4 novembre. Disertiamo la guerra, smilitarizziamo la città

Torino, martedì 4 novembre alle ore 12:00 CET

Martedì 4 novembre.
Smilitarizziamo la città!



Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale, in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.

Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.

In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.

In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta le guerre degli Stati, chi straccia le bandiere di ogni nazione, perché sa che solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta nel proprio cuore.

A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Torino sta diventando uno dei maggiori centri dell’industria bellica: cacciabombardieri, droni, sistemi di puntamento vengono progettati a costruiti nella nostra città.

Dal 2 al 4 dicembre sbarcheranno a Torino le principali industrie del settore a livello mondiale per la decima edizione dell’Aerospace and defense meetings, mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
Un evento a porte chiuse, riservato agli addetti ai lavori: governi, eserciti, agenzie di contractor che faranno buoni affari. Affari di morte. La scorsa edizione sono stati siglati 9.000 contratti di vendita di congegni micidiali, destinati a tutti i teatri di guerra.

Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più povere.

Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi, inermi. Non lo siamo.

Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo, quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!

Domenica 2 novembre ore 15,30
punto info antimilitarista all'Oval Lingotto
Via Mattè Trucco 70
Oggi ospita l'arte ma tra un mese ci sarà il mercato delle armi!

Martedì 4 novembre.
Smilitarizziamo la città!

Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis

Martedì 2 dicembre
blocchiamo i mercanti armi
all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70

No all’aerospace and defense meetings!
Contro la guerra e chi la arma!

Assemblea antimilitarista
Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 20,30
www.anarresinfo.org

https://gancio.cisti.org/event/4-novembre-disertiamo-la-guerra-smilitarizziamo-la-citta

Laboratorio “Mappiamo e poi blocchiamo” + Assemblea pubblica

Piazza Castello, Torino, giovedì 30 ottobre alle ore 17:30 CET

Giovedì 30/10 doppio appuntamento in piazza Palestina Ore 17.30 Laboratorio di mappatura delle infrastrutture di guerra, a cura dell’assemblea Stop Riarmo  “Mappiamo e poi blocchiamo” Ore 18 Assemblea pubblica dai luoghi di lavoro alla città per la Palestina libera:  per chiedere la rescissione degli accordi aziendali con Israele

ASSEMBLEA PUBBLICA GIOVEDI 30 OTTOBRE H18 PIAZZA CASTELLO

Dai luoghi di lavoro alla città, per la Palestina libera!

Le ultime settimane hanno visto un'attivazione senza precedente nei luoghi di lavoro contro il genocidio in Palestina. Due scioperi generali - quello del 3 ottobre con un'adesione del 60% - blocchi diffusi e cortei oceanici si sono schierati a fianco della lotta per la liberazione della Palestina

e contro le politiche di guerra e riarmo, individuando chiaramente le responsabilità del governo Meloni, che sostiene il genocidio portato avanti da Israele mentre continua ad impoverire le persone qui in Italia, sottraendo risorse a welfare, scuola, sanità per investire nell'industria della guerra che porta solo morte, devastazione ambientale e ulteriore aumento dei prezzi.

Abbiamo scelto di bloccare tutto perché siamo consapevoli che il genocidio in Palestina è possibile perché qui, in Italia e in Europa, c'è un sistema politico ed economico che lo sostiene,

e quindi è proprio qui che possiamo inceppare quel sistema.

In tantissimi luoghi di lavoro, dalle fabbriche, alle scuole, dagli ospedali ai trasporti, alle università, ci siamo mobilitat3 per interrompere ogni complicità, ogni accordo con Israele, ogni indottrinamento alla guerra e allo sterminio.

Abbiamo scritto appelli, proposto mozioni, promosso boicottaggi perché il nostro lavoro non può servire a sostenere un genocidio e ad alimentare la guerra globale.

Sappiamo che il cessate il fuoco in questo momento non vuol dire interruzione della pulizia etnica, liberazione della Palestina, fine della corsa al riarmo.

Per questo, vogliamo continuare a confrontarci, coordinarci, organizzarci insieme per la Palestina, contro la guerra e contro il governo Meloni.

https://www.facebook.com/torino.per.gaza

https://gancio.cisti.org/event/assemblea-pubblica

CENA BELLAVITA POR LA CALLE

Torino, venerdì 31 ottobre alle ore 20:00 CET

CONTINUANO LE INIZIATIVE PER I 33 ANNI DI OCCUPAZIONE DEL BAROCCHIO SQUAT!

