Festa del Cinema 2025: Game Over
Cronache dall’Auditorium (Sabato 25 Ottobre)
Come vi ho raccontato due giorni fa, ieri ho dovuto rinunciare ai quattro film che avevo prenotato e all’intera giornata di Festa a causa della convocazione sul set del nuovo film di Mel Gibson, dove ho fatto la comparsa. Sarebbe stupendo potervi raccontare qualcosa ma, come potete immaginare, non posso. Però ho visto Mel Gibson ed è stata un’esperienza divertente, seppur piena di momenti morti. Fatto sto che sono tornato all’Auditorium soltanto stamattina, per il mio ultimo film, che aspettavo davvero tanto. L’ultima fatica del premiatissimo duo Cohn-Duprat, dei quali vi ho raccontato su queste pagine praticamente tutta la filmografia (dall’esordio con L’Artista, presentato proprio alla Festa di Roma, fino a Finale a Sorpresa, passando per El Hombre de al Lado, Il Cittadino Illustre, Il Mio Capolavoro), è un film a episodi che vede Guillermo Francella mattatore assoluto, nelle vesti di sedici personaggi diversi. Ora, io non sono assolutamente un amante dei film a episodi, preferisco farmi un viaggio di due ore all’interno della stessa storia, per questo non credo succederà mai di trovarmi qui a esaltare un film costruito in questo modo. Non fa dunque eccezione Homo Sapiens?, nuova opera del duo argentino, che vive di alti e bassi, di idee geniali e di corti meno convincenti. Il più interessante forse è proprio l’incipit e, non sapendo che si trattava di un film a episodi, stavo già sbavando all’idea del film che avrei visto. Insomma, Francella a parte, che è un fenomeno (forse lo ricorderete nei panni di Pablo Sandoval in quel capolavoro de Il Segreto dei Suoi Occhi), non è un film che mi resterà nel cuore, sicuramente meno interessante rispetto ai precedenti di Cohn-Duprat. C’è sicuramente qualcosa de I Mostri di Dino Risi, forse il re dei film a episodi, perché alcuni personaggi sono delle vere canaglie: c’è tanta Argentina però, quindi tanta umanità, tanta meschinità, tanta passione, tanta malinconia.
La Feste del Cinema per me finisce qui, dopo dieci giorni più o meno intensi, talvolta stancanti (ma chi sono per lamentarmi?), pieni di cose belle. 21 film visti, oltre alle Masterclass di Linklater e Panahi. I più belli? Su Letterboxd ho dato il valore massimo a Un Semplice Incidente (esce in sala il 6 novembre, andateci), seguito a ruota da Nouvelle Vague (che uscirà a febbraio o marzo, sic, ma con una vpn sarà possibile vederlo su Netflix già da novembre…). Quindi, a condividere l’ultimo gradino del podio, l’ottimo Nino di Pauline Loques e Put Your Soul on Your Hand and Walk di Sepideh Farsi. Altri film che meritano una menzione, in ordine sparso: 40 Secondi, Cinque Secondi, California Schemin’, Mad Bills To Pay, Eddington, Hen e If I Had Legs I’d Kick You (questi ultimi due probabilmente si contendono l’ultimo posto disponibile per la mia personale Top 5). Come ogni anno però devo essermi perso almeno due o tre filmoni (basti pensare che due anni fa non mi vidi As Bestas di Sorogoyen, ad esempio): quest’anno il film da vedere era probabilmente Hamnet di Chloe Zhao (che uscirà in Italia a febbraio), mentre sento pareri importanti nei confronti di O Agente Secreto di Kleber Mendonça Filho, che si presentava con il biglietto da visita del miglior attore e della miglior regia dell’ultimo Festival di Cannes. Poco male, prima o poi riuscirò a recuperare anche questi.
Oggi dunque c’è la cerimonia di premiazione e non troverete altri articoli in cui vi dico quali film hanno vinto, o quali attori. Lo trovate su ogni sito, ovunque, non è per darvi informazione che trovate dappertutto che scrivo ogni giorno su questo blog: è per dirvi qualcosa che nessuno racconta, per provare a trasmettervi la sensazione di essere all’Auditorium con me, a vedere le stesse cose che vedo io. Ergo: non so chi vincerà, né lo scriverò. Ma sono curioso di scoprirlo, quello sicuramente. Allora, che Festa è stata per me? Come dicevo prima, intensa e bella. Sento tante persone lamentarsi (io in primis: a livello organizzativo c’è bisogno di fare qualcosa in più, perché le cose che funzionano male sono molte), sento spesso dire in giro che è una manifestazione che non ha senso, che andrebbe chiusa: a dirlo però sono tutte persone che vanno a Cannes e a Venezia. Per noi, poveri cristi, che abbiamo la possibilità di seguire solo questo evento di cinema, nella nostra città, è ossigeno, è amore, è passione, sono dieci giorni unici all’interno di un anno. Dieci giorni che ti danno la possibilità di vedere film che non vedresti mai, oppure di vedere film che avresti potuto vedere al cinema, all’interno però di una manifestazione dove tutti parlano di questo, dove tutti respirano la stessa aria. Dieci giorni dove puoi incontrare Richard Linklater tre o quattro volte durante il giorno, ascoltare Jafar Panahi parlare di cinema, consegnare il tuo libro a Valerio Mastandrea, avere Abel Ferrara seduto dietro di te in sala e fotografare Jennifer Lawrence o Rose Byrne. E poi tutto il resto, le chiacchiere, gli incontri, le persone. Sono vent’anni che vado alla Festa del Cinema, vent’anni in cui mi domando: “questa è stata l’ultima volta?”. Chi lo sa il prossimo ottobre cosa farò, dove sarò, se il lavoro mi permetterà di prendermi questa pausa (quest’anno ho dovuto mettere una montagna di appuntamenti prima e dopo la Festa del Cinema, con il risultato che devo ancora finire di consegnare alcune foto e con due shooting già in programma per la prossima settimana, oltre a un evento a Cinecittà domani, in cui esporrò le mie foto e una nuova presentazione del mio libro, martedì alle 18.30 da YellowKorner, nel quartiere Prati). Questa è la cosa più difficile con cui fare i conti: il fatto che il mondo vada avanti nonostante tu abbia due o tre film da vedere. Con le cronache dall’Auditorium spero che ci vedremo l’anno prossimo. Grazie per aver seguito il diario, ci vediamo su queste pagine con i prossimi film. Viva il Cinema, viva la Festa del Cinema di Roma.
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