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Galiano: “Non possiamo più permetterci tre mesi senza scuola” https://www.illibraio.it/news/scuola/tre-mesi-senza-scuola-1478225/ #scuolapubblica #riforma #uno @cultura
"Non possiamo più permetterci tre mesi senza scuola" - di Enrico Galiano

"Tre mesi di vacanza non sono più un diritto al riposo, ma un lusso che non ci possiamo permettere. Né come famiglie, né come società. E finché non avremo il coraggio di rimodulare il calendario scolastico, distribuendo meglio le pause durante l’anno, continueremo a chiedere ai nonni e agli insegnanti di fare quello che spetterebbe allo Stato: tenere insieme famiglie e futuro...". Su ilLibraio.it l'intervento di Enrico Galiano, che prende posizione, su un tema sempre più problematico, che pone l'Italia in una situazione molto diversa rispetto ad altri stati europei. Senza dimenticare che "la mente è un muscolo, e tre mesi senza allenamento rischiano di trasformarla in un budino..."

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Alla fine del 1979 in Italia agivano 4.337 emittenti radio private

In seguito all’approvazione della legge 14 aprile 1975, n. 103, dal ministero delle Poste e telecomunicazioni parte il seguente telegramma:
“Disponesi virgola a sensi articoli 1 et 2 legge 14 aprile 1975 n 103 virgola che responsabili aut esercenti impianti diffusione via etere programmi radiofonici e televisivi privati vengono denunciati at autorita giudiziaria competente con contestuale richiesta sequestro impianto medesimo soprattutto se trasmissioni interferiscano con servizio pubblico radiodiffusione et con altri servizi pubblica utilita punto necessari accertamento [sic] dovranno essere effettuati da ispettori compartimentali collaborazione con circo tel [sic] et organi rai virgola che dovranno fornire mezzi tecnici per acquisizione materiale probatorio punto” <1.
La legge in questione ribadisce infatti, come si è detto, la riserva statale delle trasmissioni via etere, sancendo l’illegalità delle prime emittenti “libere”, che in quegli anni iniziano a infrangere il monopolio. Tale previsione farà scattare la lunga teoria di denunce e le successive pronunce di incostituzionalità. Ciò che ora preme rilevare è la sottolineatura che viene fatta della necessità di riferire all’autorità giudiziaria «soprattutto se trasmissioni interferiscano con servizio pubblico radiodiffusione et con altri servizi pubblica utilita».
La liberalizzazione di fatto dell’etere che, sulla spinta delle innovazioni tecnologiche e delle pressioni all’accesso, investe il panorama radiotelevisivo italiano conduce infatti a una corsa all’accaparramento selvaggio delle frequenze che fa coniare ai commentatori espressioni quali «giungla», «fungaia», «far west» in riferimento alla situazione venutasi a determinare <2. In effetti, in molti casi si registrano sconfinamenti, sovrapposizioni, interferenze, una congerie di segnali che induce Eco a parlare di «ascolto patchwork», una «marmellata» all’interno della quale l’identità delle singole stazioni è irriconoscibile per l’utente che muove la manopola della radio e si imbatte in un profluvio di musica e parole senza soluzione di continuità <3.
Al ministero delle Poste e telecomunicazioni giungono numerose lamentele a proposito delle difficoltà di ricezione del segnale in alcuni contesti locali – in particolar modo per quel che riguarda il terzo canale, varato in quegli anni in attuazione della legge di riforma del 1975 -, dovute principalmente all’insufficienza dei ripetitori installati ma anche all’affollamento delle frequenze verificatosi a partire dalla liberalizzazione dell’etere <4. Sulla questione prendono parola anche i comitati di redazione Rai-tv, riuniti in assemblea a St. Vincent tra il 13 e il 15 giugno 1977, che nel comunicato conclusivo denunciano ““con preoccupazione” che il vuoto di intervento parlamentare sta determinando una situazione al limite dell’ingovernabilità, con sovrapposizione delle frequenze, con una caccia sfrenata ai messaggi pubblicitari, con violazione delle normative di legge sulla produzione giornalistica, con gravi fenomeni di sfruttamento ai danni dei dipendenti di una parte di tali emittenti” <5.
