#piomborovente è un #noir affilato come un rasoio che vede #TonyCurtis e #BurtLancaster in due delle interpretazioni più memorabili della loro carriera. #AlexanderMackendrick firma una regia impeccabile, trasformando la New York notturna in un palcoscenico di ambizione, corruzione e manipolazione mediatica... #film #cinema #unofilm #unocinema #filmastodon #recensioni

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“Piombo rovente” di Alexander Mackendrick | Valerio Tagliaferri

Sto vedendo decisamente troppi film. Mi consolo ripetendomi che i film non sono mai troppi, ma in realtà non riesco quasi a star dietro a tutta la roba che vedo. A gennaio ho visto la bellezza di 26 film in 31 giorni e febbraio è già cominciato sugli stessi ritmi. Tutto questo per dire che in questo capitolo mi tocca parlarvi di altri 8 film (ho escluso How to Have Sex, di cui ho scritto una recensione completa), tra cui un paio di rewatch da 5 pallini su Letterboxd e l’incontro con un film immenso di cui avevo sentito parlare tanto ma che non avevo ancora mai visto.

Boyhood (2014): Ogni tanto sento il bisogno di rivedere questo film, di rientrare in quella storia, in quell’atmosfera, in un film di Linklater insomma. Girato in 12 anni, il film segue la crescita e la formazione di un bambino fino alla tarda adolescenza. Linklater racconta, attraverso una vita piuttosto comune, la Vita in senso generale, esperienze che appartengono più o meno a tutti noi, ai nostri ricordi, al nostro passato, alla nostra sensibilità. La colonna sonora è meravigliosa ma c’è un difetto piuttosto evidente: il film, a un certo punto, finisce. Stupendo.
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Fitzcarraldo (1982): Classico esempio di film che hai sentito nominare centomila volte e che, eppure, non avevi mai visto. Almeno finora. Ora capisco tutto il bene che è stato detto e scritto su questo incredibile film di Werner Herzog, che racconta la storia di un appassionato d’Opera (Klaus Kinski) intenzionato a far attraversare a una nave la collina che separa due fiumi, al fine di creare un nuovo percorso commerciale, piuttosto redditizio, per la raccolta del caucciù (ma il fine non è mai il denaro, piuttosto la realizzazione di un sogno, ovvero portare l’Opera nella giungla). Nonostante varie proposte di utilizzare dei modellini, Herzog si è impuntato e ha preteso che la nave scalasse davvero quella collina. Moderno Sisifo, il Fitzcarraldo di Kinski/Herzog è un uomo di irresistibile passione, strepitosa determinazione e pura ispirazione. Voglio dire: io ho problemi ad alzarmi dal letto la mattina e Herzog ha issato una nave su per una collina. Si tratta di uno di quei film che poi ti fanno rivalutare tutta la tua vita, soprattutto se si osserva la faccenda come una grande metafora sul fare film: “Se io abbandonassi questo progetto sarei un uomo senza sogni, e non voglio vivere in quel modo. Vivo o muoio con questo progetto”, disse il regista a proposito. Invidio un sogno così grande, una determinazione così potente. Che film straordinario.
••••½

Nuvole in viaggio (1996): Kaurismaki doing Kaurismaki. Prima parte della trilogia finlandese, completata poi con L’Uomo senza Passato e Le Luci della Sera (di cui ho parlato nei capitoli precedenti, li potete cercare utilizzando il pulsante di ricerca giù in basso). Grande dignità dei personaggi, solita storia di working class e disoccupazione, amore, voglia di stringersi intorno ai protagonisti. Niente di particolarmente nuovo, ma come sempre irresistibile. I piccoli miracoli di Kaurismaki.
•••½

