oggi, 21 ottobre, venti anni fa, iniziava l’edizione 2005 di romapoesia

Nel 2005 un evento, Poesia ultima / L’esperienza-divenire delle arti, organizzato da RomaPoesia (Luigi Cinque e Nanni Balestrini) e in parte curato da me, univa – in una serie di giornate e incontri principalmente all’Auditorium e presso la Fondazione Baruchello – autori molto diversi tra loro, poeti, artisti, musicisti, performer, e videomaker, in un tentativo di dare un quadro di alcune linee di ricerca (o non di ricerca) contemporanee.

Il sottotitolo diceva, anche: “generazione ’68-’78”.

Qui il programma completo: https://slowforward.net/2006/08/12/ottobre-2005-poesia-ultima/

E qui una – direi tutt’ora attuale – scheda di descrizione e dichiarazione di intenti, non firmata ma mia: https://slowforward.net/2006/08/12/ottobre-2005-scheda/
(leggibile anche qui, o su archive.org, e su Academia)

(N.b.: Entrambi i post sono stati importati su WordPress nel 2006, essendo usciti in origine su slow-forward.splinder.com e in varie altre sedi ‘ufficiali’ della manifestazione).

Come è ovvio, la cosa nel suo complesso fu da alcuni versanti fortemente e pressoché ciecamente osteggiata (soprattutto da parte del sottobosco poetico, che infatti – in virtù della sua ostilità alla sperimentazione – sarebbe stato debitamente ascensorizzato nell’arco del quindicennio successivo). Stessi oppositori e stessa veemenza disordinata avrebbero accolto prima gammm alla sua nascita a fine giugno 2006 e poi Prosa in prosa nel 2009. (Tutto è registrato e fortunatamente immortalato da memorabili thread di commenti su vari blog, soprattutto Nazione indiana e Absolute poetry: chi vuole può divertirsi a compulsare).

Qui di séguito ripropongo una parte credo significativa della scheda descrittiva (cfr. il secondo link sopra riportato), con elementi, suggestioni e interrogativi che periodicamente riemergono nel sempiterno dibattito italiano sulla poesia, che specie da un decennio a questa parte sembra ogni volta ripartire beato e beota da zero senza interrogarsi su quello che l’ha preceduto, pur essendoci infiniti stimoli proprio nel passato recente e meno recente (ma studiabile, rintracciabile, si pensi solo ad alfabeta2, EX.IT – Materiali fuori contesto, Poeti degli anni zero, o appunto a Prosa in prosa, gammm, RomaPoesia, RicercaBO, e poi a Parola plurale, slowforward, La camera verde, Biagio Cepollaro E-dizioni, Ákusma, “Baldus”, Poesia italiana della contraddizione, MilanoPoesia, “Altri termini” eccetera).

(In realtà il problema è duplice: da una parte c’è la sostanziale e a volte intenzionale mancanza di riferimenti e conoscenza da parte dei giovani poeti, dall’altra la loro indisponibilità a riconoscere che le questioni che dibattono e in cui si dibattono sono state già affrontate, ma da autori della ricerca letteraria, quindi da gente e strutture e testi di cui – per via della medesima ignoranza – non vogliono avere contezza. Anche perché dialogare con la ricerca letteraria vuol dire ipso facto inimicarsi a sangue e per sempre i federali e i capibastone del mainstream).

Ecco un estratto dalla scheda, appunto:

Le questioni e gli interrogativi che la poesia rivolge a sé e al contesto sociale (e che quest’ultimo riformula in ulteriori domande) possono riguardare:

   – la situazione della scrittura di ricerca, nella sua interazione con altre arti, lingue e culture;

   – i rapporti complessi di legame/indipendenza che la poesia (di ricerca e non) intrattiene oggi con i propri ‘padri’, con i molti valori stilistici portati dal Novecento;

   – la dicibilità del mondo come resistenza di una poesia civile, e dell’io ‘lirico’ affermato o negato in questa

   – l’occorrenza di motivi costanti (il corpo in immagine distante, la vita degli oggetti) in libri e autori nati negli anni Sessanta e Settanta: che configurano una sorta di scrittura insieme antirealistica e fredda.

