Il caso di Tony (Sex in Seattle #1) di Eli Easton

CW: molestie, spoiler a tutto spiano nella recensione

Descrizione: Tutto inizia con Tony DeMarco, un investigatore privato, che per seguire un’indagine sull’omicidio di una giovane donna finge di essere un paziente del dottor Jack Halloran, il terapista che aveva avuto in cura la vittima in una clinica del sesso di Seattle. Non è la prima volta che Tony agisce sotto copertura, ma di certo è la prima volta che ha voglia di stare “sotto le coperte” con un uno dei suoi sospettati. Non ne può fare a meno, Jack Halloran è proprio il tipo di eroe dagli occhi di ghiaccio per cui ha sempre avuto un debole. Ma dovrà provare l’innocenza di Halloran e riuscire a non far scoprire il suo piano, prima di farsi avanti.
Anche il Dr. Halloran ha i suoi problemi da risolvere, primo fra tutti il braccio destro ferito in Iraq quando era un chirurgo al fronte e il disturbo post traumatico da stress che ne è conseguito. La sua attrazione per un nuovo paziente lo confonde, e Tony, il ragazzone italiano con gli occhi da cucciolo, con il suo senso dell’umorismo riesce ad aggirare le sue difese, facendo affiorare in lui cose che credeva ormai dimenticate.
Ma riusciranno il dottore e l’investigatore privato a far sbocciare la loro storia nonostante i segreti che li dividono?

In tutta onestà, questo romanzo ha acceso ogni mio campanello di allarme già dalla descrizione: però c’era un personaggio demisessuale ed era anche stato tradotto in italiano, per cui mi sono sentita in dovere di dargli una possibilità. Quello che proprio non mi sarei aspettata è che mi facesse incazzare prima ancora di arrivare alla rappresentazione di asessualità e demisessualità – che comunque è pessima, ma andiamo con ordine.

La scena che mi ha fatto venire voglia di lanciare l’ereader è la seguente: siamo in uno studio medico e, siccome il dottore intuisce che il suo nuovo paziente gli sta mentendo riguardo a un’immaginaria dipendenza dal sesso, si alza e gli afferra il pacco. Così, de botto, senza senso (cit.). Non so voi, ma dopo una scena così sgradevole faccio fatica a vedere il dottor Halloran come un bravo dottore – o una brava persona in generale.

Il disagio aumenta poi la la visita ai genitali e alla prostata: immagino che Easton volesse strizzare l’occhio a chi ha il fetish per l’ambito medico, ma a queste persone mi sento di dire, con il cuore in mano, di girare alla larga da questo libro per non rischiare di sporcare il loro immaginario erotico con questa roba.

In questo sfacelo mi posso mai sorprendere che l’asessualità sia associata matematicamente al totale disinteresse per il sesso? Ma quando mai. Speravo che almeno alla demisessualità andasse meglio, ma in realtà, sebbene venga data la definizione corretta, poi questa è totalmente ignorata. Dove sarebbe la connessione emotiva tra i due protagonisti? Non mi risulta che l’esame della prostata e un bel faccino valgano come connessione emotiva.

L’unico motivo per cui mi sembra sensato che Easton abbia usato così la demisessualità è dare l’idea di persona che in cerca di una relazione seria, come se essere demisessuale ti mettesse in automatico nella casella “ragazzə da sposare”, senza che altre caratteristiche siano rilevanti. Immagino sia per questo che alla demisessualità è stato affiancato lo stereotipo dell’italo-americano tutto casa e famiglia, sexy ma con gli occhi da cucciolo.

Ci meritiamo di meglio.

#PdM2024 #personaggioDemisessuale #romanceContemporaneo #romanceUomoUomo

PdM 2024: il piglio di dicembre

Buon lunedì, prodi seguaci.

Come l’anno scorso, volevo dedicare il piglio di dicembre a una delle categorie più bistrattate del nostro Paese per onorare la tradizione natalizia di pensare a chi è meno fortunatə. Avevo già i titoli in mente, poi lunedì scorso, verso le dieci e un quarto, ho sentito un boato molto forte e me la sono fatta sotto perché pensavo che sarebbe seguita una scossa di terremoto come non l’avevo mai sentita in vita mia.

Invece, niente terremoto. Ma dopo poco ho scoperto che c’era stata un’esplosione nel deposito dell’Eni a Calenzano: con il passare delle ore sapremo che ci sono state 5 persone morte e 26 ferite.

Così i miei piani sono cambiati e questo piglio sarà solidale con la lotta operaia per un lavoro sicuro, dignitoso e in armonia con l’ambiente. In particolare, ho scelto due libri su una lotta che proprio a Calenzano si combatte dall’ormai lontano 9 luglio 2021: quella dell’ex-Gkn.

