioè era ancora minorenne e in una co-reggenza col padre Amenophi III, durata circa 8 anni: una prassi, del resto, non certo rara all’epoca.

La ricostruzione del volto della presunta mummia di Akhenaton è avvenuta sotto la direzione del co-fondatore del FAPAB, il paleopatologo Francesco M. Galassi, e dell’egittologo Michael E. Habicht, specialista nell’analisi delle mummie; al progetto ha partecipato anche l’antropologa forense Elena Varotto, che ha riesaminato la letteratura scientifica su KV 55 e i materiali iconografici. La resa delle fattezze è invece opera di Cicero Moraes, noto artista forense brasiliano: nel dar vita al modello 3D del viso di Akhenaton ha preferito evitare il ricorso ad acconciature, gioielli e altri ornamenti per evidenziare unicamente i tratti somatici.

* Articolo pubblicato con lievi modifiche su BBC History Italia n. 122 (giugno 2021). RIPRODUZIONE VIETATA.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Egitto, grandi scoperte ad Assuan: riemergono un sarcofago dipinto e decine di mummie nella necropoli dell’Aga Khan

Elena Percivaldi

Un volto scolpito nel calcare, con le labbra ancora rosse e le palpebre segnate dal kohl nero, è riemerso dalla sabbia del tempo ad Assuan, in Egitto. È quanto restituisce una delle ultime scoperte della missione congiunta italo-egiziana EIMAWA (Egyptian-Italian Mission At West Aswan), che dal 2019 lavora nell’area archeologica del Mausoleo dell’Aga Khan, sulla sponda occidentale del Nilo.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

Durante la campagna 2025, guidata da Patrizia Piacentini, docente di Egittologia all’Università Statale di Milano, e da Fahmy el-Amin, direttore dell’Ispettorato per le Antichità di Assuan, sono emerse nuove tombe scavate nella roccia, risalenti al periodo greco-romano (332 a.C. – 395 d.C.), che arricchiscono la conoscenza della necropoli di Assuan.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

La tomba, intatta e con un volto enigmatico

Tra i ritrovamenti più significativi, la tomba n. 38 è senz’altro una scoperta straordinaria. A oltre due metri di profondità nella roccia, gli archeologi hanno individuato un grande sarcofago di calcare, ancora decorato e inscritto in geroglifici. Il coperchio antropomorfo, ritrovato capovolto, presenta il volto scolpito del defunto con tratti ancora leggibili e colori visibili: rosso sulle labbra, nero attorno agli occhi, incorniciati da una parrucca finemente decorata.

Secondo Piacentini, “sul corpo del sarcofago sono incise due colonne di iscrizioni, con invocazioni alle divinità locali di Elefantina e i nomi e titoli del defunto e dei suoi familiari”.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

All’interno della tomba, sono emerse offerte rituali e numerose mummie, tra cui anche bambini. Questi resti saranno sottoposti ad analisi TAC per ottenere informazioni dettagliate sull’età, lo stato di salute e le cause di morte, prima di essere ricollocati nella tomba restaurata durante la prossima campagna, prevista per settembre 2025.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

Paesaggio funerario stratificato

Sull’altopiano attorno al mausoleo, altre sepolture risalenti all’epoca tolemaica (332–31 a.C.) e riutilizzate in età romana (30 a.C. – 395 d.C.) delineano una frequentazione lunga e continua del sito, probabilmente anche in risposta a eventi epidemici.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

Nella parte settentrionale dell’area, all’interno di un antico wadi, è stata identificata una struttura sacra – forse un luogo di culto – attorniata da offerte di origine animale e vegetale. Intorno a questa si sviluppano oltre dieci terrazze funerarie, scavate nella roccia lungo i pendii di due colline, destinate alla classe media di Assuan ed Elefantina, che utilizzò questo spazio per secoli.

Foto di Patrizia Piacentini / Unimi

“Le sepolture, disposte in file sovrapposte, occupavano tutto lo spazio disponibile, adattandosi al profilo naturale delle colline. Un’ulteriore testimonianza della lunga vitalità funeraria di quest’area”, aggiunge Piacentini.

