Scoperte / Turchia, ecco il “cerchio dei bambini perduti”: riti e misteri nell’Anatolia ittita
Elena Percivaldi
Si è da poco conclusa una stagione di scavi archeologici di straordinaria rilevanza nell’altopiano centrale dell’Anatolia, in Turchia. La Missione Archeologica Italiana a Uşaklı Höyük, guidata dall’Università di Pisa, ha portato alla luce resti umani infantili in connessione con un complesso architettonico enigmatico: la cosiddetta Struttura Circolare, già oggetto di studio dal 2021 (ne avevamo parlato QUI).
Il team, diretto da Anacleto D’Agostino, professore di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Asia occidentale, ha coinvolto studiosi e studenti del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano, in un progetto internazionale condotto con il supporto di università turche ed europee, tra cui Koç, Hacettepe, Bozok, Firenze, Siena, Sapienza, Oxford e UCL di Londra.
foto: Università di Pisa
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Infanti e riti: la scoperta che cambia la prospettiva
Il ritrovamento più sconvolgente riguarda sette infanti, i cui resti non erano sepolti in tombe, ma associati a frammenti ceramici, ceneri e ossa animali, in prossimità della Struttura Circolare. Si tratta di un contesto rituale, apparentemente destinato alla deposizione di bambini, che non trova corrispettivi evidenti nella documentazione testuale ittita.
Resti di animali trovati in una grande fossa di epoca tarda dell’area F. (foto: Università di Pisa)
Gli archeologi hanno richiamato il paragone con i tofet fenici e punici, luoghi destinati alla deposizione rituale di bambini deceduti per cause naturali o — secondo alcune interpretazioni — oggetto di sacrificio. A Uşaklı, però, le analisi paleoantropologiche in corso sembrano suggerire una funzione cultuale più complessa e simbolica, legata alla comunità e alla sacralità del luogo.
La “Struttura Circolare”: centro cerimoniale di una città santa?
La Struttura Circolare si trova nell’Area F, dove gli scavi hanno rivelato murature successive che rispettano la presenza dell’edificio, suggerendone una funzione riconosciuta per secoli. Sul suo lato orientale, stratificazioni di lastricati indicano una lunga frequentazione, forse per rituali pubblici.
Secondo il professor D’Agostino, il legame tra architettura e deposizioni infantili è ormai chiaro: “Siamo di fronte a uno spazio con una probabile funzione rituale collettiva, espressione dei valori simbolici della comunità del Tardo Bronzo”.
Tutto ciò rafforza l’ipotesi che Uşaklı Höyük possa identificarsi con l’antica Zippalanda, città santa dell’Impero ittita e importante centro di culto del Dio della Tempesta, figura centrale nel pantheon anatolico.
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Un dente e un DNA: scienza e archeologia a braccetto
Tra i reperti, spicca il dente di un infante, eccezionalmente conservato e databile con precisione grazie alla stratigrafia. Il dente sarà oggetto di analisi genetiche presso il laboratorio Human_G dell’Università di Hacettepe (Ankara), con l’obiettivo di ricostruire la composizione biologica delle popolazioni ittite. Un piccolo resto, ma dalle enormi potenzialità per comprendere movimenti migratori, identità genetiche e relazioni culturali nel Tardo Bronzo.
Acropoli e città bassa: stratigrafie tra età del ferro ed ellenismo
Parallelamente alle scoperte cultuali, la missione ha interessato anche l’Acropoli, dove è stata ricostruita per la prima volta una sequenza di abitazioni databili tra l’età del Ferro e il periodo ellenistico. Tra i livelli, spicca un deposito di distruzione con pietre bruciate e ceneri, databile alla media età del Ferro: un possibile segno di conflitto o discontinuità insediativa.
In Area G, invece, proseguono gli scavi sulla necropoli medievale, con analisi genetiche che stanno restituendo informazioni sul popolamento dell’Anatolia dopo la battaglia di Manzinkert (1071 d.C.).
foto: Università di Pisa
Reperti animali, ceramiche e archeobotanica: la vita quotidiana nel sito
La missione non si è limitata alle strutture monumentali. L’analisi dei reperti ceramici, dei resti animali e dei semi carbonizzati ha offerto una finestra sulla vita quotidiana. La diversità faunistica, che include animali da allevamento e selvatici (tra cui anche una lepre), evidenzia un’economia mista basata su allevamento e caccia.
foto: Università di Pisa
Una fossa con resti interi di cavalli, asini, bovini e caprovini potrebbe essere legata a pratiche rituali comunitarie, mentre l’archeologia del cibo continua a sperimentare tecniche per ricostruire modi di cottura e alimentazione.
Il progetto internazionale nel cuore dell’Impero ittita
La campagna 2025 conferma Uşaklı Höyük come uno dei siti ittiti più significativi in Anatolia, e l’unico attualmente oggetto di una missione italiana. Il progetto, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e da fondi Next Generation EU, rappresenta un modello virtuoso di cooperazione scientifica e formativa. Maggiori informazioni sullo scavo possono essere consultate sul sito del progetto, a questo link.
Le scoperte gettano nuova luce su pratiche religiose e funebri, sull’evoluzione dell’insediamento urbano, e sulla centralità del rituale nella società ittita. Ed è un patrimonio di conoscenze che arricchisce la nostra comprensione del mondo antico.
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