Questi nuclei, individuati ‘scansionando’ per letture parallele siti e sedi e libri recenti di poesia, sono ripartiti nelle due giornate di incontro a Roma, 21-22 ottobre 2005, in modo tale che alcuni degli autori più significativi appartenenti alle generazioni dei nati nel decennio 1968-1978 si trovino a conversare e dibattere tra loro, e soprattutto a porre in parallelo il discorso critico e la lettura, teoria e voce. È la sfida e l’ipotesi in gioco. Ogni nucleo tematico raggruppa autori che intervengono sull’argomento e portano testi (propri e altrui) a sostegno di quanto affermano. I testi – non polemiche e poetiche pre/testuali – sono al centro delle argomentazioni. O anche: i testi narrano se stessi, senza argomentazioni affatto.

Volume con materiali, testi e documentazione del lavoro svolto nel 2005 da artisti e poeti @ RomaPoesia e Fondazione Baruchello (ulteriori dati: https://slowforward.net/2006/10/31/esperienza-divenire/)

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ottobre 2005 / Poesia ultima

domenica, 16 ottobre 2005   [link]                        RomaPoesia  –  IX edizione  –  ottobre 2005 a cura di Luigi Cinque e Nanni Balestrini  –  www.romapoesia.it       21-22 o…

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pod al popolo, #071: “un’apocalisse che accompagna un ritorno all’ordine che era già in corso”

Ospite di UrbanExperience e di Carlo Infante (che ringrazio, e la cui voce si ascolta qui in dialogo), il 26 giugno ho preso parte a questa iniziativa sulla memoria dell’avanguardia e del teatro di ricerca, dando un breve contributo direi generazionale, che si conclude con un cenno agli argomenti di due testi (rintracciabili qui e qui).
Già in piedi per lasciare il microfono (e fuori dal podcast che trovate in calce), ho infine segnalato (e ampiamente distribuito) copie del n. 19 de “La scuola delle cose”, dedicato alla scrittura di ricerca.
In poco più di otto minuti + un cenno al tabloid, dunque, ho provato a dire qualcosa sul ritorno all’ordine degli anni Ottanta, ‘Baldus’, il postmoderno, il mainstream editoriale-distributivo, e gli ultimi 25 anni di sperimentazione letteraria, ovviamente senza esserne in grado. L’audio completo è ora su Pod al popolo. Podcast irregolare ed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto. 

26 giu., Roma, ICBSA: convegno sulla memoria dell’avanguardia

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[r] _ post-1968 o post-1974? forse la domanda ha senso

leggere questa intervista ad E. Donzelli è a mio avviso importante, per vari motivi, anche come addendum non secondario a un suo precedente intervento, che si può trovare qui: https://t.ly/sTgY.
tuttavia segnalo, allo stesso tempo, un punto di dubbio per me cruciale, non solo in riferimento a un discorso sulla poesia contemporanea.
riguarda l’idea di una possibile uniformità o somiglianza di identità (e di biografie) tra autori “nati dopo il ’68”.
ecco: sono convinto del fatto che (soprattutto se si stringe il focus sul versante politico e sul rapporto tra vicenda collettiva e imprinting individuale, e tra questi e una qualsiasi attività linguistica orale e scritta intesa alla produzione di senso) l’onda lunga di una generazione ancora politicamente connotata continua, a mio avviso, almeno fino al 1974. (come scrivevo in 6070).
ovvero: sostituirei a “i nati dopo il 1968” l’espressione “i nati dopo il 1974”.
e mi spiego: fino almeno al 1974, in linea di massima, chi nasceva sarebbe stato (volente o nolente) esposto, negli anni della sua maggiore plasticità e sensibilità (proprio neuronale), a situazioni estremamente diverse, radicalmente diverse, rispetto a quelle che avrebbero vissuto i nati negli anni successivi. (non voglio con questo stabilire una barriera netta & adamantina, né deterministica, ma solo identificare un terminus post quem, che so arbitrario come tutte le schematizzazioni, spostato in qua di almeno cinque-sei anni rispetto al ’68).

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chi ha formato il proprio lessico e le proprie strutture mentali di base nell’amnio avvelenato dei pieni Ottanta (diciamo dal 1984, anno scelto non a caso: cfr. https://t.ly/MlXa e https://t.ly/P98e) ha avuto a che fare con un mostro di non poco conto.
diversamente, chi giocoforza, per anagrafe, ha vissuto la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta da preadolescente o adolescente, critico [magari pure clinico-disturbato] e pieno di insofferenze e rifiuti, e quindi politicamente nemico del proprio tempo, magari in sodalizio (eccome!) con compagn* di riflessione e azione politica [magari esplicitatesi, queste azioni, con la Pantera nel 1990], non può in nessun modo essere accostato con troppa facilità a chi, bambino, è stato letteralmente aggredito e sommerso dal contesto del decennio maledetto, e dalle radiazioni delle nascenti tv private in Italia, oltre che dall’aria di “normalità” della corruttela craxiana che le ha fatte prosperare.

