Rebis di Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo

CW: suicidio

Descrizione: Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo, vero e proprio team creativo che ha già attirato l’attenzione delle più grandi realtà editoriali internazionali, con “Rebis” raccontano una storia sull’accettazione di sé e su quanto sia importante andare oltre la patina di cui la società ci riveste per incasellarci e riuscire a essere pienamente noi stessi. In un medioevo da caccia alle streghe, Martino è un bambino albino che è sempre stato trattato in maniera diversa dagli altri, con ostilità. Quando Martina scappa di casa e conosce Viviana, strega scappata da un rogo, la sua vita cambierà per sempre.

Stavo prenotando i prossimi libri da prendere in prestito in biblioteca quando mi è caduto lo sguardo su un consiglio di lettura interessante: diceva che, dopo molto entusiasmo iniziale, Rebis era caduto nel dimenticatoio e che invece per il suo valore letterario meritava di entrare nel novero dei classici del fumetto. La mia curiosità si è accesa come un albero di Natale e il libro era in biblioteca, un click ed è tornato a casa con me.

È stata una decisione felice: Rebis è un romanzo grafico sontuoso sulla frattura tra paese e bosco, tra religione cristiana e pagana, tra potere patriarcale e solidarietà della cura; e sull’odio – per sé, per lə altrə – che colma le ferite di quella lacerazione. Da che la frattura esiste esistono persone che vogliono (e hanno bisogno di) attraversarla.

Rebis è una di queste persone: la sua vita inizia nel villaggio, dove predominano i colori caldi del fuoco del focolare domestico e dei roghi delle streghe, ma viene presto in contatto con il bosco, che si presenta lussureggiante di verde, ma che al suo interno possiede vari colori e possibilità. Anche nel bosco, infatti, è possibile trovare un focolare domestico, quello di Viviana, una donna che è stata accusata di stregoneria e che vive ne bosco sopo essere sopravvissuta al rogo.

Viviana ha un design pazzesco, maestosa e gentile come una dea ancestrale: ci viene presentata due volte nel corso delle prime pagine e in entrambi i casi la sua presenza è dirompente e risucchia tutta la nostra attenzione. Ferita a morte per quella che non considera affatto una colpa, Viviana vive da sola nel bosco, coltivando relazioni con altre donne – sorelle – che sfuggono alle rigide regole di chi ha bisogno di confini netti e invalicabili per poter mantenere potere e identità.

La sua sola esistenza, con la dimostrazione tangibile che un’altra via è possibile, darà a Rebis la possibilità di rinascere e di curare la frattura che sente dentro di sé e l’odio che ha finito per invaderla. Non sarà un percorso semplice e indolore, ma Viviana sarà lì, pronta ad abbracciarla e sorreggerla.

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Da parte femminista ci fu una reinterpretazione delle tematiche poste dal Sessantotto