C’è il dato economico, ovviamente: 12 mesi senza stipendio.
C’è la rabbia, per il balletto di rinvii con cui ti hanno rubato 3 anni.
C’è anche quello psicologico. Il Natale in cui ci si rinchiude, del consumismo sfrenato, parcellizzato in tanti piccoli nuclei, arriva ad alimentare frustrazioni, a farti sentire sbagliato, inadeguato, insufficiente. “Che ci stai a fare ancora lì?”.
È quel momento in cui la solidarietà rischia di diventare carità, la società deve ostentare opulenza mentre magari celebra il re dei poveri. E tu, che sacrifichi il tuo presente per il futuro, sembri quasi fuori posto tra la liturgia del “brindiamo al futuro”.



Non abbiamo scelta, se non ribaltare tutto. Resisteremo all’inverno e ci prenderemo la primavera.

Sul loro sito tutti i modi in cui in cui è possibile contribuire alla loro lotta.

E ora parliamo di libri.

Il primo libro pigliato è Insorgiamo del Collettivo di fabbrica Gkn, che, se potete, vi invito ad acquistare perché diritti d’autore vanno alla Cassa di Mutuo Soccorso (e se capitate in alcuni eventi specifici, l’importo versato aumenta, i dettagli sono sul sito della CE). Sembra un ottimo libro da cui partire per capire cosa è successo e cosa sta succedendo dentro e intorno all’ex-Gkn.

Il 9 luglio 2021 una mail arriva di prima mattina ad annunciare la chiusura dello stabilimento e il licenziamento di cinquecento operai e operaie dell’impianto Gkn di Campi Bisenzio che produce semiassi per i principali marchi del comparto automobilistico. Quello di Campi non è uno stabilimento come tutti gli altri: è uno degli impianti più sindacalizzati e organizzati in Italia, e negli ultimi anni ha vinto una serie impressionante di scioperi. Se i padroni passano qui, passano dappertutto.
Il Collettivo di fabbrica nel giro di pochi minuti si presenta davanti ai cancelli della Gkn, occupati da una squadra di vigilantes privati. In breve gli operai se ne liberano e prendono in mano la loro fabbrica. Questa è la nostra casa, da qui non esce neanche uno spillo, diranno. Inizia in Toscana una summer of love operaia che vede continue assemblee, cortei, occupazioni «di botto e senza preavviso» di rotonde stradali, fumogeni, volantini e cene solidali. Quella che era una fabbrica chiusa si apre alla città e ai venti, agli studenti e agli attivisti. Diventa un laboratorio di lotta, di speranza, di un’umanità disposta a prendersi cura di una società migliore, senza svenderla ai principi del profitto.
L’apice della lotta si raggiunge a settembre con una manifestazione di quarantamila persone a fianco del collettivo Gkn. Pochi giorni ancora e un tribunale valuta come illegittimi i licenziamenti. Ma la lotta non finisce lì e continua ancora.
Continua anche la mobilitazione. Coi volantini e le marce, ma anche con gli strumenti dell’immaginario: dalla musica ai video, fino a questo progetto di scrittura working class realizzato nella forma di una cronistoria operaia di lotta, in prima persona plurale, a firma collettiva. Perché la storia operaia più bella degli ultimi anni l’hanno scritta gli operai di Gkn.

Quando venite qua ci chiedete sempre come stiamo. Tutti, dal giornalista al militante dei movimenti. Ma come volete che stiamo? Stiamo qua, in piedi, come qualcuno che ha preso una tranvata in faccia e ha ancora un po’ di lividi. Però dopo averla presa si guarda intorno e pensa che siamo ancora in piedi.
Noi stiamo così e voi come state? Voi tutti, come state? Perché la cosa è paradossale. A volte quelli che ci vengono a domandare come stiamo, stanno messi peggio di noi. 

Il secondo libro pigliato è La fabbrica dei sogni di Valentina Baronti. Si tratta di un romanzo epistolare che racconta le vicende dell’ex-Gkn tramite personaggi inventati. Ho sempre letto (ottima) saggistica pubblicata da Alegre, quindi è arrivato il momento di provare anche qualcosa di narrativa.

La voce narrante è quella di una donna nata in una famiglia contadina e operaia. Il luogo è una fabbrica abbandonata dal padrone, che gli operai si ostinano a non abbandonare: la Gkn di Campi Bisenzio. Quando Agata incontra questa lotta, dopo il licenziamento di 500 operai e la chiusura dello stabilimento, succede un miracolo: la vita e la scrittura, l’amore e le storie insorgono. E un percorso di generazioni legate da memorie di fame e olivi, di semiassi e dignità, si stende sulla pagina.