Un caso particolare è costituito dalle denunce provenienti dagli aeroporti civili e dalle forze dell’ordine, cui pure fa riferimento il telegramma riportato. In diversi casi, come a Torino e a Fiumicino <6, vengono segnalate interferenze del segnale fra la torre di controllo e velivoli in fase di atterraggio; malgrado tale evenienza sia teoricamente possibile e non è da escludere che nella situazione caotica prodotta dalla deregolamentazione siano accaduti episodi di sovrapposizione delle frequenze, c’è da dire che i controlli effettuati non forniscono riscontri alle denunce <7. Anche per quel che riguarda il rischio di interferenze a danno delle radiovolanti della polizia non vi sono dati certi e inoppugnabili; in alcuni scambi epistolari fra organi centrali e periferici dello stato si rimarca che «vengono […] continuamente rappresentate at questo ministero da organi operativi difficoltà nell’espletamento servizi istituzionali at causa continue et reiterate interferenze emittenti private nelle frequenze radio utilizzate da forze di polizia» <8, ma le preoccupazioni sembrano fortemente condizionate dai dibattiti parlamentari in corso sull’emanazione di una nuova disciplina di regolamentazione del settore, alla quale il ministero dell’Interno, come si vedrà, vorrebbe dare un contributo specifico riguardo la commissione di condotte illecite a mezzo apparecchi radiotrasmittenti.
I numeri del fenomeno delle radio libere, per come emergono dalle indagini realizzate per conto dei ministeri delle Poste e dell’Interno a qualche anno dal boom, sono decisamente significativi: “Alla fine del 1979 in Italia agivano 4.337 emittenti radio private (598 in più rispetto all’anno precedente con un incremento del 16%), con un rapporto di una emittente per 13.000 abitanti circa, distribuite geograficamente come segue: ̵ 906 (73 in più rispetto al 1978) nelle regioni nord-occidentali, in ragione di una emittente per 17.000 abitanti circa; – 583 (52 in più rispetto al 1978) nelle regioni nord-orientali, con un rapporto di una emittente per 18.000 abitanti circa; – per un totale, nell’intera area Nord del Paese, di 1.489 (125 in più rispetto al 1978) e un rapporto di utenza media di una emittente per poco più di 17.000 abitanti. […] – 603 (104 in più rispetto al 1978) nelle regioni centrali, con un rapporto di una emittente per 18.000 abitanti circa. […] – 1.325 (177 in più rispetto al 1978) in quelle meridionali, con un rapporto di una emittente per 10.000 abitanti circa; – 920 (192 in più rispetto al 1978) in quelle insulari, con un rapporto di una emittente per 7.000 abitanti circa; – 2.245 (369 in più rispetto al 1978) nelle regioni meridionali e insulari, complessivamente considerate, con un rapporto di una emittente per 9.000 abitanti circa” <9.
La fase espansiva è in realtà già alle spalle; i tassi di incremento delle emittenti private sono molto più ridotti che in passato <10 e presto il panorama si assesterà in virtù di diversi fattori: da un lato l’attenuazione della spinta alla partecipazione che ha caratterizzato gli anni precedenti, dall’altro l’obiettiva saturazione dell’etere, dall’altro ancora le difficoltà di natura principalmente economica incontrate dalle esperienze più artigianali e la tendenza alla concentrazione in grandi network <11. Proprio il massiccio ingresso dei potentati privati nel mercato radiofonico – con l’obiettivo puntato su quello pubblicitario e sulla spartizione della relativa torta – diviene un punto centrale del dibattito sulla regolamentazione che si sviluppa in quegli anni <12. Da più parti giungono valutazioni allarmistiche <13 sul rischio che la creazione di oligopoli finisca per soffocare le esperienze più genuine di partecipazione e richiami al legislatore affinché disciplini la materia, ponendo dei paletti alle possibilità di concentrazione; la rivista «Altrimedia», ad esempio, dedica diversi numeri alla questione <14.
