CORTEO ANTIFA

Alba, via Pinot Gallizio, sabato 26 aprile alle ore 15:00 CEST

Il fascismo è vivo in Italia e nel mondo e non si riduce a un manipolo di nostalgici picchiatori, che per quanto sgradevoli rimangono ridicoli. Spesso assume altre forme. Un disegno di legge liberticida, per esempio o un centro di permanenza e rimpatrio in Albania.

Chi è fascista vuole ordine: un operaio che sciopera, una studentessa che protesta rappresentano una minaccia e un danno per il benessere della nazione.

Chi è fascista vuole disciplina: aumentare il controllo significa evitare subbuglio, evitare consapevolezza.

Chi è fascista vuole divisione: diffonde cultura xenofoba, per via di una presunta superiorità morale e culturale. In altre parole , in nome nazionalismo, la destra sta coi padroni - desidera che chi detiene il potere continui a mantenerlo senza intoppi . E contribuisce a colpire le fasce basse della società, olea la macchina del profitto impedendo l'organizzazione e il dissenso dal basso; il risultato: contratti precari, disoccupazione, stipendi miseri e la fine del mese che pare un traguardo irraggiungibile.

Lo sfruttamento, la disparità li tocchiamo con mano nel nostro territorio. Quattro mesi fa morivano vittime della disuguaglianza sociale Issa e Mamadou, due braccianti simbolo del sistema schiavista e razzista intrinseco nel settore agroalimentare.

Un anno fa cominciava la lotta contro Ferrero, da parte delle lavoratrici Proteco: confezionano cioccolatini a 5€/h . E gli esempi potrebbero essere centinaia, paradossale per un territorio famoso per qualità di vita eccellente e ricchezza. Ricchezza di pochi, sulle spalle dei molti. Noi non ci stiamo.

Prevaricazione, razzismo e classismo si combattono solo con la solidarietà, con l'organizzazione e con la lotta . Il 26 aprile continuiamo il nostro percorso, per un mondo equo e giusto. Operai e operaie , studenti e studentesse, precari e precarie unite e uniti.

https://gancio.cisti.org/event/corteo-antifa-2

CORTEO ANTIFA

Il fascismo è vivo in Italia e nel mondo e non si riduce a un manipolo di nostalgici picchiatori, che per quanto sgradevoli rimangono ridicoli. Spesso assume altre forme. Un disegno di legge liberticida, per esempio o un centro di permanenza e rimpatrio in Albania. Chi è fascista vuole ordine: un operaio che sciopera, una studentessa che protesta rappresentano una minaccia e un danno per il benessere della nazione. Chi è fascista vuole disciplina: aumentare il controllo significa evitare subbuglio, evitare consapevolezza. Chi è fascista vuole divisione: diffonde cultura xenofoba, per via di una presunta superiorità morale e culturale. In altre parole , in nome nazionalismo, la destra sta coi padroni - desidera che chi detiene il potere continui a mantenerlo senza intoppi . E contribuisce a colpire le fasce basse della società, olea la macchina del profitto impedendo l'organizzazione e il dissenso dal basso; il risultato: contratti precari, disoccupazione, stipendi miseri e la fine del mese che pare un traguardo irraggiungibile. Lo sfruttamento, la disparità li tocchiamo con mano nel nostro territorio. Quattro mesi fa morivano vittime della disuguaglianza sociale Issa e Mamadou, due braccianti simbolo del sistema schiavista e razzista intrinseco nel settore agroalimentare. Un anno fa cominciava la lotta contro Ferrero, da parte delle lavoratrici Proteco: confezionano cioccolatini a 5€/h . E gli esempi potrebbero essere centinaia, paradossale per un territorio famoso per qualità di vita eccellente e ricchezza. Ricchezza di pochi, sulle spalle dei molti. Noi non ci stiamo. Prevaricazione, razzismo e classismo si combattono solo con la solidarietà, con l'organizzazione e con la lotta . Il 26 aprile continuiamo il nostro percorso, per un mondo equo e giusto. Operai e operaie , studenti e studentesse, precari e precarie unite e uniti.

Gancio

Trans Pride Milano

Domenica 4 maggio, dalle 14:00, presso Stazione Centrale, Piazza Duca D'Aosta

🔥 4 maggio 2025 - sota la Madunina, gh'è post par tucc! 🔥

Il 4 maggio 1982 entrò in vigore la Legge 164, un primo passo per il riconoscimento delle persone trans* in Italia, partito proprio da Milano. 43 anni dopo, questo passo non è abbastanza, ed è per questo che abbiamo deciso di riprenderci le strade per portare rabbia, ma anche euforia e autodeterminazione.

