CORTEO 1°MAGGIO A ROMA EST
Largo Preneste, giovedì 1 maggio alle ore 10:00 CEST
PER UN 1° MAGGIO DI LOTTA A ROMA EST
La cultura dominante ha provato a trasmetterci quelli che sono i capisaldi della Repubblica italiana, “fondata sul lavoro” (sfruttato) e avente come obiettivo quello di rimuovere gli ostacoli economici e sociali per far sì che ognuno potesse trovare in quel lavoro una chissà quale libertà: oggi più che mai tutto questo appare una triste falsità.
Un lavoro salariato che ti obbliga a stare molte ore in uno stesso luogo, oppure un lavoro part-time che ti sfrutta "solo" meno ore della giornata, costringendoti a trovarne un secondo per permetterti un salario che ti possa far sopravvivere; un lavoro che meccanicamente ti obbliga a ripetere le stesse azioni, che ti toglie, giorno dopo giorno, quel poco di pausa che ti spetta, che ti brucia tutte le energie e ti impedisce di fare altro nelle ore di tempo libero… Come può essere tutto questo definito libertà, se non come quella di sfruttamento?
Il lavoro salariato si prende prepotentemente una grande fetta della nostra esistenza, coinvolgendoci tutti-e: non solo come lavoratori attivi ma anche come disoccupati, pensionati, studenti. Nonostante questo, al di là dei pochi sindacati combattivi rimasti e di quelle poche realtà che cercano di sfondare il muro di gomma, la nostra classe appare arrendevole e disinteressata alle tematiche legate al lavoro. Le élites mondiali preparano la guerra accollandoci i costi materiali e umani della distruzione, per servire i capitali in competizione tra loro per dominare il Pianeta. Come un cane che si morde la coda, il ciclo di morte coinvolge come vittime non solo quelle su un campo di battaglia, ma anche quelle morti cosiddette silenziose, che non fanno rumore e che il sistema mediatico ci nasconde: parliamo delle morti nei cantieri, nei capannoni industriali, negli ospedali; parliamo dei suicidi legati al lavoro come quelli per burn-out, o quelli da depressione per la perdita del posto; oppure, se si parla di giovani, ci riferiamo alle morti derivanti dal senso di inadeguatezza che si prova quando non si rientra negli schemi di quella produttività accelerata che la società richiede, anche nelle università e nelle scuole. Tutte queste morti non sono senza colpe, non sono casuali ma derivano dal capitalismo.
La classe dominante ha scelto di tagliare le spese sociali, di non investire nella sicurezza sui luoghi di lavoro e sugli apparati pubblici creati, all’epoca, come strumenti di deterrenza di soprusi e sfruttamento da parte dei capitalisti, di non prestare attenzione alle conseguenze psico-fisiche generate da mansioni stressanti e dalla logica della concorrenza spietata. La classe dominante ha scelto di finanziare il genocidio in Palestina, di destinare 800 miliardi di euro al progetto di riarmo dell’UE, di riempire le tasche delle multinazionali del comparto militare-industriale, rendendo l’Italia la sesta esportatrice mondiale di armi.
Da anni siamo di fronte alle cosiddette “nuove guerre” che si aggiungono a quelle di vecchio stampo. Le guerre commerciali e quelle geopolitiche costituiscono due rette convergenti che hanno il punto di caduta nella Terza Guerra mondiale che già da tempo viene architettata dietro e sulle nostre spalle. Si rilancia un’economia di guerra che rappresenta uno dei fattori strutturali dell‘epoca attuale, che annienta ai confini degli Stati occidentali una classe lavoratrice sempre più frammentata, schiacciata dal ricatto e dal dominio del padrone, che sfrutta e deturpa usandoci come merce di scambio. Tali ci considerano i governanti, una merce da vendere a buon prezzo e svalorizzata, mentre assicurano ai datori di salario la possibilità di rendere sempre più incerto non solo il futuro, ma anche il nostro presente: con forme contrattuali sempre più precarie, con salari al minimo storico, in perenne discesa e in controtendenza al costo della vita; con l’obbligo di dover lavorare fino a quasi 68 anni, che diventeranno ben presto 70.
Scuola e Università, che dovrebbero essere quei vasi che alimentano il sapere e la coscienza degli studenti rendendoli critici nei confronti del mondo del lavoro, si dimostrano ormai sempre più al servizio del sistema capitalistico, che ci vuole, fin da quando ci mettono al mondo, come individui isolati ben inquadrati e disciplinati, come dei muli da soma per riempire le tasche dei padroni. Agli studenti è imposto di introiettare la logica per cui possono lavorare senza percepire una retribuzione; il sapere e la ricerca universitaria vengono valorizzati solo se permettono un profitto sui “mercati”. La logica classista e capitalista è dilagata in tutto il mondo dell'istruzione: sempre più escludente e competitivo, finalizzato a tagliare fuori chi fa dei sacrifici per poter permettere ai propri figli di conseguire titoli di studio superiori a quelli che già si hanno. In questo quadro il capitalista alimenta la "guerra tra poveri", che scompone la nostra classe.