Da “una stanza tutta per sé” a “una fabbrica tutta per noi”. Le vite si trasformano tra mobilitazioni, assemblee, convergenza con altri movimenti, azionariato popolare, progetti di riconversione ecologica, intelligenza e cultura collettiva.

Come raccontare una storia operaia, se non hai ereditato il privilegio di crescere in una casa piena di libri? Può la scrittura essere un destino, in chi ha assaggiato nella minestra dei nonni il peso dell’analfabetismo, il timore e la riverenza verso i libri e la cultura alta?

Se gli scrittori borghesi hanno colto della fabbrica la serialità della produzione e il tempo morto dell’alienazione, la scrittrice con una famiglia operaia alle spalle trova, in un progetto di fabbrica socialmente integrata e reindustrializzata dal basso, la condizione stessa per raccontarsi, intrecciando questioni di genere e classe. Non la fabbrica che inquina, ma la fabbrica dei sogni che si fanno scrittura, speranza e desiderio.

E questo è quanto: speriamo di riuscire a riportare queste feste al loro senso più solidale e collettivo.

A presto!🌹

#PdM2024

Cosa sappiamo dell’esplosione nel deposito di Eni vicino a Firenze

Due persone sono morte, 26 sono ferite, tre ancora non si trovano e la procura ha aperto un'inchiesta

Il Post

Memorie di una donna medico di Nawal al-Sa’dawi

Nel suo Memorie di una donna medico, pubblicato nel 1958 e tradotto in America alla fine degli anni Ottanta, si chiede: “Perché da piccola ero triste all’idea di non poter volare come le colombe e non sopportavo quelle perdite di sangue che sporcavano le donne ogni trenta giorni?”. Così cominciò prestissimo la sua lotta contro gli ingranaggi che le stavano divorando i primi anni di vita: dal non poter fare i giochi dei maschi al dover indossare un abito bianco per un forzato fidanzamento… che Nawal al-Sa‘dawi rifiuta con forza. Fugge via! Fugge dall’autorità paterna e materna, dai vincoli famigliari, dagli affetti che possono rivelarsi una prigione, si taglia i capelli cortissimi, si chiude nel suo mondo di libri e di solitudine, si laurea brillantemente in medicina e diventa un medico di successo. Bellissime le pagine che descrivono il suo contatto con la malattia e con la morte, che tocca con mano eseguendo autopsie, che tocca con l’anima compartecipando alla sofferenza altrui. Con sguardo costantemente critico Nawal al-Sa‘dawi ci conduce nella sua straordinaria biografia, che è quella di una donna dolce e forte, compatta e lacerata a un tempo, fino al momento in cui anche per lei, così apparentemente cinica e distante, arriverà l’amore. Tuttora considerata una delle opere fondamentali del pensiero femminista arabo, Memorie di una donna medico affronta temi e questioni che sono ancora pericolosamente attuali.

Memorie di una donna medico è quel genere di memoir che tende a suscitare una reazione molto forte di rigetto perché al-Sa’dawi è quello che una donna non dovrebbe essere mai: molto decisa, senza vergogna e nessuna paura di essere percepita come aggressiva nei confronti degli uomini. Ad al-Sa’dawi non frega proprio nulla delle loro richieste di rassicurazione: non ha paura di guardarli negli occhi e di riconoscervi la debolezza di chi ha bisogno di sentirsi la parte forte della coppia ed essere riconosciuto tale dai suoi pari.

E qual è la reazione standard a questo genere di atteggiamento fiero? Accuse di odiare la propria femminilità e di spargere parole di odio nei confronti di questi poveri uomini che dopo averti sposata pensano di poterti possedere come un pezzo di terra. Sembra davvero che pensino che le donne non siano essere umani che mirano a essere liberi e a realizzare se stessi come persone.

Siamo così abituate a rassicurare gli uomini che sì, lo sappiamo che non tutti loro sono violenti – e che di sicuro non lo è quello che ti ha risposto che lui le donne non le ha mai toccate se non con i fiori – che quasi ci dimentichiamo che nessuna di noi parla di patriarcato per assegnare patenti di buona condotta: ne parliamo perché sempre più donne siano libere dalla violenza maschile. Continuiamo a parlare perché finalmente gli uomini la prendano sul serio e inizino una riflessione pubblica decente.

Al-Sa’dawi è stata parte del fiume delle testimonianze femminili: Memorie di una donna medico è del 1958, quindi con il tempo la riflessione femminista ha sicuramente approfondito e analizzato molte delle questioni che al-Sa’dawi qua sembra appena accennare, ma spero che sarete gentili con un memoir che sa ancora insegnarci a non avere paura di reclamare il nostro spazio e a tenerlo per noi.