NON SOLO UN PRIDE, MA UN MOVIMENTO! 🏳️‍⚧️

#Corteo

Corteo 25 Aprile - Fuck Rearm, cittadinanza per tutt3

Venerdì 25 aprile, dalle 14:00, presso Palestro, Palestro, Milano

25 aprile

Fuck Rearm - cittadinanza per tutt3

il 25 aprile sta con chi resiste oggi: con chi scappa dai conflitti, con chi attraversa le fronitere sfidando l’europa fortezza, con chi resiste in fila davanti agli uffici immigrazione, con chi solo con la sua esistenza mette in crisi lo status quo.

milioni di persone restano invisibili per lo Stato. Senza documenti, senza diritti, ma non senza voce.

il 25 aprile è cittadinanza per tutt3, subito, senza compromessi perché la libertà che abbiamo ereditato dalla resistenza non è per pochi privilegiati ma deve essere per tutt3.

cittadinanza per tutt3 Significa riconoscere che nessuna libertà è reale se non è collettiva.

Ci raccontano che il riarmo è necessario, che servono più armi per garantire la pace, più spese militari per difendere la “sicurezza nazionale”. Ma la sicurezza di chi? A quale prezzo?

Mentre tagliano la sanità, l’istruzione, il welfare, trovano miliardi per i caccia da guerra, per i droni, per le missioni militari. Parlano di difesa, ma costruiscono solo controllo. Difendono i confini, non le persone. Alimentano conflitti invece di risolverli. Preparano la guerra, mentre ci rubano il futuro.

Diciamo fuck rearm, perché vogliamo una società che risponda ai bisogni delle persone, non alle logiche del potere. Anche oggi scegliamo di resistere, disertare gli eserciti, dire no alla guerra.

il 25 ci vediamo alle 14.00 a Palestro

perchè resistenza significa immaginare un mondo diverso e lottare per costruirlo

#Corteo

MANIFESTAZIONE A MILANO PER L’80° ANNIVERSARIO DEL GIORNO DELLA VITTORIA

Sabato 10 maggio, dalle 14:00, presso Piazza Mercanti, Milano, Piazza Mercanti

MANIFESTAZIONE A MILANO PER L’80° ANNIVERSARIO DEL GIORNO DELLA VITTORIA

I comunisti e le comuniste hanno liberato l’Europa

10 maggio alle 14.00 in Piazza dei Mercanti presso la lapide commemorativa per i caduti della Resistenza per ribadire e difendere il ruolo dei comunisti nella vittoria sul nazifascismo, con le bandiere del movimento comunista di ieri e di oggi.

Nel 2019 e nel 2025 due risoluzioni approvate dal Parlamento europeo hanno messo sullo stesso piano la storia e simboli del comunismo con quelli del nazifascismo. Tuttavia, la storia è andata diversamente. La capitolazione della Germania di Hitler è dovuta in gran parte alla resistenza e all’offensiva dell’Armata Rossa sul fronte orientale e alle radicate resistenze sul fronte interno dell’occupazione nazista, che insieme hanno portato alla resa incondizionata del nazifascismo, annunciata al mondo la mattina del 9 maggio.

Il sacrificio dei comunisti e comuniste in tutta Europa, dalla Resistenza partigiana nel nostro Paese – che ha ricevuto il contributo dalle classi lavoratrici con i grandi scioperi del 1943-1944, anche nel territorio milanese – all’Esercito di liberazione popolare della Jugoslavia, è l’esempio più concreto del ruolo svolto dai Partiti e dalle Organizzazioni comuniste per la liberazione del continente dall’occupazione nazifascista e per aver messo la parola fine al più grande conflitto bellico nella storia dell’umanità.

È contro questa verità che va inquadrata l’offensiva ideologica dell’Unione Europea, alle prese con la crisi di egemonia e la mai sopita aggressività militare dell’imperialismo occidentale e della Nato. Invece della sconfitta del nazifascismo, il 9 maggio nella UE si ricorda l’inizio di un progetto imperialista che oggi si sostanzia nel riarmo e nella guerra a oltranza, con il “Rearm Europe”, il piano di 800 miliardi della Von der Leyen, e la volontà di continuare la guerra in Ucraina.

I costi della conseguente economia di guerra ricadono, come sempre, sulle spalle di lavoratori, giovani e studenti.

#Corteo

25 APRILE 25 - CONTRO IMPERIALISMO E GUERRA

Pedonale Dante Di Nanni, venerdì 25 aprile alle ore 13:00 CEST

Ci avviciniamo a celebrare l'80esimo anniversario della liberazione dal nazi-fascismo immersi in un'atmosfera da fine del mondo.

Se non fosse bastata la promessa distruttiva della crisi ecologica in cui siamo immers*, con la sindemia del covid come trauma collettivo già quasi-rimosso, la guerra aperta è nuovamente esplosa anche nella "pacifica" Europa.

Sappiamo bene che per i popoli e per le soggettività oppresse, così come per le lavoratrici e i lavoratori, la guerra, nelle sue forme più esplicite delle bombe in Palestina o in quelle meno dichiarate come femminicidi, transicidi, morti sul lavoro o in mare, non si era mai fermata. 