Assuan si conferma così uno dei luoghi più fertili per l’archeologia egiziana contemporanea: una finestra aperta sulla complessa stratificazione delle pratiche funerarie e delle identità che vi si sono succedute.

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Egitto, scoperta la tomba di un comandante di Ramses III sepolto con scettro cerimoniale e anello d’oro

Elena Percivaldi

Splendida scoperta in Egitto. Una missione archeologica condotta dal Supreme Council of Antiquities (SCA) ha riportato alla luce a Tell Roud Iskander, nella regione di Maskhuta, governatorato di Ismailia, la tomba di un comandante militare dell’epoca di Ramses III (ca. 1218/1217 a.C. – 1155 a.C.), secondo re della XX Dinastia. Oltre a questa eccezionale sepoltura, gli archeologi hanno trovato altre tombe – collettive e individuali – risalenti al periodo greco-romano e tardo, reperti che aprono nuove prospettive sulla storia militare e culturale dell’antico Egitto. Il ritrovamento sottolinea infatti l’importanza strategica del sito. posto a protezione dei confini orientali durante il Nuovo Regno (1550-1070 a.C.), un’epoca di splendore e conquiste.

Punte di freccia e di lancia in bronzo (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Mohamed Ismail Khaled, segretario generale dell’SCA, ha definito il sito “un baluardo difensivo cruciale,” evidenziando l’importanza di Tell Roud Iskander come avamposto fortificato. “Castelli e fortezze proteggevano l’Egitto da est, e questa tomba dimostra il prestigio del suo occupante,” ha dichiarato Khaled. Tra i reperti, punte di freccia in bronzo e frammenti di uno scettro cerimoniale confermano l’alto rango militare del comandante, la cui identità resta ancora avvolta nel mistero.

Una tomba monumentale e il suo riutilizzo

La tomba dopo lo scavo (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

La tomba, costruita in mattoni di fango, si compone di una camera funeraria principale e tre stanze aggiuntive, con pareti interne rivestite di intonaco bianco. “L’architettura riflette lo status del defunto,” spiega Mohamed Abdel Badie, capo del settore delle antichità egizie dell’SCA. Durante gli scavi, è emerso uno scheletro umano coperto da uno strato di cartonnage — un particolare tipo di involucro che copriva le mummie ed era realizzato con fibre di tessuto e fogli di papiro tenuti insieme da un collante —databile a un’epoca successiva. Ciò suggerisce che la tomba sia stata riutilizzata in un secondo momento, forse durante il Periodo Tardo (664-332 a.C.).

Tombe greco-romane (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Tra i tesori rinvenuti spiccano vasi di alabastro – ben conservati – decorati con incisioni e tracce di colore, due dei quali recano i cartigli di Horemheb, celebre faraone guerriero della XVIII Dinastia. Ma i pezzi più spettacolari sono un anello d’oro con il cartiglio di Ramses III, un gran numero di perle e pietre colorate e una scatolina in avorio, a significare la presenza di un legame diretto con i grandi sovrani del Nuovo Regno.

L’anello con il cartiglio di Ramses III e sotto una collana (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Sepolture greco-romane e amuleti del Periodo tardo

Accanto alla tomba principale del condottiero, gli archeologi hanno scoperto anche fosse comuni e sepolture individuali più recenti, risalenti ai periodi greco-romano e tardo. “Abbiamo rinvenuto un gran numero di resti umani deposti in tombe collettive,” racconta Qutb Fawzy Qutb, responsabile delle antichità del Basso Egitto e del Sinai. “Nelle sepolture individuali del Tardo Periodo abbiamo trovato amuleti raffiguranti le divinità Tueret e Bes e l’Occhio di Udjat, a testimonianza del perdurare delle tradizioni religiose egizie anche sotto influenze esterne.”