#autobiografia #femminismo #memoir #nonFiction #PdM2024

Storia culturale degli etruschi di Sybille Haynes

Il libro ricostruisce la storia del popolo etrusco, prima grande civiltà d’Italia, dal periodo villanoviano (IX secolo a.C.) fino alla completa fusione con il mondo romano (I secolo a.C.), restituendo di fatto agli Etruschi il giusto posto tra le maggiori civiltà del passato. Con un territorio esteso dalla Pianura padana fino a Capua, riuniti nella lega delle dodici città, gli Etruschi furono i primi unificatori della penisola, dominatori dei mari, commercianti, esperti nella lavorazione dei metalli e del bronzo in particolare, abili architetti e pittori, raffinati ceramisti e orafi. La cultura etrusca si arricchì grazie ai contatti con i popoli del Mediterraneo, fu ampiamente influenzata dal mondo greco e influenzò a sua volta quello romano, basti ricordare che gli ultimi tre re di Roma erano di origine etrusca, che la incorporò fino a cancellarla. Questa nuova edizione, aggiornata dall’autrice con i più recenti studi e scoperte, offre un’approfondita ricostruzione cronologica e tematica dell’evoluzione della civiltà etrusca, intrecciando evidenze archeologiche, analisi della struttura sociale, racconto delle attività e pratiche funerarie, studio dei manufatti e dell’arte. Il risultato è una descrizione minuziosa della cultura e degli usi etruschi, con una particolare attenzione alla condizione femminile, resi in modo vivido e sfaccettato grazie anche al ricco apparato iconografico che rende il volume uno strumento imprescindibile per la comprensione di questo popolo.

Storia culturale degli etruschi è stata una bellissima lettura: posso dire che ha soddisfatto la mia voglia di approfondire gli etruschi e mi sento di consigliarla a chiunque abbia questa curiosità. Haynes ha uno stile divulgativo semplice e appassionante che mi ha catturato abbastanza da rendere le cinquecento pagine di questo volume leggere e piacevoli.

Si tratta infatti di un libro rivolto a chi non ha grandi conoscenze – se non proprio nessuna – riguardo agli etruschi: non contiene nessuna nuova scoperta (tenete anche conto che in lingua originale il libro è uscito nel 2005), ma Haynes mette a frutto il suo rigore di etruscologa per riferire solo quello che sappiamo e quelle che sono le ipotesi più probabili, escludendo quelle che lei definisce le complesse elucubrazioni intellettuali basate più sulle teorie che sulle prove archeologiche. Elucubrazioni che per un popolo così misterioso si sprecano, a causa delle pochissime testimonianze dirette scritte e dello sguardo acceso di pregiudizi e rivalità politica dei popoli (greci e romani) che con gli etruschi sono venuti in contatto.

L’unico aspetto della cultura etrusca che non troverete granché approfondito in questo volume è la mitologia: per stessa ammissione dell’autrice, una sua analisi avrebbe richiesto troppo spazio, quindi vengono riportate solo le informazioni necessarie per continuare a seguire la trattazione.

Forse non sarebbe stato male aggiungere un piccolo glossario da consultare alla bisogna sui vari termini tecnici dell’arte e dell’architettura classica: immagino che per chi non ha familiarità con i vari nomi dei vasi potrebbe sentirsi un po’ smarritə (niente che non si trovi su Wikipedia, però averlo in fondo al volume sarebbe più comodo).

Potrebbe essere quindi un bel regalo per chi ha la passione per i popoli antichi: è un libro costoso, ma con una bella carta spessa e la ricchezza di molte immagini a colori, per cui il costo può essere giustificato.

#arte #etruschi #nonFiction #PdM2024 #storia

Buon lunedì, prodi seguaci!😈

Siamo al penultimo mese dell’anno e chissà se riuscirò a rimettermi in pari con il Piglio dal Mucchio: lo scopriremo solo andando avanti e tirando fuori altri due libri da aggiungere alla pila dei questi li leggerò presto, giurin giurello.

Il primo libro pigliato è Memorie di una donna medico di Nawal al-Sa’dawi, che ci ha lasciato nel 2021 ed è stata un’importante femminista egiziana, nota in tutto il mondo arabo per le sue riflessioni sulla condizione della donna nell’Islam e per la sua critica alle mutilazioni genitali femminili.