Le prime, ancora acerbe, rivendicazioni di un concreto e autonomo protagonismo femminile si rintracciano nelle università, dove la mobilitazione studentesca del Sessantotto contro l’autorità nella scuola, nella famiglia e poi nella fabbrica aveva favorito una forte e repentina politicizzazione femminile. Accanto al senso di libertà e di fermento provato nella sperimentazione di una nuova idea di cittadinanza politica, si era registrato anche l’emergere, tra le studentesse, di un senso di inquietudine e frustrazione dovuto al permanere di gerarchie tra i sessi ancora forti, sia in ambito specificamente politico che nel privato. Il «senso di comunità calda, di antidoto alla solitudine nella società di massa» si rivelò, come ha scritto Anna Bravo, «un dono effimero», «una scheggia di tempo nel tempo del ’68»: un dono parziale perché fondato su un falso universalismo studentesco <12. Per svelare questa parzialità, nel dopo Sessantotto si è sentita la necessità di mettere in scena una fuoriuscita, con una cesura e un atto di separazione netto, in bilico tra provocazione e bisogno esistenziale.
Il nuovo femminismo si è originato in gran parte grazie a una generazione di giovani donne politicizzate, cresciute in una sinistra che era nuova eppure ancora a dominanza maschile, che hanno espresso il desiderio di diffrangere un percorso unitario, rimodulando le discontinuità segnate dal ciclo di proteste della fine degli anni Sessanta <13.
“Alle radici della nostra memoria, – ha scritto Luisa Passerini, riflettendo sulle origini del Sessantotto – in decine di storie di vita, trovo una frattura. La nostra identità si costruisce a partire dalle contraddizioni. Anche i racconti che sottolineano la continuità della propria vita estraggono dalla materia autobiografica i temi ricorrenti della scissione, della differenza, del contrasto” <14.
Nonostante l’innegabile valore di emancipazione insito nel prendere parte al movimento degli studenti, la condivisione dell’impegno politico fu attraversata, per le donne, da ambivalenze, contraddizioni e disagi tali che quella che era stata una storia comune ben presto si scisse in due diverse. Da una rottura se ne generò un’altra, come se in quell’esodo generazionale e politico che fu il Sessantotto, in quella “autoesclusione” generazionale, ci fosse la premessa per l’affermazione del separatismo femminista quale pratica strategica, quasi mai indolore, fondata sul riconoscimento di sé come soggetto oppresso <15. Alimentate dalla traduzione di testi stranieri e dalla circolazione dei primi documenti femministi italiani, le contraddizioni si ramificarono e disseminarono, arrivando a toccare orizzonti che si erano ritenuti infrangibili.
Introducendo una raccolta di saggi e documenti femministi internazionali, Lidia Menapace nel 1972 spiegò così quanto stava accadendo nella “seconda metà del cielo”: “Non bastano le tradizionali lotte per la parità, per il divorzio, per l’aborto, per la libertà sessuale: viene posto direttamente in contestazione tutto il sistema di potere “maschile”, tutta la società “virilsitica” e si comincia ad individuare nell’uomo e nel suo predominio l’ostacolo principale a qualsiasi sviluppo futuro” <16.
Alcuni gruppi autonomi femminili scaturirono proprio dal contrasto con il movimento del Sessantotto, come avvenne a Trento per il Cerchio spezzato, gruppo separatista nato con l’affermazione dell’impossibilità di auspicare e ottenere l’uguaglianza con gli uomini: “Noi siamo un gruppo di compagne che più o meno hanno vissuto tutte in prima persona l’esperienza politica del movimento studentesco e dei successivi gruppi politici che rappresentano un superamento del movimento stesso. Come per un gran numero di studenti in generale, è stata questa l’esperienza che ci ha posto difronte la prospettiva concreta e la possibilità di rovesciare un sistema sociale fondato sull’oppressione e sullo sfruttamento. Ma noi, non solo come studentesse, ma in quanto donne, avevamo affidato molto di più a questa prospettiva di liberazione […]. Ci siamo illuse che automaticamente la presa di coscienza generale dell’oppressione di classe ci ponesse di fronte ai problemi allo stesso modo dei compagni. Questa illusione è stata smentita dalla pratica politica e dall’esperienza. Non c’è uguaglianza tra diseguali”.
Le fondatrici del Cerchio spezzato proseguirono spiegando le difficoltà e le remore che avevano segnato la scelta separatista: “Ma non è stato un processo facile, perché la lunga abitudine a identificarsi con l’uomo, il nostro oppressore, agiva da potente freno […]. Molte compagne hanno avuto «paura» di venire a fare riunioni soltanto fra donne, sottintendendo un grande disprezzamento di sé. E la decisione di escludere in una prima fase i maschi è stata una precisa presa di posizione politica. Ogni oppresso deve prima affermarsi nella libertà della sua ribellione e accettare da questa posizione di forza il confronto. Includere i maschi ci costringeva a misurarci di nuovo sul terreno e coi metodi del nostro oppressore” <17.
