Verità immaginarie

3 minuti

Immaginando…

«Chi apprende sulla vita di un altro un qualche particolare esatto ne trae subito conclusioni che non lo sono e vede nel fatto recentemente scoperto la spiegazione di cose che con esso non hanno proprio nessun rapporto»[1].

Peccare d’immaginazione

L’uomo è un essere peccaminoso, perché immagina e non ragiona. Anzi, l’uomo è peccaminoso perché quando immagina pensa di conoscere. Scambia i fantasmi per corpi reali.

Peccare significa letterlamente mancare, errare, fallire. Perciò quando diciamo che l’uomo compie un peccato, qua non vogliamo dire altro che l’uomo sta mancando, errando e fallendo la conoscenza della realtà.

E perché dovrebbe essere un peccato? Perché chi immagina è sempre guidato dalle passioni. Quasi sempre dalla paura e dalla speranza. E per provare paura e speranza c’è sempre bisogno di un nemico da sconfiggere o da temere.

In questo senso, peccare significa immaginare domande sbagliate che giustificano e alimentano la speranza e la paura, creando conflitti inutili con nemici che non esistono ma che si immaginano.

Per Spinoza il peccato sta nell’immaginare Dio (che coincide con la Natura) anziché conoscerlo, dunque seguendo i dogmi della religione che stimolano gli spettri dell’immaginazione anziché la guida della ragione.

L’immaginazione con paura e speranza trasformano donne in streghe, serpenti in draghi, uomini in razze maledette.

Conoscere fantasmi

Possiamo dire che quando crediamo di conoscere tramite l’immaginazione non facciamo altro che conoscere fantasmi. Fantasma è un’immagine vana e illusoria generata dalla fantasia. Quindi, quando diciamo che conosciamo fantasmi non affermiamo altro che conoscere in maniera errata la realtà. Ovvero, compiere un peccato per come lo abbiamo definito in precedenza.

Spesso, anche quando si conosce qualcuno, si confonde l’immaginazione per la conoscenza di qualcuno. Marcel Proust descrive limpidamente come a partire da un particolare casuale giungiamo con facilità e certezza a credere di conoscere le leggi dei rapporti universali che come un enorme meccanismo di ingranaggi determina e spiega la verità del prossimo.

Ogni gesto, azione e parola sono, secondo l’immaginazione, traccia di una legge universale che spiega e che mostra la verità della persona.

Domande sbagliate per presupposti sbagliati

La ragione, così come l’educazione filosofia, conduce a criticare e a mettere in discussione quello che sembra essere certo. La ragione non conduce verso nessuna verità ultima, ma obbliga a superare i fantasmi che abitano la nostra vita.

Mentre l’immaginazione genera domande fantasiose che confermano le nostre convinzioni, la ragione vuole frantumare quelle stesse convinzioni. Per questo motivo conoscere è sempre accompagnato da una certa sofferenza.

Per comodità, abitudine e pigrizia l’essere umano tende sempre a cercare certezze a basso costo. Così, anche nei rapporti interprersonali giungiamo a trarre conclusioni affrettate e sconsiderate da un qualunque particolare esatto.

Non dovremmo farci domande per dare conferma alle nostre convizioni, ma dovremmo imparare a farci domande che verificano l’affidabilità delle nostre convinzioni. E di capire, se dietro i fantasmi che incontriamo nella nostra vita si trovano corpi veri e non altri fantasmi.

Riferimenti

[1] M. Proust, Precauzione inutile, Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma, 2011, p. 16.

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