VENERDÌ 31 OTTOBRE CENA BELLAVITA PER LE STRADE DEL CENTRO DI TORINO!

DALLE 20 CENA BELLAVITA, PORTA IL MEGLIO CHE HAI E CHE NON HAI, PRENDILO! (Porta anche il bicchiere)

A SEGUIRE "STRIDENTI ARMONIE DI LOTTA" A CURA DEL COR'OKKIO

POI JAM SESSION, PORTA IL TUO STRUMENTO!

DISTRO FENIX

SEGUIRANNO INFO POSIZIONE

https://gancio.cisti.org/event/cena-bellavita-por-la-calle

Amai le rivolte,
le ho baciate, camminate;
chi era, oggi non è più,
chi è stato, ha tradito
tra non amori e giochi in Borsa.

Rimangono i pugni,
le bandiere e le mani che le sorreggono:
la stella è stanca,
ma è lì ad indicarci la strada.
Per l'amore,
per le stelle,
per la lotta...

Simone Cumbo
www.simoecumbo.it
#rivolte #lotta

STRIDENTI ARMONIE DI LOTTA

Piazza borgo dora BALON, sabato 11 ottobre alle ore 11:00 CEST

"Stridenti armonie di lotta" è l'appuntamento mensile, alle ore 12, al Balon, Borgo Dora angolo Via Andreis, a cura del Cor'okkio ".....la sempre più pesante e orrida realtà induce a uscire nelle strade con canti di lotta e letture, per denunciare l'intollerabile ed ingiusta persecuzione da parte dei poteri attraverso ogni forma di repressione.

A seguire sangria benefit per rifacimento tetto Barocchio

https://gancio.cisti.org/event/stridenti-armonie-di-lotta-11

Vittorio Sgarbi e la lotta contro la depressione

(Adnkronos) – “Mi ha tolto i desideri. Non avevo più voglia di vivere. E ho cominciato a rifiutare il cibo”.

larampa

#Lotta hat uns am 07.10. mit 13 ½ Jahren verlassen. Hier werde ich in den nächsten Wochen #ausGründen Montags gegen 09:30 alte Bilder unter #ByeByeLotta neu teilen.

#Podstock 2024

Foto: @eggimt#PodstockDe#DogsOfMastodon #ByeByeLotta 🖤👋🏽

🧵 Federico Aldrovandi, vent’anni dopo: una storia di lotta per la verità, resistenza e giustizia
https://www.valigiablu.it/federico-aldrovandi-20-anni-verita-giustizia/

#aldrovandi #tortura #lotta

Federico Aldrovandi, vent’anni dopo: una storia di lotta per la verità, resistenza e giustizia - Valigia Blu

Federico Aldrovandi, 18 anni, morì a Ferrara il 25 settembre 2005 durante un controllo di polizia: il suo corpo presentava 54 lesioni. La versione ufficiale parlò di un giovane agitato e drogato, ma la madre, Patrizia Moretti, aprì un blog che svelò contraddizioni e diede avvio a una mobilitazione collettiva. Vent’anni dopo, la memoria di Federico è diventata simbolo di lotta per i diritti e a Ferrara sorgerà il Giardino a lui dedicato.

Valigia Blu

#Lotta hat uns am 07.10. mit 13 ½ Jahren verlassen. Hier werde ich in den nächsten Wochen #ausGründen Montags gegen 09:30 alte Bilder unter #ByeByeLotta neu teilen.

Kaum ist hier was kleines wuseliges eingezogen, sind Wochentage, gefühlt, nicht mehr existent, und der Montag wird vergessen 🥺 daher nun 12h später .