L’accusa rivolta al movimento studentesco di essere stato più «un’ultima “illusione” emancipatoria che “l’inizio di tutto”» – per riprendere la riflessione di Anna Maria Crispino sul legame tra la politica del femminismo e quella del Sessantotto <18 – proseguì nel documento attraverso un’analisi del linguaggio e delle dinamiche di potere tipicamente maschili. “In un ambiente come il nostro, in particolare, la parola – maggior strumento di affermazione – è diventata lo strumento della nostra esclusione. Come i proletari, noi non sappiamo parlare, soprattutto quando dobbiamo misurarci sul linguaggio sempre maschile, sempre elaborato da altri”.
In questo senso, il separatismo costituì una grande novità poiché con esso le donne si sottrassero e si autoesclusero dalla sfera pubblica ma, paradossalmente, così facendo si appropriarono di essa, riplasmandola a partire dai propri corpi e dai propri pensieri. “Separandosi – scrisse Lea Melandri a vent’anni dalla prima pubblicazione di “L’infamia originaria” -, e chiedendo cambiamenti sostanziali nelle istituzioni e nell’idea stessa della politica, i gruppi femministi intendevano costringere la storia a riconoscere al proprio interno, nelle spinte profonde che l’attraversavano, gli esiti ancora in parte inconsapevoli dell’«infamia» che, fin dall’origine, ha negato alla donna esistenza propria e alienato nell’uomo la condizione naturale del vivere”. <19
La nuova sinistra – come ha scritto Yasmin Ergas – ha assolto un ruolo importante nel cammino attraverso il quale questo movimento si è costituito come soggetto politico: “Prima stimolando il coinvolgimento di ampie fasce femminili, rendendo loro accessibili risorse politiche e fungendo da organizzazione intermedie; poi perpetuando ed accentuando quelle condizioni di frustrazione che […] producono uno spostamento del baricentro dell’attivismo femminile dagli obiettivi indicati dalle organizzazioni della nuova sinistra alle tematiche specificatamente associate alla condizione delle donne” <20.
La diffusione capillare sul territorio nazionale di “piccoli gruppi”, collettivi, associazioni culturali, librerie delle donne, centri per la salute femminile e consultori autogestiti non solo favorì un inedito protagonismo femminile e, alla metà del decennio, incitò la “presa di coscienza” di migliaia di donne, ma pose le basi per un ripensamento e un rinnovamento dell’idea di pubblico, partendo dalla decostruzione della politica tradizionale. “Rendendosi invisibili ai maschi, le donne creavano una nuova visibilità, questa volta costruita secondo le proprie regole. È il separatismo che ha reso possibile la rottura del velo, del “burka” politico che aveva tenuto avvinte, in una sorta di abbraccio strettissimo, le figlie/sorelle ai padri/fratelli” <21.
Al di là delle analogie e delle differenze, infatti, da parte femminista ci fu una reinterpretazione delle tematiche poste dal Sessantotto: la critica all’autoritarismo divenne critica al patriarcato e alla gerarchizzazione dei sessi; la valorizzazione della sfera personale, dei desideri e dei bisogni individuali si radicalizzò fino all’abbattimento delle barriere che dividono la sfera personale da quella politica; la scoperta della soggettività divenne la base per nuove modalità di azione politica, tra le quali spiccarono i “piccoli gruppi” di autocoscienza.
[NOTE]
12 Anna Bravo, Un nuovo ordine del discorso, «Primapersona», 19/1998, pp. 66-68.
13 Cfr. Luisa Passerini, Corpi e corpo collettivo, in T. Bertolotti e A. Scattigno, Il femminismo, cit., pp. 181-193; Stefania Voli (a cura di), Angela Miglietti. Storia di una traduzione, «Zapruder», 13/2007, pp. 108-115.
14 Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze 2008 [1988], p. 40.
15 Cfr. Peppino Ortoleva, I movimenti del ’68 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma 1998 [1988], pp. 231-242.
16 Lidia Menapace (a cura di), Per un movimento politico di liberazione delle donne. Saggi e documenti, Bertani, Verona 1972, p. 13.
17 Cerchio spezzato, Non c’è rivoluzione senza liberazione della donna, e Le donne e i neri. Il sesso e il colore, in Gruppo “Anabasi” (a cura di), Donne è bello, Milano 1972 [Edizione digitale: ©2015 Ebook @ Women]; e in Rosalba Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia, Savelli, Roma 1974, p. 158 e p. 160.
18 Anna Maria Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell’età contemporanea. Parte seconda, Unione Donne Italiane – Circolo «La Goccia», Roma 1989, p. 13.
19 Lea Melandri, L’infamia originaria. Facciamola finita col cuore e la politica, Manifestolibri, Roma 1997, p. 11 [1977].
20 Yasmine Ergas, Nelle maglie della politica, FrancoAngeli, Milano 1986, p. 80.
21 Gabriella Bonacchi, Il “selvaggio” di Occidente. Corpo e femminismo, «Parolechiave», 31/2004, p. 123.
Paola Stelliferi, Una liberazione «fratricida e iconoclasta»: l’impatto dei femminismi sugli uomini della nuova sinistra nell’Italia degli anni Settanta, Tesi di dottorato, Università Ca’ Foscari – Venezia, 2016