Nel suo Memorie di una donna medico, pubblicato nel 1958 e tradotto in America alla fine degli anni Ottanta, si chiede: “Perché da piccola ero triste all’idea di non poter volare come le colombe e non sopportavo quelle perdite di sangue che sporcavano le donne ogni trenta giorni?”. Così cominciò prestissimo la sua lotta contro gli ingranaggi che le stavano divorando i primi anni di vita: dal non poter fare i giochi dei maschi al dover indossare un abito bianco per un forzato fidanzamento… che Nawal al-Sa‘dawi rifiuta con forza. Fugge via! Fugge dall’autorità paterna e materna, dai vincoli famigliari, dagli affetti che possono rivelarsi una prigione, si taglia i capelli cortissimi, si chiude nel suo mondo di libri e di solitudine, si laurea brillantemente in medicina e diventa un medico di successo. Bellissime le pagine che descrivono il suo contatto con la malattia e con la morte, che tocca con mano eseguendo autopsie, che tocca con l’anima compartecipando alla sofferenza altrui. Con sguardo costantemente critico Nawal al-Sa‘dawi ci conduce nella sua straordinaria biografia, che è quella di una donna dolce e forte, compatta e lacerata a un tempo, fino al momento in cui anche per lei, così apparentemente cinica e distante, arriverà l’amore. Tuttora considerata una delle opere fondamentali del pensiero femminista arabo, Memorie di una donna medico affronta temi e questioni che sono ancora pericolosamente attuali.

Il secondo libro pigliato è Sette peccati necessari di Mona Eltahawy, anche lei nata in Egitto, ma adesso vive negli USA. Se bazzicate da queste parti, è possibile che me l’abbiate sentita nominare perché è una delle femministe che mi ha insegnato di più nel corso degli anni. Sono molto contenta che anche questo suo libro sia arrivato in Italia.

Un manifesto potente e dissacrante che costringe a guardare in faccia il sistema patriarcale: complesso, pervasivo e internazionale. Mona Eltahawy, giornalista e attivista egiziano-americana, elenca sette “peccati” da commettere per essere e fare ciò che vogliamo, per liberarci da violenza e discriminazione, per distruggere il patriarcato. Con un’incredibile ricchezza di dati ed esempi di vita, l’autrice ci porta nei suoi viaggi in giro per il mondo, dal Sudafrica alla Cina, dalla Nigeria all’Arabia Saudita, dall’Egitto all’Irlanda, dalla Bosnia agli Stati Uniti. Mostra, con un approccio intersezionale, come il patriarcato si serva di diversi livelli di oppressione per mantenere il suo controllo e come, nel mondo, le donne lo sfidino ogni giorno. Esprimere rabbia, attirare l’attenzione, ricorrere alla volgarità, avere ambizioni, ottenere potere, agire e reagire alla violenza, vivere la lussuria: questo è ciò che ci insegnano a non fare, per tenerci sottomesse e impaurite, obbedienti e grate. Sono i sette peccati della religione del patriarcato, solo rivendicandoli possiamo davvero innescare una rivoluzione, nelle nostre vite private e nelle società in cui viviamo. Prefazione di Igiaba Scego.

Eccoci qua: visto niente di interessante? Voi che state leggendo di bello ora che le temperature cominciano a scendere (almeno da queste parti)? Fatemi sapere!

A presto!🌰

https://lasiepedimore.com/2024/11/04/pdm-2024-il-piglio-di-novembre/

#PdM2024

Buon lunedì, prodi seguaci!🐉

Come ogni anno, il piano è di leggere libri in tema asessualità e scriverne per la settimana della consapevolezza asessuale, che cade tra il 20 e il 26 ottobre. Non so però quanto riuscirò a fare perché mio padre si è operato (operazione riuscita, per fortuna) e il mio tempo si è un po’ contratto, senza contare la testa che vaga altrove. Vediamo: male che vada, qua vige sempre il detto che si è orgogliosə tutto l’anno!

Il primo libro pigliato è Asessualità di Caterina Appia, psicologa che si occupa di asessualità da molti anni. Il saggio è uscito all’inizio di quest’anno e praticamente ogni asessuale a parte me lo ha letto: i pareri sono positivi, quindi sono abbastanza tranquilla.

L’asessualità è un tema che sta piano piano uscendo dall’ombra, ma che è ancora troppo poco compreso. Chi fa informazione e divulgazione sull’argomento è costrettə a ripetere sempre gli stessi concetti di base, cioè che si tratta di un orientamento sessuale, che in quanto tale non ha nulla a che vedere con il comportamento e con gli atteggiamenti verso il sesso, e che è uno spettro, in cui le esperienze individuali sono diverse e variegate. Tuttavia, ancora si fatica a comprendere il potenziale politico innovativo dell’asessualità. Le persone asessuali condividono molte delle lotte combattute dal femminismo, dalle persone LGBTQI+ o da quelle con disabilità. Eppure, la loro voce non viene mai ascoltata. Ma se vogliamo costruire una sessualità libera da coercizioni, pressioni sociali, lontana dallo spettro della patologizzazione e della devianza, non possiamo farlo senza riconoscere all’asessualità il suo spazio nel dibattito.