Al contempo però assistiamo ad un cambio di paradigma, esemplificato dai discorsi intorno alla guerra guerreggiata, dal via libera al riarmo come unica soluzione per salvarci dalla barbarie, dal riaccendersi dei nazionalismi e dalle guerre commerciali.

Eppure, di fronte all'intensificarsi del genocidio in Palestina, all'aumento vertigionoso delle spese in armamenti in Europa e nel mondo, alla violenta repressione del dissenso che, partendo dagli USA di Trump e passando per la "democratica" Germania, arriva fino alla fascistissima Italia, non è il momento di abbandonarci allo sconforto nè di soccombere alla disillusione.

Il macro della geopolitica estera si riflette e rafforza nel micro delle nostre vite e dei quartieri in cui viviamo come nodi in tensione da cui rispondere, opporsi e resistere, soprattutto quando la sospensione totale di qualsiasi forma di democrazia si rende evidente. Ci scontriamo infatti con disuguaglianze di classe sempre più amplificate, le stesse che rendono impossibile a moltx avere una casa ed arrivare a fine mese nonostante un contesto urbano colmo di spazi abbandonati lasciati a marcire. Le città che abitiamo si rivelano divise in frontiere interne che separano i quartieri  “riqualificati”, accessibili a poch*, da quelli “indecorosi”, raccontati come pericolosi attraverso le famose “zone rosse” fino a rendere di nuovo legittimi e desiderabili luoghi di confine e tortura come le carceri e i cpr. Nel clima di guerra diffuso, non sono solo le fasce più marginalizzati a subire il neofascismo, siamo tutt noi, perché i tagli all’istruzione, alla ricerca, alla salute pubblica, ai centri antiviolenza hanno effetti reali sui corpi senza distinzioni, seppur con differenti gradi di severità. In questo meccanismo stratificato, la guerra si presenta come realtà pronta a riscrivere i presupposti di ulteriori divisioni sociali, nuovi sommersi e salvati mentre si allarga la fascia di persone e corpi sacrificabili.

Se la confusione è grande sotto il cielo, il momento non è certo eccellente, eppure il mondo è lungi dall'essere pacificato: in Palestina il movimento di resistenza palestinese affronta con determinata ostinazione il tentativo di cancellazione del loro popolo, negli Stati Uniti studentesse e studenti infiammano le università sfidando l'ira repressiva del governo repubblicano, mentre dal Chiapas arriva l'appello a costruire "il giorno dopo" della tempesta capitalista.

IL 25 aprile ci pare allora quanto mai attuale, nel suo interrogarci in maniera urgente, non solo oggi ma nelle lotte che animiamo tutti i giorni: di fronte alle crisi del mondo che conosciamo, con i suoi immancabili risvolti violenti e sanguinari, da che parte stiamo? Quali responsabilità, individuali e collettive, ci chiamano all'azione?

Ieri come oggi, resistere rimane per noi una postura necessaria quanto diversificata nella molteplicità di pratiche, forme e idee disposte a contrastare imperialismi e fascismi vecchi e nuovi. Che sia nell'opporsi a progetti estrattivi ed ecocidi tramite sabotaggi e picchetti, occupando fabbriche e rivoluzionando gli assetti produttivi in chiave anti-capitalista, dis-armando una guerra contro le donne e le soggettività non conformi al mito patriarcale e alle sue soluzioni punitive e securitarie. Smontando il mito del progresso e della pace basate su violenza e sfruttamento lontano dai nostri occhi. Resistiamo e ci organizziamo nella lotta liberando spazi e menti, salvando il desiderio di un'alternativa rispetto a un mondo in fiamme, occupando case, palazzi, quartieri e università per dar spazio a nuove forme del sociale, di alleanze e di solidarietà nelle lotte di ciascun contro nemici comuni, perchè nessunx rimanga solx. 

Oggi, dopo 80 anni, siamo qui per ricordare, e per non dimenticare mai, il costo della nostra libertà e la sua necessità, uno sforzo continuo da compiere insieme, giorno dopo giorno.

Sarà un giorno di festa e di lotta, vogliamo passarlo con l nostr compagn, sicur che le nostre strade si incontreranno ancora e spesso nei tempi prossimi di resistenza. 

Fino alla rivoluzione


PROGRAMMA

https://gancio.cisti.org/event/25-aprile-25-contro-imperialismo-e-guerra-1

25 APRILE 2025 – CONTRO IMPERIALISMO E GUERRA | C.S.O.A. GABRIO

Milano, l’assurda gestione poliziesca della piazza per la Palestina - DINAMOpress

La mobilitazione, che il 12 aprile ha portato in corteo decine di migliaia di persone, è stata aggredita dalle forze dell'ordine in modo spropositato, senza motivazione, ma con l'intento di terrorizzare. La cronaca di Milano In Movimento.