Amuleti a forma di scarabeo (foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Questi reperti contrastano con la grandiosità della tomba del comandante e mostrano l’evoluzione delle pratiche funerarie in Egitto attraverso i secoli. La presenza di amuleti che rimandano alla protezione e alla fertilità riflette invece il perdurare di credenze radicate fino all’arrivo dei Greci e dei Romani.

Un sito strategico e una scoperta epocale

Situato nella fertile regione di Maskhuta, Tell Roud Iskander rappresentò un punto nevralgico del sistema di difesa dell’antico Egitto. “La scoperta ridefinisce la nostra comprensione del Nuovo Regno,” sottolinea Khaled. “Le fortificazioni qui costruite proteggevano l’accesso al Delta e al Sinai, aree vitali per il commercio e la sicurezza.” Il corredo di prestigio trovato nella tomba del comandante ne confermano il ruolo quale figura chiave nella gerarchia dei funzionari di Ramses III, l’ultimo grande faraone guerriero, celebre per aver respinto gli “invasori del Mare” nel XII secolo a.C.

Questi nuovi, eccezionali ritrovamenti arricchiscono il già straordinario patrimonio culturale egiziano. Ma c’è da scommettere che il sito, esplorato con tecniche avanzate quali la tomografia elettrica, riserverà molto presto ulteriori sorprese.

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Discover Egypt's Monuments - Ministry of Tourism and Antiquities

Le “lingue d’oro” delle mummie, un mistero (svelato?) dell’Egitto tolemaico

Elena Percivaldi

Nel dicembre 2024, una missione archeologica congiunta egiziano-spagnola, diretta dall’Università di Barcellona, ha fatto una scoperta sensazionale nell’area dell’odierna Al-Bahnasa, l’antica Oxyrhynchus, in Egitto. Qui, in un complesso di tombe scavate nella roccia, sono emerse 52 mummie, di cui 13 adornate con lingue d’oro e alcune con unghie dorate. Ad annunciare la scoperta, così come quella recentissima della presunta tomba del faraone Thutmose II, il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, che ha sottolineato l’importanza di questi straordinari reperti per comprendere le pratiche religiose dell’antico Egitto…

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Oltre ai resti umani, le tombe contenevano anche sarcofagi di pietra calcarea, amuleti, scarabei a cuore e pitture murali dai colori vivaci. Le iscrizioni e le decorazioni rappresentano divinità quali Osiride, Anubi e Nut, suggerendo un legame profondo con i culti dell’aldilà. Datate al periodo tolemaico (305-30 a.C.), epoca l’Egitto era governato dalla dinastia greco-macedone fondata da Tolomeo I – uno dei generali di Alessandro Magno -, offrono dunque uno spaccato di grande interesse sulle credenze e i rituali della civiltà egizia in un momento di profonda trasformazione culturale.

Lingue d’oro (C) Università di Barcellona

L’epoca tolemaica, periodo di trasformazioni

Durante l’epoca tolemaica l’Egitto, infatti conobbe la fusione tra le antiche tradizioni locali e le influenze greche. Situata nella fertile valle del Nilo, Oxyrhynchus era un centro religioso e culturale di grande importanza, ricco di templi e celebre per il culto degli animali sacri. Le tombe scoperte riflettono questa ibridazione: i rituali funerari restano radicati nella tradizione egizia, ma l’uso di materiali preziosi come l’oro potrebbe indicare un’influenza ellenistica, dove il lusso e l’ostentazione rivestivano un ruolo simbolico e sociale di grande importanza.

Barca del dio Aton (C) Università di Barcellona

Oxyrhynchus, un sito complesso

Il sito di Oxyrhynchus/Al-Bahnasa presenta una struttura complessa: da un pozzo rettangolare in pietra si accede a una sala centrale con tre camere funerarie, dove le mummie erano disposte fianco a fianco, il che fa pensare a una sepoltura comunitaria. Tra i reperti spiccano quattro sarcofagi intatti, decorati con scene di divinità e offerte, e una serie di amuleti tra i quali gli scarabei, ben noti simboli di rigenerazione. Alle pareti delle tombe, dipinte con colori vivaci, pitture che illustrano i processi di imbalsamazione, preziose per ricostruire le credenze dell’epoca.

