Timido
Ho scritto questo racconto per l’edizione 2024 del concorso indetto dalla biblioteca comunale di Corbetta (MI). In quell’occasione i partecipanti dovevano creare un racconto e inserire la citazione di un premio Nobel per la letteratura nel testo. La mia scelta cadde sulla citazione di John Maxwell Coetzee
Nella vita ci sono cose più importanti della prudenza
«Quindi? Pensi di chiederglielo?»
La domanda di Paolo arrivò all’improvviso, tra una sorsata di Pepsi e l’altra. «Cosa? A chi?»
«Dai, piantala di fare l’idiota! Tutta la scuola lo sa, anche Sara lo sa già ormai. Tutti si aspettano solo che tu lo chieda.»
«Fosse facile» disse Andrea calciando un sasso. «Se ne avessi avuto il coraggio glielo avrei già chiesto.»
«Ovvio, questo si sa. Ma fare la lumaca ogni volta che ti passa davanti non ti aiuta di certo.» «La lumaca?»
«Sì, sai: la lumaca fa la bava, tu fai la bava quando passa Sara, quindi quando passa Sara tu fai la lumaca. Un tipico sillogismo aristotelico!»
«Come fai a uscirtene sempre con queste stupidate non lo capirò mai. E comunque sono abbastanza sicuro non sia un sillogismo.»
«Che ne sai tu? Non sei un filosofo.»
«Neppure tu lo sei. Sei solo un’idiota che usa parole appena imparate a sproposito.»
«Vero. Ma almeno non sono l’idiota che sbava dietro a una ragazza da due anni senza aver mai avuto il coraggio di parlarle, nemmeno un “Ciao”.»
«Questo non è vero! Una volta le ho parlato?»
«Quando? Quella volta in cui ti ha prestato 20 centesimi davanti alle macchinette?» «Esatto! Le ho detto “Grazie”.»
«Nella tua testa, forse. Tutta la scuola ti ha sentito dire solo “G-g-g-g-g” prima che io e Valerio ti portassimo via. Eri così rosso che non si capiva dove finiva la tua pelle e iniziava la maglietta.» Paolo tirò un’ultima sorsata alla cannuccia svuotando il bicchiere. Si guardò intorno, ma il cestino era troppo lontano. Tentò un lancio e mancò il cestino di qualche metro.
«Asino» lo provocò Andrea. «È colpa del vento.»
«Non è il vento. Sei tu che sei asino. Dai, andiamo.»
La giornata era calda, e andare in bici era piacevole. Era il passatempo preferito di Andrea e Paolo il sabato: adoravano girare per le strade della città, sfrecciando tra le auto e passando vicino alle signore anziane per farle spaventare. Il giro che facevano era quasi sempre lo stesso: Paolo andava a chiamare Andrea, andavano al vicino fastfood passando attraverso il parco e poi, finita la merenda, diretti al parco dal lato opposto della città, passando per il maggior numero di strade del centro città. Le variazioni erano poche, ed erano tutte affidate alle idee di Paolo.
Quel giorno, infatti, Paolo prese una strada diversa dal solito. «Ohi! Perché di qua?»
«Francesco mi ha detto che dovrebbero iniziare dei lavori nella via vicino a quella dove abita lui. Non vorrai perderti un po’ di mucchi di sabbia per saltare con la bici?»
«Certamente no! Fai strada!»
Girarono a vuoto per un po’ di strade, fino a che, svoltato un angolo cieco, Paolo inchiodò. Andrea non fece in tempo a frenare e sbatté contro l’amico, facendo finire entrambi a terra.
«Ma sei scemo? Frenare così di colpo!»
«Piantala» rispose Paolo, rialzandosi e pulendosi dalla polvere. «Avresti preferito schiantarti contro la tua bella?»
«Cos-»
Andrea non fece in tempo a finire la domanda perché la vista di Sara, a pochi metri da lui, lo bloccò.
«Dai, su. È il momento giusto. Non farmi sprecare questa imboscata» sussurrò Paolo.
«Bastardo. Mai avrei immaginato potessi arrivare a tanto.» «Su, forza!» Paolo diede una spallata ad Andrea.
«Non riesco, lo sai! E poi, forse, nemmeno ci vuole uscire con me!» «Su, dai, solo chi non fa non falla!»
«Bella questa!»
«Non è mia, è di Francesco Guccini.»
«Non lo conosco.»
«No, certo. Tu e il cantautorato italiano siete su due pianeti diversi.»
«Sì, sì.»
«Se proprio non vuoi il cantautorato italiano, ne ho un’altra: “Nella vita ci sono cose più importanti della prudenza.”»
«Bella questa, di chi è, Snoopy?»
«No, John Maxwell Coetzee, premio Nobel.»
«Alla faccia!»
«Prendimi pure in giro. Intanto guarda: Sara si sta avvicinando.»
Andrea si voltò, con un’espressione che faceva trasparire tutta la sua tensione.
«Ciao ragazzi!»
«Ciao Sara. C’è Marina?» chiese Paolo.
«Sì, è là seduta al tavolino con le altre.»
«Grazie, vado a salutarla.»
«Dove vai?» chiese Andrea, in preda all’imbarazzo.
«L’ho appena detto: vado a salutare Marina.»
«E mi lasci solo?»
«Ci sono io, non ti basto?» rispose Sara.
Andrea si fece rosso. Sentiva le guance scottare ed era sicuro che le sue orecchie avrebbero fumato se fossero stati in inverno.
«No, no. Basti eccome.»
«Come stai? Le mie amiche ti hanno visto fare una brutta caduta in bici e la tua maglietta è tutta strappata. Ti sei fatto male?»
«No, no» rispose Andrea con finta spavalderia. «È una cosa da niente, non c’è nemmeno il sangue.» «Bene, meglio.»
Il silenzio permise ai suoni della città di intromettersi nel loro imbarazzo. In lontananza si sentiva la sirena di un’ambulanza e un fringuello su un albero vicino stava cercando una compagna. «Chiedile di uscire!» urlò Paolo in lontananza.
Andrea alzò il dito medio verso di lui e Sara si lasciò scappare un risolino. Per Andrea quello era un buon segno e si fece coraggio.
«Senti… Mi chiedevo se… Ecco… Se qualche volta potessimo uscire insieme io e te.»
«Pensavo non me lo avresti mai chiesto» rispose Sara, diventando rossa per l’imbarazzo.
«È un sì?»
«Sì. Ti chiamo io.»
Sarà gli diede un gentile bacio sulla guancia e scappò via, rossa in viso.
Andrea era felice. Nemmeno rispose a Paolo quando gli si avvicinò. Si lasciò accompagnare su una panchina e si sedette in presa all’estasi.
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