DINAMOpress
A Ravenna un corteo contro le energie fossili - DINAMOpress

La manifestazione del 12 aprile ha ribadito, con forza e simbologia adeguata, non solo l'opposizione al rigassificatore, ma tutto l'arco dei problemi sull'uso del fossile e sulle fonti alternative

DINAMOpress

CORTEO 1°MAGGIO A ROMA EST

Largo Preneste, giovedì 1 maggio alle ore 10:00 CEST

PER UN 1° MAGGIO DI LOTTA A ROMA EST

La cultura dominante ha provato a trasmetterci quelli che sono i capisaldi della Repubblica italiana, “fondata sul lavoro” (sfruttato) e avente come obiettivo quello di rimuovere gli ostacoli economici e sociali per far sì che ognuno potesse trovare in quel lavoro una chissà quale libertà: oggi più che mai tutto questo appare una triste falsità.

Un lavoro salariato che ti obbliga a stare molte ore in uno stesso luogo, oppure un lavoro part-time che ti sfrutta "solo" meno ore della giornata, costringendoti a trovarne un secondo per permetterti un salario che ti possa far sopravvivere; un lavoro che meccanicamente ti obbliga a ripetere le stesse azioni, che ti toglie, giorno dopo giorno, quel poco di pausa che ti spetta, che ti brucia tutte le energie e ti impedisce di fare altro nelle ore di tempo libero… Come può essere tutto questo definito libertà, se non come quella di sfruttamento?

Il lavoro salariato si prende prepotentemente una grande fetta della nostra esistenza, coinvolgendoci tutti-e: non solo come lavoratori attivi ma anche come disoccupati, pensionati, studenti. Nonostante questo, al di là dei pochi sindacati combattivi rimasti e di quelle poche realtà che cercano di sfondare il muro di gomma, la nostra classe appare arrendevole e disinteressata alle tematiche legate al lavoro. Le élites mondiali preparano la guerra accollandoci i costi materiali e umani della distruzione, per servire i capitali in competizione tra loro per dominare il Pianeta. Come un cane che si morde la coda, il ciclo di morte coinvolge come vittime non solo quelle su un campo di battaglia, ma anche quelle morti cosiddette silenziose, che non fanno rumore e che il sistema mediatico ci nasconde: parliamo delle morti nei cantieri, nei capannoni industriali, negli ospedali; parliamo dei suicidi legati al lavoro come quelli per burn-out, o quelli da depressione per la perdita del posto; oppure, se si parla di giovani, ci riferiamo alle morti derivanti dal senso di inadeguatezza che si prova quando non si rientra negli schemi di quella produttività accelerata che la società richiede, anche nelle università e nelle scuole. Tutte queste morti non sono senza colpe, non sono casuali ma derivano dal capitalismo.

La classe dominante ha scelto di tagliare le spese sociali, di non investire nella sicurezza sui luoghi di lavoro e sugli apparati pubblici creati, all’epoca, come strumenti di deterrenza di soprusi e sfruttamento da parte dei capitalisti, di non prestare attenzione alle conseguenze psico-fisiche generate da mansioni stressanti e dalla logica della concorrenza spietata. La classe dominante ha scelto di finanziare il genocidio in Palestina, di destinare 800 miliardi di euro al progetto di riarmo dell’UE, di riempire le tasche delle multinazionali del comparto militare-industriale, rendendo l’Italia la sesta esportatrice mondiale di armi.

Da anni siamo di fronte alle cosiddette “nuove guerre” che si aggiungono a quelle di vecchio stampo. Le guerre commerciali e quelle geopolitiche costituiscono due rette convergenti che hanno il punto di caduta nella Terza Guerra mondiale che già da tempo viene architettata dietro e sulle nostre spalle. Si rilancia un’economia di guerra che rappresenta uno dei fattori strutturali dell‘epoca attuale, che annienta ai confini degli Stati occidentali una classe lavoratrice sempre più frammentata, schiacciata dal ricatto e dal dominio del padrone, che sfrutta e deturpa usandoci come merce di scambio. Tali ci considerano i governanti, una merce da vendere a buon prezzo e svalorizzata, mentre assicurano ai datori di salario la possibilità di rendere sempre più incerto non solo il futuro, ma anche il nostro presente: con forme contrattuali sempre più precarie, con salari al minimo storico, in perenne discesa e in controtendenza al costo della vita; con l’obbligo di dover lavorare fino a quasi 68 anni, che diventeranno ben presto 70.