Amuleti presenti nelle tombe (C) Università di Barcellona

Tra i dettagli più interessanti, citiamo la presenza di una mummia attribuita a un individuo di nome Wen Nefer, citato anche nelle iscrizioni. Chi fosse con precisione non lo sappiamo, ma è probabile che si trattasse di un membro della comunità religiosa oppure di una famiglia influente.

Il significato delle lingue d’oro

Ma perché gli antichi Egizi inserivano le lingue d’oro nelle bocche dei defunti? La risposta risiede, verosimilmente, nel loro sistema di credenze sull’aldilà. Secondo la mitologia egizia, infatti, dopo la morte l’anima si trovava ad affrontare il giudizio di Osiride, dio dell’oltretomba. Per poter parlare e potersi difendere dinnanzi a questo tribunale divino, il defunto doveva avere una lingua integra e funzionante, cosa tutt’altro che certa dopo aver subito il processo di mummificazione, che comportava la rimozione degli organi interni e il trattamento invasivo della salma. Durante questi passaggi, la lingua poteva deteriorarsi: ecco perché veniva sostituita con un simulacro d’oro, metallo considerato eterno, divino e incorruttibile.

Una delle lingue d’oro trovate nello scavo (C) Università di Barcellona

Realizzate in sottili lamine dorate modellate per assomigliare quanto più possibile al corrispondente organo umano, le lingue d’oro erano dunque un simbolo di protezione e un mezzo per garantire la comunicazione nell’aldilà.

Le unghie dorate: un enigma ancora da risolvere

Alcune delle mummie di Oxyrhynchus presentavano anche un’altra “protesi” dorata: le unghie, molto più rare e di difficile interpretazione. Secondo gli archeologi, potrebbero forse essere un elemento di protezione fisica o spirituale, che permetteva di preservare l’integrità del corpo nell’aldilà. Con ogni probabilità tale trattamento era riservato agli individui di rango quali, ad esempio, sacerdoti o nobili legati ai culti locali.

Una cosa è certa. Le mummie con lingue d’oro di Oxyrhynchus non costituiscono solo un ritrovamento spettacolare, ma rappresentano anche l’importante testimonianza di una società che, come quella egizia, credeva fermamente nella vita dopo la morte. E che per questo investiva cospicue risorse economiche, non lesinando il ricorso a elevate competenze artigianali e artistiche allo scopo di preparare degnamente i defunti per il loro ultimo viaggio.

L’intrigante scoperta di Oxyrhynchus fornisce dunque nuovi elementi per migliorare la comprensione della società del periodo tolemaico, un’epoca di transizione spesso trascurata rispetto ai fasti delle dinastie precedenti. E lascia numerose, affascinanti questioni ancora aperte.

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Exceptional discoveries in the latest campaign of the Oxyrhynchus Archaeological Mission

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Egitto / Scoperta la tomba di Thutmose II: è la prima di un faraone dopo quella di Tutankhamon [FOTO]

Elena Percivaldi

Sensazionale scoperta in Egitto. Il Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Egitto ha annunciato la della tomba di Thutmose II, faraone della XVIII dinastia, risalente a circa 3500 anni fa. Questa è la prima tomba regale a essere portata alla luce dopo quella di Tutankhamon nel 1922. L’eccezionale ritrovamento è avvenuto nell’area occidentale di Luxor, a circa 2,4 chilometri dalla Valle dei Re, grazie a una missione archeologica congiunta tra il Consiglio Supremo delle Antichità e la New Kingdom Research Foundation.

L’interno della tomba (foto: Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Egitto)

Chi era Thutmose II?

Thutmose II regnò tra il 1493 e il 1479 a.C. e morì prematuramente all’età di circa 30 anni. Per consolidare la sua posizione al trono, sposò la sua sorellastra Hatshepsut, che in seguito sarebbe diventata una delle più grandi regine dell’antico Egitto. Durante il suo regno furono costruiti diversi edifici ad Elefantina, Karnak e in Nubia. Tuttavia, fino a oggi, il luogo della sua sepoltura era rimasto un mistero.

