Il discorso di Schuman conteneva anche proposte verso l’unificazione europea
  Schuman è l’artefice di una iniziativa che è stata fondamentale per l’Europa del ventesimo secolo: il piano per la creazione della comunità del carbone e dell’acciaio tra Francia e Germania <39. Nell’aprile 1950 riprese un progetto ideato dal diplomatico francese Jean Monnet che proponeva di internazionalizzare le industrie del carbone e dell’acciaio dei due paesi. Il piano prevedeva la istituzione di un’Alta Autorità al di sopra dei Governi nazionali alla quale spettava il compito di esercitare il ruolo esecutivo per il funzionamento delle due industrie. Schuman acconsentì che Monnet e i suoi consulenti scrivessero il testo della Dichiarazione che annunciava l’accordo in segreto.
Adenauer ed il suo Governo dovevano essere informati il più tardi possibile e il comunicato arrivò loro solo alla vigilia dell’annuncio, accompagnato da una lettera di Schuman che faceva riferimento all’intervista rilasciata da Adenauer nel marzo precedente. Gli americani furono informati solo il 7 maggio 1950 quando il Segretario di Stato Dean Acheson era in visita a Parigi. Questi capì subito che quel progetto che poi sarebbe diventato il piano Schuman era un passo importantissimo verso l’unificazione dell’Europa.
Schuman aveva raccomandato la massima segretezza a coloro che erano a conoscenza del progetto fino all’approvazione da parte del Governo francese. La ragione di tanta segretezza era il timore che la Gran Bretagna potesse opporsi al progetto, che era sopranazionale. Il piano sarebbe stato presentato come fatto compiuto soltanto agli Stati che riconoscevano il principio del Governo sopranazionale: e soltanto questi avrebbero partecipato ai negoziati.
L’iniziativa di Schuman fu approvata da autorevoli personalità di vari paesi, tra cui lo stesso presidente americano Truman: nonostante agli americani non fosse stato consentito di partecipare alla formulazione del piano. Subito dopo l’approvazione del Governo francese, il 9 maggio, Schuman fece la sua famosa Dichiarazione. Essa conteneva la proposta di immettere l’intera produzione di carbone e acciaio sotto una comune Alta Autorità entro una organizzazione aperta alla partecipazione di altri paesi d’Europa <40. Ma il discorso di Schuman conteneva anche proposte verso l’unificazione europea. La novità consisteva nel fatto che invece di approdare subito ad una soluzione politica della divisione dell’Europa Schuman proponeva di arrivare gradualmente prima ad una integrazione economica. Dopo aver raggiunto questo obiettivo si sarebbe creata una solidarietà di fatto e forse il traguardo più importante poteva essere raggiunto: questa era l’idea di Schuman e di Monnet. Ottenendo un risultato limitato ma efficace sulla produzione di carbone e acciaio il pericolo di un nuovo conflitto tra Francia e Germania diventava “non solo meramente impensabile, ma anche materialmente impossibile” <41.
Inoltre la Dichiarazione di Schuman assicurava l’interesse nazionale francese, sottolineava che l’offerta di carbone e acciaio doveva essere identica ai mercati francese e tedesco, così come ai mercati di altri paesi membri. Per la Francia il piano rappresentava una garanzia per tenere sotto controllo la crescita economica della Germania.
Monnet riteneva che senza questo accordo la competizione industriale franco-tedesca avrebbe favorito la Germania e che il momento propizio per siglarlo era proprio questo, poiché la Germania era ancora debole e l’Alta Autorità avrebbe assicurato un equilibrio industriale tra i due Paesi. Adenauer probabilmente in principio considerava con sospetto il piano elaborato da Monnet, nel senso che forse, più che equilibrare la crescita economica dei due Stati, era un espediente per ritardare quella della Germania. Però, dopo aver incontrato Monnet, si persuase della sincerità del francese sull’ideale di unità europea. Era chiaro a tutti i futuri membri della Comunità del carbone e dell’acciaio che dovevano accettare una condivisione della sovranità per poter sedere al tavolo dei negoziati.
Il grande dilemma per gli inglesi era fare una scelta che sembrava una perdita di dignità, anche se comunque la Gran Bretagna avrebbe mantenuto un posto privilegiato. Nel 1950 la Gran Bretagna era ancora il maggior produttore di carbone e acciaio in Europa occidentale, quindi l’accordo franco-tedesco poteva costituire una sfida alla supremazia inglese nel settore più importante dell’economia europea. La rinuncia all’ingresso nella Comunità avrebbe significato per gli inglesi l’esclusione dai mercati dell’Europa occidentale, che stavano crescendo rapidamente. L’ingresso nella Comunità, per contro, avrebbe causato per le industrie del carbone e dell’acciaio, che erano fortemente protette dal governo inglese, la concorrenza delle industrie del continente che erano prive di protezione e che pagavano salari più bassi. Inoltre l’Inghilterra non accettava la perdita di prestigio di una potenza imperiale quale riteneva di essere che scendeva al rango di prima inter pares nell’Europa occidentale.