Scuola e Università, che dovrebbero essere quei vasi che alimentano il sapere e la coscienza degli studenti rendendoli critici nei confronti del mondo del lavoro, si dimostrano ormai sempre più al servizio del sistema capitalistico, che ci vuole, fin da quando ci mettono al mondo, come individui isolati ben inquadrati e disciplinati, come dei muli da soma per riempire le tasche dei padroni. Agli studenti è imposto di introiettare la logica per cui possono lavorare senza percepire una retribuzione; il sapere e la ricerca universitaria vengono valorizzati solo se permettono un profitto sui “mercati”. La logica classista e capitalista è dilagata in tutto il mondo dell'istruzione: sempre più escludente e competitivo, finalizzato a tagliare fuori chi fa dei sacrifici per poter permettere ai propri figli di conseguire titoli di studio superiori a quelli che già si hanno. In questo quadro il capitalista alimenta la "guerra tra poveri", che scompone la nostra classe.

Queste sono le condizioni della nostra classe lavoratrice, a cui governi e padroni stanno togliendo la possibilità di rompere gli schemi e di creare quel dissenso che rialzi il livello di conflitto, impedendogli di spostare l’ago della bilancia a proprio favore con rivendicazioni potenti e ragionate, di essere quella controparte con cui fare i conti. Vietano di scioperare anche nelle forme minime attraverso il pacchetto di Decreti e Disegni Di Legge “Sicurezza”, emblema della repressione attuale.

Non crediamo che la classe operaia non esista più. Rifiutiamo e prendiamo le distanze da chi la pensa così. Non vogliamo prestarci al gioco dei potenti, che ci vogliono disuniti e incapaci di vedere il lavoratore accanto che svolge mansioni diverse come anch’esso un soggetto sfruttato. Questa logica consente al padrone di integrarci nell’azienda come se fossimo tutti parte di “una grande famiglia”. Tenendosi però i profitti. I nostri ritardi non sono giustificati, le ore extra non vengono pagate come straordinari e dobbiamo lavorare nelle festività e in dure condizioni ambientali. È ora di rimetterci in gioco e ripartire proprio dal Primo Maggio, troppo snobbato e trasformato in una giornata di lavoro. Definita ipocritamente “Festa dei lavoratori”, la verità è che l’unica classe a festeggiare è quella degli sfruttatori, che lucra anche su una data che era stata conquistata attraverso scioperi, lotte e picchetti della nostra gente. Gente di qualsiasi provenienza, qualsiasi qualificazione, qualsiasi livello di istruzione, una classe lavoratrice che non aveva nulla da perdere ma tutto da conquistare!

È solo vedendoci dalla stessa parte della barricata e riconoscendo qual è il nostro vero nemico che possiamo ricompattarci come classe. È solo superando le differenze che ci impongono, contrapponendo l’unità di classe tra lavoratori italiani e immigrati, rispondendo con tenacia contro lo sfruttamento e lottando per una vita migliore e dignitosa, che possiamo fare la vera differenza per noi e per le future generazioni. È solo spazzando via la società capitalista che possiamo ripensarci e ripensare la nostra esistenza su nuove basi, ma soprattutto iniziare a vivere respirando quel senso di libertà che la fatica del lavoro non ci darà mai.

Per questo scendiamo in piazza il 1° maggio alle ore 10 a Largo Preneste per chiedere:

- AUMENTO GENERALIZZATO DI SALARI E PENSIONI: salario e pensione minimi a 1500 euro al mese e legati all'inflazione; pensionamento retributivo a 60 anni per vecchiaia e 35 anni per anzianità “di servizio”;

- LAVORARE MENO PER LAVORARE TUTTE-I: riduzione della giornata lavorativa a 6 ore e della settimana a 4 giorni a parità di salario, con la conseguente “creazione” di posti di lavoro, contro la disoccupazione;

- FINE DEL LAVORO PRECARIO E GRATUITO: abrogazione di tutte le riforme precarizzanti (Pacchetto Treu, Legge Biagi, Jobs Act); abolizione dell'Alternanza Scuola-Lavoro (oggi chiamata PCTO);

- EFFICACE CONTROLLO SOCIALE E AMMINISTRATIVO SULLA PRODUZIONE: potenziamento degli ispettorati del lavoro e abolizione dell'obbligo di avviso preventivo di ispezione, misure queste che riteniamo necessarie sia per il tema della salute e sicurezza sul lavoro sia contro il lavoro a nero;

- RECUPERO DEL SALARIO DIRETTO E INDIRETTO: rilanciare i servizi pubblici; internalizzare i servizi e le lavoratrici e i lavoratori che oggi operano attraverso il sistema degli appalti e degli affidamenti; eliminazione dei costi aggiuntivi “da profitti”;

- CONTRO IL RAZZISMO DI STATO che, tramite la differenziazione di trattamento tra lavoratori italiani e immigrati, aumenta il tasso di sfruttamento e la ricattabilità della classe lavoratrice; per l'uguaglianza dei diritti di cittadinanza senza discriminazioni;

- CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA E PER L’INTERNAZIONALISMO DI CLASSE: per impedire che il ReArm Europe trasformi il welfare in warfare per garantire i profitti delle multinazionali e che le classi dominanti delle potenze imperialiste ci conducano alla Terza Guerra Mondiale.

https://roma.convoca.la/event/corteo-1degreemaggio-a-roma-est

CORTEO 1°MAGGIO A ROMA EST

PER UN 1° MAGGIO DI LOTTA A ROMA EST La cultura dominante ha provato a trasmetterci quelli che sono i capisaldi della Repubblica italiana, “fondata sul lavoro” (sfruttato) e avente come obiettivo quello di rimuovere gli ostacoli economici e sociali per far sì che ognuno potesse trovare in quel lavoro una chissà quale libertà: oggi più che mai tutto questo appare una triste falsità. Un lavoro salariato che ti obbliga a stare molte ore in uno stesso luogo, oppure un lavoro part-time che ti sfrutta "solo" meno ore della giornata, costringendoti a trovarne un secondo per permetterti un salario che ti possa far sopravvivere; un lavoro che meccanicamente ti obbliga a ripetere le stesse azioni, che ti toglie, giorno dopo giorno, quel poco di pausa che ti spetta, che ti brucia tutte le energie e ti impedisce di fare altro nelle ore di tempo libero… Come può essere tutto questo definito libertà, se non come quella di sfruttamento? Il lavoro salariato si prende prepotentemente una grande fetta della nostra esistenza, coinvolgendoci tutti-e: non solo come lavoratori attivi ma anche come disoccupati, pensionati, studenti. Nonostante questo, al di là dei pochi sindacati combattivi rimasti e di quelle poche realtà che cercano di sfondare il muro di gomma, la nostra classe appare arrendevole e disinteressata alle tematiche legate al lavoro. Le élites mondiali preparano la guerra accollandoci i costi materiali e umani della distruzione, per servire i capitali in competizione tra loro per dominare il Pianeta. Come un cane che si morde la coda, il ciclo di morte coinvolge come vittime non solo quelle su un campo di battaglia, ma anche quelle morti cosiddette silenziose, che non fanno rumore e che il sistema mediatico ci nasconde: parliamo delle morti nei cantieri, nei capannoni industriali, negli ospedali; parliamo dei suicidi legati al lavoro come quelli per burn-out, o quelli da depressione per la perdita del posto; oppure, se si parla di giovani, ci riferiamo alle morti derivanti dal senso di inadeguatezza che si prova quando non si rientra negli schemi di quella produttività accelerata che la società richiede, anche nelle università e nelle scuole. Tutte queste morti non sono senza colpe, non sono casuali ma derivano dal capitalismo. La classe dominante ha scelto di tagliare le spese sociali, di non investire nella sicurezza sui luoghi di lavoro e sugli apparati pubblici creati, all’epoca, come strumenti di deterrenza di soprusi e sfruttamento da parte dei capitalisti, di non prestare attenzione alle conseguenze psico-fisiche generate da mansioni stressanti e dalla logica della concorrenza spietata. La classe dominante ha scelto di finanziare il genocidio in Palestina, di destinare 800 miliardi di euro al progetto di riarmo dell’UE, di riempire le tasche delle multinazionali del comparto militare-industriale, rendendo l’Italia la sesta esportatrice mondiale di armi. Da anni siamo di fronte alle cosiddette “nuove guerre” che si aggiungono a quelle di vecchio stampo. Le guerre commerciali e quelle geopolitiche costituiscono due rette convergenti che hanno il punto di caduta nella Terza Guerra mondiale che già da tempo viene architettata dietro e sulle nostre spalle. Si rilancia un’economia di guerra che rappresenta uno dei fattori strutturali dell‘epoca attuale, che annienta ai confini degli Stati occidentali una classe lavoratrice sempre più frammentata, schiacciata dal ricatto e dal dominio del padrone, che sfrutta e deturpa usandoci come merce di scambio. Tali ci considerano i governanti, una merce da vendere a buon prezzo e svalorizzata, mentre assicurano ai datori di salario la possibilità di rendere sempre più incerto non solo il futuro, ma anche il nostro presente: con forme contrattuali sempre più precarie, con salari al minimo storico, in perenne discesa e in controtendenza al costo della vita; con l’obbligo di dover lavorare fino a quasi 68 anni, che diventeranno ben presto 70. Scuola e Università, che dovrebbero essere quei vasi che alimentano il sapere e la coscienza degli studenti rendendoli critici nei confronti del mondo del lavoro, si dimostrano ormai sempre più al servizio del sistema capitalistico, che ci vuole, fin da quando ci mettono al mondo, come individui isolati ben inquadrati e disciplinati, come dei muli da soma per riempire le tasche dei padroni. Agli studenti è imposto di