La tomba di Thutmose II: il cielo blu trapuntato di stelle

La scoperta della tomba C4 risale all’ottobre 2022. Gli archeologi del team britannico-egiziano stavano lavorando in un’area finora associata alla sepoltura delle regine. Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha spiegato che per questo, entrando nell’ingresso e del corridoio principale, inizialmente avevano pensato che la tomba appartenesse a una delle mogli reali dei faraoni thutmosidi. Lì vicino, infatti, c’erano le sepolture delle mogli di Thutmose III, oltre a quella della regina Hatshepsut.

Le decorazioni della tomba (foto: Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Egitto)

L’ambiente, purtroppo, era in pessime condizioni a causa di antiche inondazioni. L’acqua aveva invaso la tomba, danneggiandone l’interno, il che ha reso necessario un impegnativo lavoro di restauro. E proprio il restauro è stato decisivo per giungere all’attribuzione della sepoltura. I frammenti di intonaco recuperati appartenevano infatti a un soffitto blu con stelle gialle, una decorazione tipica delle tombe dei faraoni. Erano inoltre presenti iscrizioni con parti del Libro di Im-Duat, un testo essenziale per il viaggio nell’Aldilà dei faraoni nell’antico Egitto.

I frammenti di intonaco (foto: Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Egitto)

L’identificazione del proprietario della tomba è stata possibile grazie alla presenza di vasi di alabastro incisi con il nome del faraone Thutmose II e il titolo di “Re defunto”. L’organizzazione della sepoltura del re era stata supervisionata dalla regina Hatshepsut, sua moglie e sorellastra.

Il “mistero” della mummia di Thutmose II

Il sarcofago del faraone Thutmose II (Wikimedia Commons)

La mummia del faraone era già stata scoperta nel XIX secolo nel nascondiglio di Deir el-Bahari, dove era stata occultata dai sacerdoti di Amon per proteggerla dai saccheggiatori. Attualmente è esposta nel Museo nazionale della civiltà egizia.

La testa mummificata del faraone Thutmose II (http://www.lib.uchicago.edu/cgi-bin/eos/eos_page.pl?DPI=300&callnum=DT57.C2_vol59&object=150)

Nel 1886, Gaston Maspero procedette alla sbendatura della mummia, rivelando segni di danni causati dai predatori di tombe. Le analisi successive hanno indicato che Thutmose II morì probabilmente a causa di una grave malattia. La tomba, però, era rimasta ancora ignota.

Un ritrovamento storico

L’interno della tomba (foto: Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Egitto)

Secondo Mohamed Ismail Khaled questa è “una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni”. La tomba fornisce nuove informazioni sul regno di Thutmose II e rappresenta il primo ritrovamento di un corredo funerario a lui appartenente, elemento che fino ad oggi ancora mancava.

Il futuro degli scavi

Secondo Piers Latherland, capo della sezione britannica della missione, la struttura architettonica semplice della tomba, composta da un corridoio intonacato sopraelevato di circa 1,4 metri che conduce alla camera funeraria, sia servito da prototipo per le tombe reali successive della XVIII dinastia. Si ritiene che il corridoio sopraelevato sia stato utilizzato per spostare già in antico il contenuto della tomba, a cominciare proprio dalla mummia di Thutmose II. E con ogni probabilità ciò avvenne proprio a seguito dell’allagamento, avvenuto poco dopo la morte del faraone.

Gli archeologi continueranno a studiare il sito per raccogliere altri dati su Thutmose II e per comprendere come l’inondazione abbia impattato sulla conservazione della struttura e dei suoi reperti.

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Ecco il vero volto della mummia di KV55-Akhenaton, il padre di Tutankhamon

Ricostruito per la prima volta il vero volto della mummia di Akhenaton, il faraone che introdusse in Egitto il culto monoteistico di Aton.