#DogsOfMastodon #ByeByeLotta 🖤👋🏽

Il PCI solidarizzava con i Vietcong, ripensando alla Resistenza in Italia

Contro l’idea del ‘tradimento’ degli ideali resistenziali e la concezione rivoluzionaria e classista della Resistenza portata avanti dai movimenti (e da alcune frange del partito, per la verità), il PCI oppose (e ripropose) una narrazione della Resistenza entro la cornice togliattiana della svolta di Salerno: una Resistenza interclassista e democratica, fortemente ancorata al concetto di ‘popolo’, legata semanticamente a quello di ‘nazione’, costruita discorsivamente sull’unione delle diverse componenti sociali e politiche del paese (quelle progressiste, ovviamente) <20. In occasione del ventennale della Resistenza, il 25 aprile del 1965, si invocava una «nuova unità operaia e democratica» , mentre l’anno seguente un giovane Achille Occhetto, dal 1963 segretario della federazione giovanile, parlava <21 della Resistenza nei termini di «vittoria del popolo» e «guerra di popolo». Contro la ‘Resistenza rossa’ si scagliò anche Paolo Spriano <22, opponendo la «verità storica» alla formula coniata dal movimento studentesco. E la verità (neanche a dirlo) risiedeva proprio nell’elemento popolare: «quando si vuole adoperare la formula ‘ci fu una sola Resistenza e fu Resistenza proletaria’, si dice cosa non vera: non vera nella realtà, poiché alla Resistenza parteciparono forze sociali e politiche diverse, non vera neppure nelle intenzioni comuniste, nella piattaforma che i comunisti le davano. […] La Resistenza che è culminata nell’insurrezione al Nord, fu un grande sommovimento di popolo, fu vittoriosa, anche perché il PCI, che tanta parte ebbe nel suscitarlo, intese profondamente questo carattere unitario, nel quale la classe operaia assunse una funzione di direzione, una funzione positiva, nazionale nuova». <23
Sarebbe certamente tedioso fare un elenco delle centinaia di articoli e le decine di pubblicazioni sulla Resistenza che uscirono intorno alla metà degli anni settanta, soprattutto per il trentennale, nel 1975, ma è opportuno semmai metterne in luce alcuni aspetti. Tra questi, vale la pena ricordare il ruolo importante assunto dal discorso sul Vietnam. Tra la metà degli anni sessanta e la metà del decennio successivo, infatti, ‘popolo’ e ‘Resistenza’ si trovarono con altissima frequenza sullo stesso asse discorsivo della narrazione delle lotte del popolo vietnamita contro l’imperialismo statunitense. «Ha diritto il popolo del Viet Nam del Sud a essere indipendente e libero e unito anche se questo turberà ‘l’equilibrio’ a sfavore dell’imperialismo americano nel sud-est asiatico?», chiedeva retoricamente Mario Alicata ai lettori de l’Unità nei giorni dell’evacuazione di Hanoi nel luglio del 1966. E ancora: «Ha diritto l’imperialismo americano a massacrare impunemente un popolo, a trascinare il mondo verso un conflitto generalizzato, per opporsi all’inarrestabile marcia dei popoli verso la loro indipendenza nazionale, sol perché in alcuni paesi tale bandiera è stretta nel pugno in primo luogo dai comunisti?». <24
In generale, sulla stampa di partito, la semantizzazione del discorso sul Vietnam si basava sul alcuni fondamentali assunti: l’eroismo del popolo vietnamita <25, la sua forza <26, il suo coraggio <27, la sua unità <28, la sua volontà <29, il suo sacrificio <30, la sua conseguente invincibilità <31; la rappresentazione biblica del re Davide contro il gigante Golia <32; la denuncia del genocidio di un popolo e di una ‘guerra sporca’ <34; il collegamento locale/globale, tra la lotta del popolo vietnamita e la lotta dei popoli del mondo (tra cui quello italiano) <35; il discorso sulla ‘guerra di popolo’ <36; la congiunzione spirituale tra la Resistenza del popolo italiano e la resistenza del popolo vietnamita. Ciò che collegava narrativamente i due popoli era proprio la vitalità degli ideali resistenziali. Nel ventennale della Resistenza italiana, nel 1965, Enrico Berlinguer spiegava, in un articolo su l’Unità dal titolo evocativo, “La Resistenza oggi”, che l’attualità della lotta partigiana era data da «ciò che [avveniva] nel mondo», e cioè «l’attacco barbaro che gli americani [stavano conducendo] contro il popolo del Viet Nam», e «ciò che [accadeva] in Italia» contemporaneamente, ossia «un’offensiva padronale e un’involuzione politica che [mettevano] in causa le conquiste fondamentali delle classi lavoratrici e le prospettive stesse di un’avanzata del nostro regime democratico». Perciò, concludeva, non era retorico l’appello che aveva fatto Longo «perché l’Italia della Resistenza [fosse] tutta, moralmente, politicamente, e in tutte le forme concrete che si renderanno necessarie, con la Resistenza del popolo del Viet Nam». <37