introiettare la logica per cui possono lavorare senza percepire una retribuzione; il sapere e la ricerca universitaria vengono valorizzati solo se permettono un profitto sui “mercati”. La logica classista e capitalista è dilagata in tutto il mondo dell'istruzione: sempre più escludente e competitivo, finalizzato a tagliare fuori chi fa dei sacrifici per poter permettere ai propri figli di conseguire titoli di studio superiori a quelli che già si hanno. In questo quadro il capitalista alimenta la "guerra tra poveri", che scompone la nostra classe. Queste sono le condizioni della nostra classe lavoratrice, a cui governi e padroni stanno togliendo la possibilità di rompere gli schemi e di creare quel dissenso che rialzi il livello di conflitto, impedendogli di spostare l’ago della bilancia a proprio favore con rivendicazioni potenti e ragionate, di essere quella controparte con cui fare i conti. Vietano di scioperare anche nelle forme minime attraverso il pacchetto di Decreti e Disegni Di Legge “Sicurezza”, emblema della repressione attuale. Non crediamo che la classe operaia non esista più. Rifiutiamo e prendiamo le distanze da chi la pensa così. Non vogliamo prestarci al gioco dei potenti, che ci vogliono disuniti e incapaci di vedere il lavoratore accanto che svolge mansioni diverse come anch’esso un soggetto sfruttato. Questa logica consente al padrone di integrarci nell’azienda come se fossimo tutti parte di “una grande famiglia”. Tenendosi però i profitti. I nostri ritardi non sono giustificati, le ore extra non vengono pagate come straordinari e dobbiamo lavorare nelle festività e in dure condizioni ambientali. È ora di rimetterci in gioco e ripartire proprio dal Primo Maggio, troppo snobbato e trasformato in una giornata di lavoro. Definita ipocritamente “Festa dei lavoratori”, la verità è che l’unica classe a festeggiare è quella degli sfruttatori, che lucra anche su una data che era stata conquistata attraverso scioperi, lotte e picchetti della nostra gente. Gente di qualsiasi provenienza, qualsiasi qualificazione, qualsiasi livello di istruzione, una classe lavoratrice che non aveva nulla da perdere ma tutto da conquistare! È solo vedendoci dalla stessa parte della barricata e riconoscendo qual è il nostro vero nemico che possiamo ricompattarci come classe. È solo superando le differenze che ci impongono, contrapponendo l’unità di classe tra lavoratori italiani e immigrati, rispondendo con tenacia contro lo sfruttamento e lottando per una vita migliore e dignitosa, che possiamo fare la vera differenza per noi e per le future generazioni. È solo spazzando via la società capitalista che possiamo ripensarci e ripensare la nostra esistenza su nuove basi, ma soprattutto iniziare a vivere respirando quel senso di libertà che la fatica del lavoro non ci darà mai. Per questo scendiamo in piazza il 1° maggio alle ore 10 a Largo Preneste per chiedere: - AUMENTO GENERALIZZATO DI SALARI E PENSIONI: salario e pensione minimi a 1500 euro al mese e legati all'inflazione; pensionamento retributivo a 60 anni per vecchiaia e 35 anni per anzianità “di servizio”; - LAVORARE MENO PER LAVORARE TUTTE-I: riduzione della giornata lavorativa a 6 ore e della settimana a 4 giorni a parità di salario, con la conseguente “creazione” di posti di lavoro, contro la disoccupazione; - FINE DEL LAVORO PRECARIO E GRATUITO: abrogazione di tutte le riforme precarizzanti (Pacchetto Treu, Legge Biagi, Jobs Act); abolizione dell'Alternanza Scuola-Lavoro (oggi chiamata PCTO); - EFFICACE CONTROLLO SOCIALE E AMMINISTRATIVO SULLA PRODUZIONE: potenziamento degli ispettorati del lavoro e abolizione dell'obbligo di avviso preventivo di ispezione, misure queste che riteniamo necessarie sia per il tema della salute e sicurezza sul lavoro sia contro il lavoro a nero; - RECUPERO DEL SALARIO DIRETTO E INDIRETTO: rilanciare i servizi pubblici; internalizzare i servizi e le lavoratrici e i lavoratori che oggi operano attraverso il sistema degli appalti e degli affidamenti; eliminazione dei costi aggiuntivi “da profitti”; - CONTRO IL RAZZISMO DI STATO che, tramite la differenziazione di trattamento tra lavoratori italiani e immigrati, aumenta il tasso di sfruttamento e la ricattabilità della classe lavoratrice; per l'uguaglianza dei diritti di cittadinanza senza discriminazioni; - CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA E PER L’INTERNAZIONALISMO DI CLASSE: per impedire che il ReArm Europe trasformi il welfare in warfare per garantire i profitti delle multinazionali e che le classi dominanti delle potenze imperialiste ci conducano alla Terza Guerra Mondiale.

Gancio de Roma

FORLÌ SABATO 10 MAGGIO. Corteo contro il DL repressione, lo Stato di polizia e le politiche di guerra

Riceviamo e diffondiamo. 