Per tutto il periodo qui considerato si susseguono progetti di legge più o meno organici, i quali finiscono però per arenarsi nelle secche dei dibattiti parlamentari. La riforma della Rai rientra fra i punti del programma sottoscritto dai partiti dell’“accordo a sei” in funzione di indirizzo politico del governo delle astensioni; il governo è impegnato «ad assecondare la definizione di una disciplina delle emittenti locali private, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 202 del 1976, che preveda la applicazione per legge del piano nazionale di ripartizione delle frequenze e delle modalità e criteri per la concessione delle autorizzazioni» <15. Numerosi sono però gli ostacoli che si frappongono alla definitiva approvazione di una legge in materia: i tentennamenti dei principali partiti in merito all’emittenza privata e alle modalità di regolamentazione della stessa; la presenza di altri temi considerati prioritari per l’azione di governo; le fibrillazioni in ambito politico-sociale e la relativa fragilità dello stesso accordo fra i partiti.
Quanto le posizioni siano ondivaghe e in alcuni casi molto distanti l’una dall’altra è constatabile dalle esternazioni delle personalità politiche direttamente coinvolte nella questione, in primis dei membri della Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Nell’ottobre 1977, ad esempio, gli orientamenti conservatori di Vittorino Colombo, ministro delle Poste e telecomunicazioni della Dc, vengono bollati come «assolutamente personali» da Mauro Bubbico, membro della Commissione in quota allo stesso partito <16. Le divergenze fra i partiti dell’accordo riguardano la nozione di ambito locale; la percentuale di ripartizione delle frequenze fra ente concessionario, radiotelevisioni commerciali ed emittenti locali; la regolamentazione del regime autorizzatorio; la disciplina del mercato pubblicitario; le garanzie professionali richieste alle private e il destino da riservare alla situazione esistente <17.
Tra il 10 e il 12 marzo 1978 si tiene a Livorno un convegno nazionale indetto da Arci-Enars e Acli-Endas su “Sistema radiotelevisivo e territorio”, al quale intervengono, oltre alle associazioni promotrici, esperti del settore e redattori di alcune esperienze televisive e radiofoniche sorte in ambito locale <18. L’ampia discussione enuclea le principali tematiche concernenti la comunicazione locale, con un’attenzione al ruolo delle forze sociali e alla necessità che la regolamentazione del settore contemperi la salvaguardia della libertà d’impresa dei privati e del pluralismo partecipativo.
[NOTE]
1 Telegramma del 20 giugno 1975 inviato dal ministro delle Poste e telecomunicazioni Orlando ai direttori compartimentali PT ufficio II Repubblica, ai circostel, alla Direzione generale Rai e, p.c., all’Ispettorato generale per le telecomunicazioni, alla Direzione centrale ispezione, alla Direzione centrale servizi telegrafici e radioelettrici, al gabinetto del ministero dell’Interno e a quello della Difesa, all’Ispettorato generale di Ps, in Acs, Mi – gab., 1976-80, b. 334, f. «Radio e televisione. Impianti privati (1)».
2 Cfr. S. Dark, Libere!, cit. p. 132.
3 U. Eco, Con qualche radio in più, cit.
4 Cfr. Acs, Mi – gab., 1976-80, b. 334, f. «Radio e televisione. Affari vari»: vi è conservato il carteggio fra organi centrali e periferici riguardante l’installazione di ripetitori Rai in territorio friulano, stanti le proteste di comunità non raggiunte dal segnale. È significativo che le segnalazioni da parte delle autorità locali muovano dalla preoccupazione per la penetrazione ideologica realizzata tramite la ricezione di programmi della Jugoslavia comunista, in una zona di confine delicata dal punto di vista geopolitico.
5 Ivi, lettera del 20 giugno 1977 indirizzata dal questore della Valle d’Aosta Barbagallo al gabinetto del ministro e alla Direzione generale di pubblica sicurezza; in allegato il comunicato stilato al termine dell’assemblea nazionale dei comitati di redazione, 15 giugno 1977.