È presente in questo passo un nodo fondamentale del pensiero e della politica berlingueriana, poi anche base discorsiva del ‘compromesso storico’. In Italia, come in altre parti del mondo per certi aspetti affini, la possibilità di scivolamento nella crisi istituzionale, cioè di un’involuzione politica e di un rovesciamento delle conquiste democratiche a opera di forze reazionarie sempre presenti nel tessuto sociale, gettava un’ombra perenne sul paese.
È a partire dagli anni sessanta, dunque, che l’idea della crisi era entrata in sordina nel discorso del partito. Il XII congresso, svoltosi a Bologna tra l’8 e il 15 febbraio del 1969, rilevando l’approssimarsi della conclusione dell’esperimento del centrosinistra, aveva sottolineato la necessità di una «nuova maggioranza di forze laiche e cattoliche» che fosse «espressione politica dell’aggregazione di un nuovo ‘blocco politico’ di classi e ceti sociali». Ma se inizialmente la crisi era concettualizzata eminentemente come fenomeno <38 politico, in seguito, nel corso degli anni settanta e con i primi segnali di recessione, fu sempre più spesso presentata anche come questione economica. Il XIII congresso, infatti, tenutosi a Milano tra il 13 e il 17 marzo del 1972, registrava lo stato di crisi politico-economica in cui versava il paese, che si era generato grazie alle storture di una crescita non (o mal) regolamentata. Un episodio drammatico come la strage di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, aveva nel frattempo concorso a rafforzare gli scenari più bui <39. Per «isolare e per battere il fascismo», aveva scritto Alessandro Natta su Rinascita del luglio 1973, occorreva «una politica capace di risolvere in termini di libertà, giustizia, di progresso i problemi delle masse popolari» attraverso un «incremento di libertà e di giustizia» e l’«espansione della partecipazione e del controllo popolare». <40
[NOTE]
20 Bassi, “Una guerra semantica”. Si veda la figura n. 21, Carlo Levi, “25 aprile”, l’Unità, XL, 113 (25 aprile 1963), in appendice iconografica. Nell’illustrazione era scritto: «Se per la prima volta noi ci incontrammo insieme nella nuova coscienza di lotta e di rivolta, nel sangue, nell’azione sbocciata come un fiore, questo nuovo valore, questa è la Resistenza. Se questo primo seme comune, sotterrato negli anni, ha germogliato nuovo a un luglio di popolo per l’oggi, per il dopo, questa è la Resistenza».
21 “A venti anni dalla gloriosa insurrezione nazionale del 25 aprile. Trionfino gli ideali della Resistenza con una nuova unità operaia e democratica”, l’Unità, XLII, 113 (25 aprile 1965).
22 Achille Occhetto, “Andare avanti”, l’Unità, XLIII, 113 (25 aprile 1966).
23 Paolo Spriano, “Ancora sull’antifascismo tra i giovani. ‘Resistenza rossa’?”, l’Unità, XLVIII, 139 (23 maggio 1971).
24 Mario Alicata, “Il mondo a una svolta”, l’Unità, XLIII, 178 (24 luglio 1966).
25 Si parlava, per esempio, di «eroica lotta del popolo vietnamita, m.d.b., “Esaltante incontro di massa con le donne vietnamite”, l’Unità, XLIX, 299 (1° ottobre 1972), o di «eroici combattenti per la libertà», “Gli USA rispettino i patti!”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972).
26 “Un crimine immane che non ha piegato il Vietnam. Il martirio di un popolo”, l’Unità, L, 23 (24 gennaio 1973).
27 L’articolo “Hanoi: senza il sabotaggio di Nixon oggi nel Vietnam ci sarebbe la pace”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972) parlava per esempio di «lotta coraggiosa del popolo vietnamita».
28 Per esempio, in “Il Vietnam della tempesta”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968) si parlava di «un intero popolo» e di «lotta di tutto un popolo».