Il Terzo Uomo (1949): Miglior film britannico del XX Secolo secondo il British Film Institute, forse è anche uno dei più grandi film di sempre. Carol Reed mostra una delle città più affascinanti mai viste in un’opera cinematografica: Vienna nel dopoguerra, devastata dalle bombe e occupata dagli Alleati. Una città che respira cinema, che è parte stessa del film, con le sue ombre, i suoi vicoli, le fogne, il tutto inquadrato con un uso quasi smodato del cosiddetto piano olandese (un’inclinazione dell’orizzonte, al fine di rendere ancora più surreale e inquietante la scena). Uno scrittore americano giunge a Vienna su invito di un suo caro amico. Una volta giunto in città scopre però che l’amico in questione è morto il giorno prima in un fatale incidente. Lo scrittore, aiutato anche dall’amante dell’amico, comincia a credere che si sia trattato in realtà di omicidio, soprattutto per la presenza di un misterioso terzo uomo sulla scena incriminata. C’è Alida Valli (splendida) e c’è soprattutto Orson Welles, oltre alla magnifica Vienna, che credo di aver visto in un solo altro film, Before Sunrise (una città incredibilmente cinematografica ma sfruttata davvero troppo poco). Film immenso.
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Piombo Rovente (1957): Prima di approfondire il discorso sul film, mi soffermerei un momento sullo sciagurato titolo italiano. Quello originale è splendido, Sweet Smell of Success, ma quel che peggio, il titolo italiano è davvero fuorviante, il piombo fa pensare alle pallottole, ai gangster o magari al cinema noir (e addirittura a un meraviglioso albo gigante di Tex, uno stupendo western dal titolo omonimo). Non è praticamente nulla di questo, visto che è la storia di un potente giornalista, Burt Lancaster, che usa tutta la sua influenza, anche grazie al suo tirapiedi Tony Curtis, per denigrare e stroncare la carriera di un musicista jazz di cui è innamorata la sua fin troppo adorata sorella, che vorrebbe sposarsi con l’uomo. Le immagini di Alexander Mackendrick sono così piene di New York, di luci, di neon, che andrebbero quasi studiate fotogramma per fotogramma (e a quanto pare influenzarono l’estetica di Scorsese in Taxi Driver). Una curiosità: Mackendrick fu anche tra i responsabili della produzione di Roma Città Aperta di Rossellini. Titolo italiano a parte, un film bellissimo.
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García (2010): Non so quanti film colombiani abbia visto in vita mia, ma mi sento di affermare che grazie a questo lavoro di José Luis Rugeles ho messo finalmente la spunta anche su questa cinematografia. García è un film talmente innocuo da finire nel momento in cui partono i titoli di coda, eppure è piuttosto adatto per una serata leggera, senza grandi pretese e senza bisogno di un livello d’attenzione troppo elevato (insomma, non è un film di Lynch, diciamo). Una guardia giurata di mezza età, dalla vita piuttosto lineare e banale, deve smettere i panni del pavido quando sua moglie viene rapita e gli viene chiesto, come riscatto, di assassinare un’altra donna. Grazie (o meglio, a causa) dell’aiuto di un suo collega più audace ma confusionario, il protagonista si ritroverà in mezzo a narcotrafficanti brasiliani, tentativi di omicidio quasi comici e un mondo di violenza che non avrebbe mai pensato di conoscere. Si ridacchia qua e là con qualche situazione al limite dell’assurdo e, in linea di massima, è carino, ma niente che riuscirò a ricordare tra qualche anno (e già ora faccio fatica a mettere a fuoco alcuni dettagli). Lo trovate su Mubi.
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Rapado (1992): L’opera prima di Martín Rejtman è da molti considerato il film che ha dato inizio al Nuevo Cine Argentino negli anni 90, un movimento estetico connotato da un forte stile realistico, che rappresenta una rottura fondamentale con il cinema degli anni 80. Una notte un ragazzo viene derubato di soldi, scarpe e, soprattutto, la sua moto. Nelle notti seguenti cerca quindi di rubare una moto a sua volta per sostituire quella perduta, con scarsi risultati. Questi tentativi però lo fanno entrare in contatto con diversi personaggi e con una serie di eventi inaspettati. Ladri di Biciclette incontra Slacker di Linklater, con le dovute proporzioni, in un film minimalista, con dialoghi ridotti all’osso e una messa in scena scevra di orpelli e artifici. Decisamente migliore nelle intenzioni che nella realizzazione, ha comunque il merito di aver proposto qualcosa di diverso in una cinematografia che aveva bisogno di nuovo respiro. Lo potete vedere su Mubi.
••½

Gli Invasati: Altro esempio di titolo italiano veramente cretino, The Haunting è stato diretto da Robert Wise tra due musical di straordinario successo come West Side Story e Tutti Insieme Appassionatamente ed è particolarmente curioso associare due film del genere a una sorta di horror psicologico. Il film è ispirato al romanzo L’incubo di Hill House di Shirley Jackson, da cui è stato tratto anche il film Haunting del 1999 e la buonissima serie Netflix Hill House nel 2018. Uno studioso di paranormale va a trascorrere un periodo di studio in un’antica magione, celebre per alcuni tragici eventi che si sono verificati al suo interno. Insieme a due assistenti piuttosto percettive e il futuro erede della villa stessa, cercherà di scoprire la verità su ciò che accade di notte al suo interno. Non è mai chiaro se ciò che vediamo è reale o frutto della contorta immaginazione di una delle ragazze, Eleanor, ed è questo continuo equilibrio tra soggettività e oggettività a tenere lo spettatore incollato al film. Scenografie straordinarie, inquietudine perfettamente diffusa grazie ad elementi visivi e sonori, oltre ad un uso della macchina da presa clamorosamente innovativo per un horror/thriller. Molto bello.
•••½

https://unavitadacinefilo.com/2024/02/04/capitolo-369-sweet-smell-of-cinema/

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Recensione “How To Have Sex” (2023)

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