Storie & Archeostorie

Il “profumo dell’eternità”: l’aroma delle mummie egizie svelato dalla scienza

Elena Percivaldi

Per secoli, l’aroma emanato dalle mummie egizie ha “inebriato” archeologi e restauratori con le sue note dolci, legnose e speziate. Questo “profumo dell’eternità” è il risultato di una sapiente combinazione di oli, cere e resine utilizzate durante l’imbalsamazione, oltre all’azione di muffe e batteri nel corso dei millenni. Recentemente, un team internazionale di ricercatori ha analizzato sistematicamente questo odore attraverso tecniche chimiche e sensoriali, rivelando nuovi dettagli su questa antica pratica funeraria.

Eliminare gli odori sgradevoli per presentarsi bene nell’Aldilà

Nella cultura egizia, l’odore del corpo del defunto rivestiva un ruolo fondamentale. Gli antichi Egizi cercavano infatti di eliminare qualsiasi sentore sgradevole affinché il defunto si presentasse nel migliore dei modi al dio Anubi nell’aldilà. L’imbalsamazione prevedeva l’uso di sostanze aromatiche come oli, cere e resine, che non solo preservavano il corpo, ma conferivano anche un profumo piacevole, simbolo di purezza e divinità.

Lo studio scientifico sull’aroma delle mummie

Un team di ricerca internazionale, coordinato dall’Università di Lubiana, dall’University College di Londra e dall’Università di Cracovia, ha condotto uno studio approfondito sull’odore delle mummie egizie. Tra i partecipanti, le ricercatrici italiane Emma Paolin e Fabiana Di Gianvincenzo hanno svolto un ruolo chiave nell’analisi. Lo studio, pubblicato sul Journal of the American Chemical Society, ha esaminato nove mummie conservate al Museo Egizio del Cairo, risalenti tra il XIII secolo a.C. e il III secolo d.C. Quattro di queste erano esposte al pubblico, mentre cinque erano conservate nei depositi museali.

Figura 1. (A) Sarcofago con un corpo mummificato (M7) nel Museo egizio del Cairo e il campionamento (B, C) dell’interno della bara (dallo studio citato)

Il ruolo chiave dell’imbalsamazione

I ricercatori hanno utilizzato una combinazione di tecniche chimiche avanzate e valutazioni sensoriali per analizzare l’odore delle mummie. L’obiettivo era determinare se l'”odore di immortalità” fosse ancora presente dopo secoli e comprendere la sua evoluzione nel tempo. Le analisi hanno rivelato che le mummie emanano fragranze piacevoli, sentori definiti di volta in volta “legnosi”, “speziati”, “dolci” e “floreali”. Questi profumi derivano principalmente dalle resine di pino e ginepro utilizzate durante l’imbalsamazione.

L’aroma delle mummie egizie: ricostruire un panorama olfattivo

Comprendere l’odore delle mummie offre una prospettiva più ricca sulla cultura egizia, evidenziando l’importanza attribuita all’olfatto nel contesto funerario. Inoltre, questa ricerca apre la strada a nuove metodologie non invasive per valutare lo stato di conservazione dei reperti archeologici. I risultati potrebbero anche essere utilizzati per creare “paesaggi olfattivi” artificiali nei musei, migliorando l’esperienza dei visitatori e offrendo una connessione più profonda con le pratiche antiche.

L’olfatto nell’antico Egitto

L’analisi dell’aroma delle mummie egizie non solo arricchisce la nostra comprensione delle tecniche di imbalsamazione, ma sottolinea anche l’importanza dell’olfatto nella cultura e nei rituali dell’antico Egitto. Dimostra come la scienza al giorno d’oggi possa svelare aspetti inaspettati del passato. E ci aiuta (e non poco) a comprendere meglio le civiltà antiche anche nei loro aspetti più… impalpabili.

Per saperne di più:

  • Emma Paolin, Cecilia Bembibre et alii, Ancient Egyptian Mummified Bodies: Cross-Disciplinary Analysis of Their Smell. Journal of the American Chemical Society 2025. https://doi.org/10.1021/jacs.4c15769

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