29 Per esempio: «il nemico non ha spezzato la volontà dell’eroico popolo del Vietnam», “‘Libertà e unità della Patria’ scopo della lotta del Vietnam”, l’Unità, L, 1 (2 gennaio 1973); «rafforzano il popolo vietnamita nella sua determinazione di combattere e vincere», “Continua la lotta e la vigilanza dei popoli mentre riprendono gli incontri di Parigi”, l’Unità, L, 1 (2 gennaio 1973).
30 Si parlava sovente di «popolo martoriato», “Gli USA rispettino i patti!”, l’Unità, XLIX, 299 (1° novembre 1972); di «sacrificio del popolo del Vietnam» e ancora di «popolo martoriato», “Manifestazioni e iniziative in tutta Italia”, l’Unità, XLIX, 350 (22 dicembre 1972).
31 Per esempio: «[Nixon] vuole sterminare tutto un popolo, ma il popolo vietnamita è come la terra, che sempre fa rinascere i suoi germogli e la vita», “Le donne protagoniste dell’esaltante manifestazione al Flaminio. Da ogni quartiere, da ogni comune per le loro sorelle del Vietnam”, l’Unità, XLIX, 299 (1° ottobre 1972).
32 Si vedano: «Oggi lo stesso popolo tiene testa, in condizioni di incredibile sproporzione di forza e con un incredibile coraggio, alla più grande potenza industriale del mondo, alla più avanzata tecnologia militare» “Il Vietnam della tempesta”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968); «La più potente e feroce macchina di guerra del mondo non è riuscita a soffocare la voce di libertà e indipendenza di un piccolo popolo», “I bombardamenti sono cessati. Ora si deve conquistare la pace”, l’Unità, XLV, 294 (2 novembre 1968).
33 Erano frequenti le espressioni come «barbaro genocidio», “Chi sono i Vietcong’”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968), o «barbaro massacro», “Manifestazioni e iniziative in tutta Italia”, l’Unità, XLIX, 350 (22 dicembre 1972).
34 Per esempio: “Alla notizia dell’accordo che pone fine alla sporca guerra nel Vietnam emozione ed entusiasmo in tutta Italia”, l’Unità, L, 24 (25 gennaio 1973).
35 Si diceva per esempio: «Una data storica che segna la vittoria dell’eroico popolo del Vietnam e di tutte le forze democratiche e di pace del mondo intero», “Accordo di pace. Continui la mobilitazione e la vigilanza”, l’Unità, L, 23 (24 gennaio 1973). Si veda anche “Una storica vittoria dell’eroico Vietnam e di tutti i popoli del mondo”, l’Unità, L, 24 (25 gennaio 1973).
36 «È la guerra di popolo che si sviluppa. Oggi colpisce il nemico più forte che mai, e non isolatamente, ma su tutto l’arco del fronte interno che risulta tutto in movimento, scompaginato da un’iniziativa militare e politica che rivela non solo uno slancio eroico inimmaginabile ma una linea politica robusta, nazionale, legata alle masse, profondamente connaturata con le esigenze di libertà e indipendenza tradizionali del popolo vietnamita», “No all’aggressione”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968). Sullo stesso numero, a pagina 8 e a caratteri cubitali: “Generazioni di vietnamiti in lotta per la libertà e l’indipendenza contro gli stranieri. Una guerra di popolo”, l’Unità, XLV, 33 (3 febbraio 1968).
37 Enrico Berlinguer, “La Resistenza oggi”, l’Unità, XLII, 113 (25 aprile 1965).
38 Alberto Cecchi (ed.), Storia del PCI attraverso i congressi (Roma: Newton Compton, 1977), pp. 321-322.
39 Dalla metà degli anni settanta, peraltro, il discorso sulla Resistenza (e sul popolo) risentirono del clima complicato dalla tensione sociale. Per esempio, nel giugno 1974 Arrigo Boldrini scriveva: «La risposta inequivocabile che la schiacciante maggioranza del popolo italiano ha dato al terrorismo degli squadristi neri contiene anche una indicazione che occorre cogliere in tutto il suo significato: gli ideali della Resistenza che furono a base del patto costituzionale e della nascita della Repubblica debbono permeare profondamente l’azione di ferma difesa dell’ordine democratico e debbono ispirare tutta la nostra vita sociale», “La Resistenza e le Forze armate”, l’Unità, LI, 150 (2 giugno 1974).
40 Alessandro Natta, “Per un modo nuovo di governare”, Rinascita, XXX, 27 (6 luglio, 1973)
Giulia Bassi, Parole che mobilitano. Il concetto di ‘popolo’ tra storia politica e semantica storica nel partito comunista italiano, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2015-2016

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