Il secondo libro pigliato è Intersex a cura di Michela Balocchi e contiene diversi saggi sul movimento intersex, sulla medicalizzazione e sugli aspetti giuridici dell’intersessualità. Siccome la giornata della consapevolezza dell’intersessualità cade sempre nella settimana dell’asessualità cerco di dare un po’ di visibilità anche a loro.

Cosa si intende per intersessualità? Cosa significa che le due categorie di sesso socialmente riconosciute – femmina e maschio – non esauriscono la varietà delle caratteristiche di sesso cromosomico, gonadico/ormonale e anatomico nella specie umana? Perché l’anatomia sessuale delle persone nate con tratti intersesso viene trattata con la chirurgia e i farmaci anche quando non comporta problemi di salute e senza attendere che la persona direttamente interessata possa dare il proprio pieno consenso informato? Cosa si intende per diritti umani delle persone intersex? Per provare a fare luce su questi e altri interrogativi, “Intersex” raccoglie gli scritti di autrici e autori che, in diverse discipline, hanno condotto lavori pionieristici sull’argomento. Si parte dalla crisi del modello binario di sesso nella biologia e nella genetica contemporanee – che ha favorito la nascita del movimento intersex – e si arriva fino all’analisi della gestione medica delle variazioni di sesso tra dato biologico e fatto sociale, per concludere con alcune riflessioni sugli aspetti giuridici legati all’esistenza delle persone intersex, guardando al diritto e ai diritti (umani) mancati.

Eccoci qua: conoscevate uno dei due libri? Cosa avete in programma per ottobre? Avete la vostra bella lista di libri horror che vi aspetta sul comodino? Fatemi sapere!

A presto!🕷️

https://lasiepedimore.com/2024/10/14/pdm-2024-il-piglio-di-ottobre/

#PdM2024

Jerymn Hilliard Junior è un ricco scapolo americano in vacanza a Valedolmo, deliziosa cittadina affacciata sul Lago di Garda. Immerso nella tranquillità del luogo, tutta quella pace ben presto lo annoia: in attesa che la sua famiglia lo raggiunga all’Hotel du Lac, non ha niente da fare e nessuno con cui conversare; l’unica eccezione è rappresentata da Gustavo, un cameriere simpatico e premuroso che, tuttavia, parla un inglese tutt’altro che perfetto. Ma la vacanza prende una svolta inaspettata quando sulla scena appare la bellissima Constance Wilder, una ragazza americana in villeggiatura con il padre. Per attirare la sua attenzione e corteggiarla, Jerry elabora un bizzarro piano in cui veste i panni di una pittoresca guida alpina di nome Tony, dando vita a una commedia degli equivoci romantica e divertente. “Jerry Junior” apparve inizialmente a puntate, a partire dal maggio del 1906, sulle note riviste americane “Lady’s Home Journal” e “Woman’s Home Companion”, per poi essere pubblicato in forma di libro nell’aprile del 1907. Questa ne rappresenta la prima traduzione italiana, integrale e annotata.

Sarò brutale: io questo romanzo non l’ho capito. E non nel senso che non ne ho capito lo sviluppo: non ho proprio capito perché esiste. Non capisco come Webster abbia pensato che fosse un’idea simpatica che un baldo giovine statunitense fingesse di essere una guida italiana (sapendo appena tre frasi in croce in italiano) per poter accompagnare in montagna una bella signorina statunitense (che invece sa molto bene l’italiano). Il tutto dopo che si erano già incontratə, facendo sì che il baldo giovine si scolpisse nella mente della bella signorina, che infatti lo riconosce subito.

Quindi hanno inizio pagine e pagine di botta e risposta tra questə due che ho trovato così divertenti e appassionanti che speravo che almeno unə deə due finisse in un crepaccio. Ci andiamo pure vicino ed è stato l’unico momento in cui mi sono emozionata. Non riesco nemmeno a prenderlo sul serio come commedia degli equivoci perché non so proprio come lui potesse aspettarsi di non essere riconosciuto: alla fine più che un equivoco sembra un’idea infantile.

L’unico aspetto che mi è piaciuto è stata l’ironia con la quale Webster sipinge ə turistə statunitensi che arrivavano in Italia e si aspettavano di trovare cartoline pittoresche e non un Paese con i suoi usi e costumi. È evidente che il turismo becero viene da lontano e la sua attuale gravità dipende solo dall’aumento della massa di persone in movimento.