I negoziati furono condotti da Monnet nel maggio 1950 con alcuni funzionari statali superiori inglesi poiché i ministri chiave Bevin e Cripps erano ammalati. Monnet commentò che i britannici erano chiaramente antieuropei e convinti che le nazioni del continente non sarebbero state in grado di contenere l’avanzata del comunismo <42. I negoziati preliminari furono comunque caratterizzati da incomprensioni reciproche. Gli inglesi erano scettici su problemi tecnici e sul ruolo stesso della Comunità. Monnet chiedeva ai funzionari inglesi una dichiarazione pubblica sulla volontà della Gran Bretagna di accettare istituzioni sopranazionali e il ruolo dell’Alta Autorità. Gli inglesi riferirono al premier Attlee che un accordo nei termini di Monnet era impossibile. Il 3 giugno 1950 fu convocato il Gabinetto presieduto dal vicepremier Herbert Morrison: il parere sul piano Schuman era negativo soprattutto perché i minatori di Durham non lo avrebbero mai accettato <43. Nel successivo dibattito ai Comuni del 26-27 giugno Attlee dichiarò che il Governo britannico non poteva accettare che le forze economiche più importanti della nazione dovessero essere governate da “un organismo irresponsabile non nominato da nessuno e responsabile verso nessuno” <44. Pochi parlamentari di entrambi gli schieramenti della Camera non furono d’accordo col Governo sulla non adesione. La Gran Bretagna non partecipò neppure ai negoziati, in quanto non disposta a fare concessioni di sovranità. Altrimenti avrebbe potuto sedere comunque al tavolo ed inserire nelle trattative garanzie democratiche ed ottenere un certo grado di protezione per le proprie industrie del carbone e acciaio come fecero i Governi olandese ed italiano. L’Inghilterra nella Comunità sarebbe stata comunque in una posizione più forte rispetto agli altri paesi.
Edmund Dell ritiene che il rifiuto degli inglesi a partecipare ai negoziati sia stato un grave errore, perché così rinunziò alla leadership in Europa. Inoltre Dell ritiene che i colloqui iniziati con Monnet siano stati condotti da “funzionari impreparati [che] guidavano ministri impreparati” <45. Gli alti funzionari erano convinti che il piano fosse inaccettabile per il principio della sovranità nazionale e della fattibilità e convinsero il Governo laburista a non accettarlo.
Il piano invece ebbe il grande merito di superare il principale ostacolo tra Francia e Germania. Gli americani lo sostennero con entusiasmo: aprì il mercato ai paesi del Benelux, consentì a Germania ed Italia di rientrare nella cerchia delle grandi nazioni europee.
La Gran Bretagna nelle sue scelte economiche e politiche era condizionata dall’opinione pubblica e dalla stampa che consideravano il piano Schuman “un tentativo deliberato e concertato di obbligarci ad accettare gli Stati Uniti d’Europa” <46. E comunque il Governo laburista non era preparato ad accettare che il controllo delle industrie del carbone e dell’acciaio da poco nazionalizzate venisse affidato ad un’Alta Autorità nominata da Governi con maggioranza cristiano-democratica. I laburisti credevano nell’abolizione del capitalismo piuttosto che nel suo miglioramento. Il partito laburista nel giugno 1950 pubblicò la sua posizione ufficiale sulla questione europea in un pamphlet intitolato “European Unity”, nel quale si chiariva che la Gran Bretagna avrebbe accettato di collaborare per progetti di integrazione europea solo con paesi che adottavano politiche socialiste riguardo la proprietà pubblica, il pieno impiego, la pianificazione economica <47. Ma la Gran Bretagna era uscita dalla guerra, anche se vittoriosa, nelle stesse condizioni economiche degli altri paesi. Poteva bloccare le iniziative federaliste, ma non poteva imporre la sua visione dell’Europa.
Il piano Schuman era valido economicamente e politicamente e nel maggio 1950 mise in evidenza la debolezza del potere britannico. Gli interessi nazionali di America, Francia e Germania erano in perfetta sintonia con la visione sopranazionale degli uomini che avevano ideato e realizzato il piano. Mentre l’economia decollava, iniziava il declino dell’influenza della politica estera della Gran Bretagna. La Francia sconfitta in guerra e la Germania occupata dopo il conflitto avevano messo da parte la loro rivalità e divennero il motore dell’Europa occidentale. La Gran Bretagna, che era una delle tre potenze vittoriose, dovette assistere al sorpasso dei suoi vicini europei nell’economia e nel prestigio internazionale.
Il piano Schuman nell’aprile 1951 aprì le porte alla costituzione della Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA), formata da un nucleo centrale di sei nazioni: Francia, Germania Ovest, Belgio, Italia, Lussemburgo e Olanda. Il trattato CECA fu ratificato dai rispettivi Parlamenti nella primavera 1952. La nuova organizzazione divenne operativa nell’agosto dello stesso anno e Jean Monnet disse nel corso della prima assemblea che gli Stati Uniti d’Europa avevano avuto inizio <48. Fu il primo passo verso una pace duratura in Europa.
[NOTE]
39 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 25
40 Ibid., p. 26
41 Hogan, The Marshall Plan cit., p. 367
42 J. Monnet, Mémoires, Paris, Fayard, 1971, p. 316
43 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 29
44 E. Dell, The British Abdication of Leadership in Europe, Oxford, Oxford University Press, 1995, p. 176
45 Ibid., p. 296
46 A. Bullock, Ernest Bevin, p. 781
47 M. Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, p. 30
48 J. Monnet, Mémoires, p. 438
Dario Russo, Le prime fasi dell’integrazione europea: l’Europa dal secondo dopoguerra alla CECA, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2021-2022
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