6 Gli esempi sono riportati rispettivamente in Davide Giacalone, Antenna libera. La RAI, i privati, i partiti, Edizioni di comunità, Milano 1990, p. 31 e in Roberto Morrione, La RAI nel paese delle antenne. Uomini e vicende del più discusso dei mass media, dall’era di Bernabei all’era della riforma, Napoleone, Napoli 1978, p. 115.
7 Cfr. la lettera del prefetto di Varese Vitelli-Casella del 21 maggio 1977, indirizzata ai gabinetti del ministero dell’Interno e delle Poste e telecomunicazioni e alla Direzione generale di pubblica sicurezza, in Acs, Mi – gab., 1976-80, b. 338, f. «Radio e tv libere. Affari vari». Il funzionario – in seguito alla segnalazione del 14 maggio 1977 fatta dall’ufficio regionale Icao (International civil aviation organization) di Parigi al ministero della Difesa, relativa ai potenziali pericoli derivanti dalle interferenze – ha effettuato dei controlli all’aeroporto di Milano Malpensa, risultati negativi.
8 Ivi, f. «Radio libere. Legislazione», fonogramma urgente del 7 novembre 1977 indirizzato dal ministero dell’Interno al gabinetto del ministero delle Poste e telecomunicazioni e, p.c., alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero di Grazia e giustizia – Uffici legislativi.
9 Ivi, f. «Radio e tv libere. Affari vari», rapporto del servizio di documentazione generale afferente alla Direzione generale affari generali e del personale del ministero dell’Interno indirizzato al gabinetto del ministro il 26 maggio 1980. Nello stesso rapporto si rileva «l’accentuata polverizzazione nel Sud e nelle Isole della radiodiffusione esercitata da privati, sembra rispondere ad una esigenza di diffusione capillare in aree caratterizzate dalla frantumazione su vaste aree di centri abitati di modeste dimensioni, fuori dall’orbita dei grandi agglomerati urbani». Il dato è collegato alla «differente presenza e, quindi, il diverso ruolo dell’informazione tradizionale identificabile essenzialmente con la cosiddetta grande stampa, nei cui confronti le emittenti private, almeno in questa prima fase di attività, si collocano come strumenti alternativi o sussidiari ovvero complementari rispetto a contenuti dell’informazione imperniati sulla peculiarità delle problematiche locali». L’analisi degli esperti ministeriali sembrano a tal proposito confermare quanto suggeriva McLuhan, Capire i media, cit., p. 275: «[…] la radio ha potuto diversificarsi e dar vita a un servizio a livello regionale o locale come non aveva mai fatto neanche all’epoca ormai lontana dei radioamatori. Si è insomma rivolta alle necessità personali dell’individuo nelle diverse ore del giorno […]».
10 Si consideri che «a fine giugno 1977 in Italia agivano 244 emittenti televisive e 1641 emittenti radio», di 93 delle quali «è stato possibile accertare il carattere prevalentemente politico»: documento a cura della Direzione generale degli affari generali e del personale – Servizio di documentazione generale, Le emittenti radio e televisive private in Italia, novembre 1977, in Acs, Mi – gab., 1976-80, b. 338, f. «Radiotelevisive private. Censimento». 11 Cfr. F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, cit., pp. 428-33 e P. Murialdi, Il “decennio concentrone”. Appunti per una storia delle concentrazioni negli anni Ottanta, «Problemi dell’informazione», f. 2, 1990, pp. 169-85.