Infine, devo fare una menzione d’onore per Gustavo, che da bravo stereotipo dell’italiano farebbe qualsiasi cosa per spillare soldi a questə turistə, ma non mi sento proprio di biasimarlo. A costo di sembrare Wanna Marchi, direi che il suo è l’unico modo per dare un senso alla situazione totalmente assurda che si ritrova suo malgrado a gestire…

https://lasiepedimore.com/2024/09/25/jerry-junior-di-jean-webster/

#classici #PdM2024 #romanceDonnaUomo #umorismo

Durante un periodo di forzata immobilità, Louisa May Alcott scrisse sette storie ispirate ai fiori. Intrecciando questa meravigliosa ghirlanda per suo diletto e per le sue ragazze, raccontò dell’amore per i buoni libri e per le altre persone, della ricerca della pace e della crescita personale, di quei valori, insomma, sui quali basò la propria esistenza e che volle condividere con le sue lettrici. Mostrò loro come fosse possibile migliorare la propria personalità, e di conseguenza il mondo, con semplici gesti quotidiani, nella scelta delle proprie letture, nella vita familiare o nell’incontro con le altre persone. Dopo oltre un secolo questa straordinaria scrittrice ha ancora molto da insegnare e le sue storie continuano a essere avvincenti, a commuovere, a far riflettere. La prima edizione del libro risale al 1887 e questa ne rappresenta la prima traduzione italiana.

Penso che Una ghirlanda per ragazze rimarrà nei miei ricordi come una raccolta di racconti per aspiranti signorine per bene. Cosa che io non sono al punto che ho finito per provare più simpatia per le signorine frivole amanti dello shopping invece che per le signorine asociali che amano leggere: è stato davvero molto irritante e non posso fare a meno di pensare che questo elemento è invecchiato davvero molto male.

I racconti di Alcott ci parlano di vite distrutte dalla sfortuna, che sia per la rovina del patrimonio di famiglia e per la cronica povertà nella quale si è nate: una sfortuna alla quale purtroppo si risponde con una tonnellata di moralismo e di paternalismo. Leggere oggi di questə bravə e ricchə borghesi che si danno da fare per guadagnare punti bontà aiutando ə poverə è oltremodo fastidioso.

Non ricordavo che Piccoli donne e Piccole donne crescono avessero questo difetto – anche se per quanto mi riguarda sono libri avvolti dalle nebbie dei vecchi ricordi – ma immagino che Una ghirlanda per ragazze vada annoverato tra le opere minori e che non dovrei farmi influenzare troppo nel mio desiderio di rileggere le sue opere principali. Il mio consiglio è di leggere questi racconti se siete fan di Alcott, altrimenti potete anche lasciar perdere: sono piacevoli per lo sguardo sulla condizione delle ragazze più povere, ma dovete essere preparatə a uno sguardo davvero tanto moralista.

https://lasiepedimore.com/2024/09/12/una-ghirlanda-per-ragazze-di-louisa-may-alcott/

#classici #letteraturaPerRagazzə #PdM2024 #storieBrevi

Buon venerdì, prodi seguaci!♾️

Visto che è passato un po’ di tempo dall’ultima volta e settembre è il mese in cui ricomincia la scuola, ho pensato di pigliare due libri che parlano di matematica, materia così odiata perché – a mio modesto parere – così male insegnata. Quindi se anche voi odiate la matematica, vi invito a superare il vostro astio con un buon libro.

Il primo libro pigliato è Infinitamente piccoli di Amir Alexander ed è un libro di storia della matematica: racconta di come il concetto di infinitesimo, numeri infinitamente piccoli che si avvicinano allo zero più di qualunque altro numero reale (che sono quelli familiari e rassicuranti tipo -2, -1, 0, 1, 2), abbia buttato giù l’idea di un mondo governato da leggi matematiche esatte e con lui l’idea di un ordine naturale fisso e immutabile nel tempo. Suona già più interessante questa matematica, no?

Il 10 agosto 1632 cinque padri gesuiti si riunirono in un austero palazzo di Roma per censurare, perché considerata sovversiva, un’affermazione apparentemente innocua che avrebbe gettato le basi della matematica moderna: una linea continua è composta da punti infinitamente piccoli. Ma non si trattava solo di speculazione teorica. In ballo c’era molto di più: il concetto di infinitesimo metteva in discussione l’idea del mondo come luogo razionale e governato da leggi matematiche esatte, e con essa il dogma di un ordine naturale, politico e sociale immutabile. Amir Alexander ci racconta la storia di una lotta, combattuta dalla Germania all’Inghilterra, dalla Roma papale alle stanze della royal society, che vide schierati da un lato i difensori dell’autorità costituita, disposta a tutto pur di mantenere salda l’ortodossia, e dall’altro i promotori di un’epoca di Iibertà intellettuale e progresso scientifico.