FORLÌ, SABATO 10 MAGGIO, ORE 15,30, CORTEO
(CONCENTRAMENTO IN PIAZZALE DEL FORO BOARIO)

CONTRO LE LEGGI CHE DISCIPLINANO LE NOSTRE VITE, E IN PARTICOLARE IL NUOVO DL SICUREZZA CHE VORREBBE RIDURCI A PERSONE ARRENDE

https://piccolifuochivagabondi.noblogs.org/forli-corteo-10-maggio/

#antimilitarismo #corteo #DecretoSicurezza #Forl #guerra #iniziative

FORLÌ SABATO 10 MAGGIO. Corteo contro il DL repressione, lo Stato di polizia e le politiche di guerra – Piccoli Fuochi Vagabondi

Corteo cittadino antifa

Casa dello studente, giovedì 24 aprile alle ore 17:00 CEST

Quest’anno ricorrono 80 anni dalla liberazione. Un filo ci tiene legati al passato della lunga resistenza iniziata nelle fabbriche occupate dagli operai durante il biennio rosso, nelle barricate che cacciarono via lo squadrismo dai quartieri, nei passaporti falsificati per scappare dalla persecuzione fascista e andare a combattere altrove per il continente. La stessa, scritta oggi dalla resistenza palestinese, che eroica combatte contro l’invasore sionista.

Nel ciclo di iniziative promosse questo inverno abbiamo cercato di ritessere questo filo ed eccoci qua, alle porte del 24 aprile 2025, giornata nella quale la Genova Antifascista scenderà in strada con un corteo che non avrà spazio per una storia di commemorazione, ma sarà bagaglio del ieri per alimentare le lotte di oggi e di domani. Lotte che ci vedranno nelle strade contro i decreti sicurezza che reprimono le mobilitazioni operaie della logistica e dei porti, lotte che hanno attaccato le tasche dei padroni togliendo loro milioni di profitti, quegli stessi che ci stanno trascinando in guerra. Per questo usano le nostre banchine come scalo per armi che finiranno nelle mani israeliane, saudite o di altri eserciti invasori.

Un 24 aprile che dice un NO chiaro alla guerra, motore dell’imperialismo per riorganizzare i propri cicli di accumulazione e seminare barbarie e povertà. Un 24 aprile per opporsi agli strumenti repressivi di cui la borghesia si dota per disciplinare il fronte interno.

Un 24 aprile che metta al centro la vita di ogni lavoratrice e lavoratore che si sveglia la mattina e non torna a casa la sera, uccisi ogni giorno dal profitto di qualcun altro. Alcuni uccisi già da studenti, mandati al macello come manodopera gratuita durante l’orario di scuola.

Il 24 aprile 1945, Genova si è liberata da sola.

Per una storia scritta dagli oppressi, antifascista e antisionista, per un domani di lotta.

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Corteo cittadino antifa

Quest’anno ricorrono 80 anni dalla liberazione. Un filo ci tiene legati al passato della lunga resistenza iniziata nelle fabbriche occupate dagli operai durante il biennio rosso, nelle barricate che cacciarono via lo squadrismo dai quartieri, nei passaporti falsificati per scappare dalla persecuzione fascista e andare a combattere altrove per il continente. La stessa, scritta oggi dalla resistenza palestinese, che eroica combatte contro l’invasore sionista. Nel ciclo di iniziative promosse questo inverno abbiamo cercato di ritessere questo filo ed eccoci qua, alle porte del 24 aprile 2025, giornata nella quale la Genova Antifascista scenderà in strada con un corteo che non avrà spazio per una storia di commemorazione, ma sarà bagaglio del ieri per alimentare le lotte di oggi e di domani. Lotte che ci vedranno nelle strade contro i decreti sicurezza che reprimono le mobilitazioni operaie della logistica e dei porti, lotte che hanno attaccato le tasche dei padroni togliendo loro milioni di profitti, quegli stessi che ci stanno trascinando in guerra. Per questo usano le nostre banchine come scalo per armi che finiranno nelle mani israeliane, saudite o di altri eserciti invasori. Un 24 aprile che dice un NO chiaro alla guerra, motore dell’imperialismo per riorganizzare i propri cicli di accumulazione e seminare barbarie e povertà. Un 24 aprile per opporsi agli strumenti repressivi di cui la borghesia si dota per disciplinare il fronte interno. Un 24 aprile che metta al centro la vita di ogni lavoratrice e lavoratore che si sveglia la mattina e non torna a casa la sera, uccisi ogni giorno dal profitto di qualcun altro. Alcuni uccisi già da studenti, mandati al macello come manodopera gratuita durante l’orario di scuola. Il 24 aprile 1945, Genova si è liberata da sola. Per una storia scritta dagli oppressi, antifascista e antisionista, per un domani di lotta.

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