12 Già il 23 e il 24 ottobre 1976 si tiene ad Aosta un convegno su Sistema radiotelevisivo e Regioni, con la partecipazione di delegazioni ufficiali della giunta e dei consigli di varie regioni, nonché di un’ampia rappresentanza dei quadri dirigenti della Rai e del ministro delle Poste Vittorino Colombo; nella mozione conclusiva, che testimonia indirettamente del colore politico della maggior parte degli intervenuti, nel rispecchiare la posizione assunta dal Pci in riferimento alla liberalizzazione dell’etere, si sottolinea che «le contraddizioni e i ritardi nella riforma della RAI-TV, il recupero delle forze conservatrici, l’attacco privatistico al monopolio pubblico radiotelevisivo e la Sentenza n° 202 della Corte Costituzionale, hanno concorso a determinare una situazione, che rischia, se non superata tempestivamente, di risolversi in ulteriori limitazioni all’esercizio delle libertà di espressione e di comunicazione di tutti i cittadini per il prevalere di potenti concentrazioni monopolistiche private». Il documento è rinvenibile in Acs, Mi – gab., 1976-80, b. 334, f. «Radio e televisione. Affari vari», sf. «Riforma della RAI TV».
13 Lo svolgimento più coerente e articolato della tesi secondo la quale la liberalizzazione dell’etere sarebbe il presupposto per l’ingresso di grandi trust privati nel sistema radiotelevisivo è costituito da F. Siliato, L’antenna dei padroni, cit. Per un compendio cfr. la sua intervista, C’è un futuro per le radio. Ma quale?, «Millecanali», n. 71, 1980, pp. 70-72, in particolare p. 72: «[…] al di là delle speranze di molti poeti dell’alternativa le emittenti private sono servite al grande capitale per rompere il monopolio statale e introdurre la logica di mercato nel sistema radio televisivo italiano».
14 Cfr. E. Fleischner, Gli emarginati prendono microfono e antenna, «Altrimedia», n. 1, 1976, pp. 2-3; le interviste a Umberto Eco, Radio locali, cit. e a Pio Baldelli, Riprendiamoci la radio, la televisione e il cinema, «Altrimedia», n. 2, 1976, pp. 9-10; In Europa le reti radio-tv sempre più private sempre meno locali (sintesi dell’intervento Il sistema italiano e la rete globale di controllo di Index Milano tenuto da Francesco Siliato al convegno internazionale di S. Vincent, Sistemi radiotelevisivi in Europa e prospettive della dimensione locale degli anni ’80), «Altrimedia», n. 24-25, 1979, pp. 5-9; 3000 emittenti pronte a concentrarsi, «Altrimedia», n. 26, 1979, pp. 5-11; Albino Pedroia, Un’onda per tutti, «Altrimedia», n. 27, 1979, pp. 4-7.
15 Cfr. Atti parlamentari, Camera dei deputati, VII legislatura, discussioni, seduta del 12 luglio 1977, pp. 8869-72, in particolare p. 8872.
16 Cfr. Dibattito sulla legge, «Millecanali», n. 34, 1977, pp. 101-03. Al dibattito organizzato dalla rivista partecipano, oltre a Bubbico, Pietro Valenza del Pci, Luciana Castellina di Dp, tutti membri della Commissione di vigilanza, e Di Domenico, della commissione sui problemi dell’informazione del Psi.
17 Cfr., oltre al dibattito citato in precedenza, Sandro Silvestri (a cura di), Verso quale legge?, «Altrimedia», n. 5, 1977, pp. 9-11: intervengono Bubbico, Valenza, Marco Pannella per i Radicali (anch’egli membro della Commissione parlamentare di vigilanza); Francesco Tempestini, responsabile del settore informazione del Psi; Vincenzo Vita, suo omologo per Dp e Renzo Rossellini, della segreteria nazionale della Federazione radio emittenti democratiche. Il dibattito è andato in onda sulle frequenze di Radio città futura, in collaborazione con «Altrimedia».
Salvatore Corasaniti, Quando parla Onda Rossa. I Comitati autonomi operai e l’emittente romana alla fine degli anni settanta (1977-1980), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno accademico 2017-2018

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Carceri italiane, una situazione non più tollerabile - DINAMOpress

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di operatori e operatrici del settore detentivo sulla drammatica situazione degli istituti di pena italiani, ormai incompatibile con il dettato costituzionale

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