Queste sono le condizioni della nostra classe lavoratrice, a cui governi e padroni stanno togliendo la possibilità di rompere gli schemi e di creare quel dissenso che rialzi il livello di conflitto, impedendogli di spostare l’ago della bilancia a proprio favore con rivendicazioni potenti e ragionate, di essere quella controparte con cui fare i conti. Vietano di scioperare anche nelle forme minime attraverso il pacchetto di Decreti e Disegni Di Legge “Sicurezza”, emblema della repressione attuale.
Non crediamo che la classe operaia non esista più. Rifiutiamo e prendiamo le distanze da chi la pensa così. Non vogliamo prestarci al gioco dei potenti, che ci vogliono disuniti e incapaci di vedere il lavoratore accanto che svolge mansioni diverse come anch’esso un soggetto sfruttato. Questa logica consente al padrone di integrarci nell’azienda come se fossimo tutti parte di “una grande famiglia”. Tenendosi però i profitti. I nostri ritardi non sono giustificati, le ore extra non vengono pagate come straordinari e dobbiamo lavorare nelle festività e in dure condizioni ambientali. È ora di rimetterci in gioco e ripartire proprio dal Primo Maggio, troppo snobbato e trasformato in una giornata di lavoro. Definita ipocritamente “Festa dei lavoratori”, la verità è che l’unica classe a festeggiare è quella degli sfruttatori, che lucra anche su una data che era stata conquistata attraverso scioperi, lotte e picchetti della nostra gente. Gente di qualsiasi provenienza, qualsiasi qualificazione, qualsiasi livello di istruzione, una classe lavoratrice che non aveva nulla da perdere ma tutto da conquistare!
È solo vedendoci dalla stessa parte della barricata e riconoscendo qual è il nostro vero nemico che possiamo ricompattarci come classe. È solo superando le differenze che ci impongono, contrapponendo l’unità di classe tra lavoratori italiani e immigrati, rispondendo con tenacia contro lo sfruttamento e lottando per una vita migliore e dignitosa, che possiamo fare la vera differenza per noi e per le future generazioni. È solo spazzando via la società capitalista che possiamo ripensarci e ripensare la nostra esistenza su nuove basi, ma soprattutto iniziare a vivere respirando quel senso di libertà che la fatica del lavoro non ci darà mai.
Per questo scendiamo in piazza il 1° maggio alle ore 10 a Largo Preneste per chiedere:
- AUMENTO GENERALIZZATO DI SALARI E PENSIONI: salario e pensione minimi a 1500 euro al mese e legati all'inflazione; pensionamento retributivo a 60 anni per vecchiaia e 35 anni per anzianità “di servizio”;
- LAVORARE MENO PER LAVORARE TUTTE-I: riduzione della giornata lavorativa a 6 ore e della settimana a 4 giorni a parità di salario, con la conseguente “creazione” di posti di lavoro, contro la disoccupazione;
- FINE DEL LAVORO PRECARIO E GRATUITO: abrogazione di tutte le riforme precarizzanti (Pacchetto Treu, Legge Biagi, Jobs Act); abolizione dell'Alternanza Scuola-Lavoro (oggi chiamata PCTO);
- EFFICACE CONTROLLO SOCIALE E AMMINISTRATIVO SULLA PRODUZIONE: potenziamento degli ispettorati del lavoro e abolizione dell'obbligo di avviso preventivo di ispezione, misure queste che riteniamo necessarie sia per il tema della salute e sicurezza sul lavoro sia contro il lavoro a nero;
- RECUPERO DEL SALARIO DIRETTO E INDIRETTO: rilanciare i servizi pubblici; internalizzare i servizi e le lavoratrici e i lavoratori che oggi operano attraverso il sistema degli appalti e degli affidamenti; eliminazione dei costi aggiuntivi “da profitti”;
- CONTRO IL RAZZISMO DI STATO che, tramite la differenziazione di trattamento tra lavoratori italiani e immigrati, aumenta il tasso di sfruttamento e la ricattabilità della classe lavoratrice; per l'uguaglianza dei diritti di cittadinanza senza discriminazioni;
- CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA E PER L’INTERNAZIONALISMO DI CLASSE: per impedire che il ReArm Europe trasformi il welfare in warfare per garantire i profitti delle multinazionali e che le classi dominanti delle potenze imperialiste ci conducano alla Terza Guerra Mondiale.
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