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@Gianni404 @valigiablu a parte che nell'articolo si parla in generale di diritto sessuali e riproduttivi. Si può dover ricorrere all'aborto dopo un rapporto non consensuale, dopo un errore di calcolo se ti sei fidata dell'ogino, se sei povera, se pensavi lui ti sostenesse invece s'è dato alla fuga, se il figlio ha una malformazione che mette in pericolo te a partorirlo e farebbe morire lui dopo tre giorni, e molti altri motivi che chi ha un utero può continuare a elencarti
#aborto #femminismo

CANZONE ITALIANA – Speciale Universo Femminile 1976-1985

Flavio Scutti @flavioscutti https://www.istitutografico.com/articoli/articoli/CANZONE_ITALIANA_-_Speciale_Universo_Femminile_1976-1985 Il consolidarsi dei movimenti femministi ha apportato delle innovazioni importanti nel panorama musicale italiano tra gli anni '70 e '80. In questa raccolta troviamo una selezione di canzoni di eccezionale bellezza realizzate da autrici e artiste che hanno descritto un nuovo ruolo della Donna nella società #canzoneitaliana […]

https://www.istitutografico.com/social/canzone-italiana-speciale-universo-femminile-1976-1985/

CANZONE ITALIANA – Speciale Universo Femminile 1976-1985 – ISTITUTO GRAFICO

Labcyberfem 4 settembre 2025

https://women.it/evento/labcyberfem-4-settembre-2025/ [https://women.it/evento/labcyberfem-4-settembre-2025/] Abbiamo una Crown usata da sbloccare e provare.. .. e c’è ancora l’installazione Pirogue finita da vedere un po i dati raccolti/raccoglibili.. e poi una listona di progetti possibili… jammer ed installazioni linux.. interviste e social alternativi da provare.. oltre ad iniziare/finire l’assemblaggio della Buster Beagle MK2. Con la Hitry ripartiremo ad Ottobre, perchè siamo a corto di resina… vi aspettiamo!   Il resto delle info su https://labcyberfem.women.it [https://labcyberfem.women.it] ANTEFATTO > Il gruppo cyber LAB ha messo le mani a fine aprile 2025 su una catena di > produzione di seconda mano che ci permette di creare piccoli oggettini in > plastica riciclata, oppure gomme o silicone nuovi. Giornata di scambio ed > assemblaggio di idee e di disegni 3D! > > L’hardware in dotazione al LAB è, in ordine di uso: > > una stampante Hitry resin 3D -> una Prusa asciuga e fissa matrice -> una > iniettrice plastica Buster Beagle MK2 > >   > > Faremo un po di prove! > > Organizzato da Lab cyberfem autogestito ed il gruppo Visionarie > [https://women.it/visionarie/] (Associazione Orlando)

Balotta

Labcyberfem 4 settembre 2025

Centro delle donne, giovedì 4 settembre alle ore 18:30 CEST

https://women.it/evento/labcyberfem-4-settembre-2025/

Abbiamo una Crown usata da sbloccare e provare..

.. e c’è ancora l’installazione Pirogue finita da vedere un po i
dati raccolti/raccoglibili..

e poi una listona di progetti possibili… jammer ed
installazioni linux.. interviste e social alternativi da provare..

oltre ad iniziare/finire l’assemblaggio della Buster Beagle MK2.

Con la Hitry ripartiremo ad Ottobre, perchè siamo a corto di resina… vi aspettiamo!

 

Il resto delle info su https://labcyberfem.women.it

ANTEFATTO

Il gruppo cyber LAB ha messo le mani a fine aprile 2025 su una catena di produzione di seconda mano che ci permette di creare piccoli oggettini in plastica riciclata, oppure gomme o silicone nuovi. Giornata di scambio ed assemblaggio di idee e di disegni 3D!

L’hardware in dotazione al LAB è, in ordine di uso:

una stampante Hitry resin 3D -> una Prusa asciuga e fissa matrice -> una iniettrice plastica Buster Beagle MK2

 

Faremo un po di prove!

Organizzato da Lab cyberfem autogestito ed il gruppo Visionarie (Associazione Orlando)

https://balotta.org/event/labcyberfem-4-settembre-2025

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