[da non dimenticare, poi: il 1990 di Ruberti è anche l’anno della legge Mammì, e della rivelazione dell’esistenza di Gladio. ergo, l’adolescente inquieto di metà anni Ottanta non poteva non essere – parlo da testimone, non voglio imporre un’autobiografia – un adulto infuriato, nel 1990]
senza parlare del clima politico mondiale.
ovvio, credo. inutile nominare i due criminali di spicco, targati ’80: Tatcher, Reagan. chi già era politicamente insofferente, oltre che ormonalmente fibrillante (!), nel tempo dell’ascesa del liberismo scatenato, non poteva in nessun modo accettare la deriva post-1980, fosse pure nella mera forma estetica. chi invece era bambino, difficilmente era in grado di non assorbire le tossine del decennio. anche linguistiche. drogate, sedative.

(per altro fatte proprie e rilanciate dall’editoria di grande distribuzione, che in libreria mandava e promuoveva solo e soltanto gli autori di cui parlavo qui: https://slowforward.net/2022/02/21/poesia-per-il-pubblico-a-k/). (chi compiva 20 anni nel 1990, aveva trovato nell’adolescenza e trovava ancora in libreria testi che, meno di dieci anni dopo, cioè entro il 1999 e prima, la distribuzione generalista, la protervia o pavidità dei direttori di collana e l’editoria dell’ormai maturo riflusso [nonché – perché no? – il primo quinquennio forzitaliota] avrebbero spazzato via dagli scaffali).

*

in conclusione.
per il bambino del 1980-90 la ribellione sarebbe (forse) arrivata dopo.
bon.
ma, nello stesso decennio, per l’adolescente o giovane adulto veniva vissuta già e ancora (per quanto con difficoltà e diversità rispetto a chi aveva fatto il ’77) dentro quel periodo storico, in conflitto, e con un insieme di esperienze e impressioni (e imprinting, sì) stabilmente presenti ormai, in termini di formazione individuale/collettiva. era insomma una inquietudine fattiva possibile, praticabile e praticata: esisteva.

così come in letteratura, negli stessi anni, nonostante tutto, esisteva la ricerca (letteraria).
(e non solo perché ne scriveva Antonio Porta: https://slowforward.net/2022/08/20/ricerca-letteraria-spazio-di-ricerca-antonio-porta-1983/).

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nel 1984 nascevano “L’ombra d’Argo” e “l’immaginazione”, per dire.
nel 1989 si stampava Poesia italiana della contraddizione, per dire.
la rivista “Baldus” sarebbe uscita per sette anni: 1990-1996.

ma gli esempi sarebbero dozzine. (tutti regolarmente ignorati da editoria e intellettuali mainstream, e da parecchi critici di scarsa – intenzionalmente scarsa – memoria; scarsi anche in termini di sguardo sul presente, se è per questo).


(e infine, e appunto, fra parentesi: la ricerca esiste anche oggi. ma questo è un discorso che affronteremo poi).
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Immerse yourself in Baldus's depiction of Notre-Dame, #ClevelandMuseumofArt! Genius at work capturing the architectural monument's essence, void of distractions. Can you feel the building's majesty? ✨📸
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https://clevelandart.org/art/1991.35
Notre-Dame, Paris France, 19th century | Cleveland Museum of Art

This extraordinary photograph clearly demonstrates Baldus’s genius both as an architectural photographer and as a printer. Centrally placed and filling the entire composition, this great architectural monument is clearly depicted, seemingly removed from time, as there are no interfering elements such as figures or clouds to distract from the building’s majesty. This large, ambitious view captures, almost without rival, the physical and symbolic essence of Notre-Dame. Instead of the traditional frontal view, Baldus photographed the building at an oblique angle in order to articulate the volume of the structure, and he was most conscious of the negative space created by the cathedral’s contour against the unmodulated sky. His salt prints of architectural views, with their breathtaking warm gray tones, are among the most striking achievements of 19th-century photography.