Il secondo libro pigliato è Storia dei simboli matematici di Joseph Mazur, che, a dispetto del titolo, sembra più un libro sulla filosofia dei simboli matematici. Mi incuriosisce molto perché sono simboli (al di là del loro uso matematico) di cui so poco o niente, per cui ho proprio voglia di approfondire.

La storia dei numeri e dei simboli matematici accompagna e incrementa l’arco della vicenda umana. È una saga epica, costruita dalla specie attraverso crolli di intere civiltà e progressi che sarebbero leggendari, se non fossero documentati. Con gli operatori matematici il genere umano solca i cieli e si avventura nello spazio cosmico, e allo stesso modo affronta il quotidiano sul pianeta. Joseph Mazur attraversa una storia di storie che lascia affascinati: dalla fondazione dei numeri su tavolette a scrittura cuneiforme a Babilonia quattro millenni or sono, all’invenzione dello “zero” nell’India arcaica, per arrivare alla rivoluzione europea, passando attraverso culture perdute come quelle inca e maya. Matematici, filosofi, mercanti, maghi – una folla sterminata contribuisce a un ciclo mitico che ha per protagonisti la somma, la sottrazione, la moltiplicazione, la divisione, l’identità, le radici quadrate, il pi greco, le potenze. La forza dei simboli, liberati nella storia universale, muta la comprensione del mondo e la percezione dello spazio e del tempo – e proprio su questi aspetti, in cui si intrecciano mente e realtà, l’analisi di Mazur risulta capace di svelare associazioni e labirinti inconsci con cui viviamo la realtà d’ogni giorno.

Eccoci qua: spero di avervi incuriosito almeno un po’ perché dobbiamo proprio togliere alla matematica questa brutta fama. Fatemi sapere se state leggendo qualcosa di interessante in questo caldissimo inizio di settembre che ci fa vedere l’autunno ancora molto lontano.

A presto!📝

https://lasiepedimore.com/2024/09/06/pdm-2024-il-piglio-di-settembre/

#PdM2024

Un’ex soldatessa dell’esercito giapponese, Mimi, ha un lavoro singolare: condurre i pazienti presso gli ospedali psichiatrici che li prenderanno in cura. Ha quindi a che fare spesso con persone schizofreniche, considerate anormali dai più, ma che lei invece ritiene straordinari per quella loro rara intelligenza intuitiva che aspetta solo di essere compresa.
È così che Mimi incontra Masaya, un quattordicenne reduce da un’esperienza di premorte, sempre più distante dai genitori che rivorrebbero il bambino modello che era un tempo, con il quale riuscirà a instaurare un legame importante e foriero di una lucidissima visione del mondo. Grazie alla sua innata ed eccezionale capacità di ascolto, che le fa sentire i corpi parlare e comunicare le proprie emozioni, Mimi riuscirà a interpretare le strane parole di Masaya, che le svelano un mondo fatto di suono, sibili e boati.

Mosaico si presenta come un romanzo sugli esordi di Internet, sui modi in cui sarebbe diventato così pervasivo da cambiare il mondo in cui ci informiamo e rimaniamo in contatto ə unə con ə altrə. Taguchi in questo senso è stata una pioniera: scrive di web dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso e in questo romanzo, uscito in Giappone nel 2001, si percepisce alla perfezione che fosse ben consapevole dell’impatto che avrebbe avuto Internet sulle nostre vite.

Il problema per me è che, nonostante le sue felici intuizioni, durante la lettura mi sono annoiata tantissimo. Innanzi tutto, per l’enorme mole di spiegoni; poi perché gran parte di questi spiegoni riguardano fenomeni parascientifici e parapsicologici, che Taguchi ha usato per costruire la sua storia in modo da rendere più intellegibile qualcosa che ancora era molto fumoso nella testa delle persone, ma calcando troppo la mano – tanto che alla fine si parla più di esperienza extracorporee che di mailing list.

La mia noia probabilmente è da imputare al fatto che Mosaico è invecchiato male. Non perché non avesse colto la questione dei rapporti umani sfilacciati, dell’isolamento e della difficoltà di gestire enormi moli di informazioni, ma nel 2024 vedere questi temi intrecciati con la parapsicologia dà l’impressione di poca serietà. Il che non era proprio l’intenzione di Taguchi, ma la sproporzione di pagine dedicate all’argomento non aiuta.

Non mi sento di bocciarlo, ma è bene approcciarsi a Mosaico con la consapevolezza che è la testimonianza di una fase di Internet che ormai fa parte della storia: potrebbe essere una lettura molto interessante se vi appassiona l’evoluzione della rete e vi interessa un punto di vista romanzato del 2001.

https://lasiepedimore.com/2024/08/22/mosaico-di-randy-taguchi/

#letteraturaContemporanea #PdM2024 #saluteMentale