Sanzioni e potere: così si muove il prezzo del petrolio
In ottobre il prezzo del petrolio non ha risposto alla legge della domanda e dell’offerta, ma alle decisioni dei governi. Il WTI è sceso fino a circa 57 dollari ed è poi risalito sopra 60, mentre il Brent è rimasto più alto e ha successivamente superato 65 dollari, non per motivi industriali ma per motivi geopolitici. Il Brent è il prezzo del petrolio del Mare del Nord destinato ai mercati di Europa, Africa e Asia, mentre il WTI è il petrolio estratto in Texas e destinato al mercato statunitense.
Gli Stati Uniti hanno colpito la Russia con nuove sanzioni su Rosneft, Lukoil e altri operatori energetici. Vietato l’uso del dollaro e congelati beni negli USA. La risposta non è arrivata solo dal Cremlino ma dall’Asia: Cina e India, principali acquirenti del greggio russo via nave, hanno sospeso parte degli acquisti per evitare sanzioni secondarie, cioè punizioni verso chi commercia con soggetti sanzionati. È bastato questo per irrigidire i flussi.
Poi è toccato all’Iran. Una nuova lista di sanzioni americane ha colpito oltre 50 navi e società legate alla “flotta ombra” di Teheran (l’insieme di navi che trasportano petrolio eludendo sanzioni e tracciabilità, usando bandiere di comodo, triangolazioni di porti e pagamenti fuori dai circuiti ufficiali). Il mercato ha reagito subito: il Brent è salito oltre 65 dollari e il WTI oltre 60.
Anche l’Unione Europea è intervenuta. Bruxelles ha approvato il 19° pacchetto di sanzioni: eliminazione graduale del gas naturale liquefatto russo entro il 2027, blocco a oltre 100 petroliere legate alla flotta russa e restrizioni ai pagamenti in euro per soggetti che sostengono il commercio energetico di Mosca, anche se situati in paesi terzi.
Dalla metà di ottobre i mercati non sono fortunatamente esplosi, ma sono rimasti tesi. Le scorte americane, in calo, hanno sostenuto i prezzi. Gli investitori però sono divisi: una parte teme nuova inflazione da energia, l’altra pensa che il rallentamento industriale globale porrà un tetto ai rialzi.
Oggi il WTI oscilla fra 59 e 61 dollari, mentre il Brent si muove su valori leggermente più alti, attorno ai 63–65 dollari. Ma la questione non è tanto il livello del prezzo, quanto la volatilità. Il petrolio non misura più il ciclo economico, misura lo stato dei rapporti di forza tra Stati.
E questo è il nodo politico: il petrolio non è più un carburante, è uno strumento di pressione. A guidare il prezzo non è l’economia, è la politica. E finché sarà così, i mercati energetici resteranno instabili per definizione.
Ascolta
#aumentoPrezzi #brent #Iran #petrolio #russia #USA #wti