“israel, stop killing children in gaza”, articolo di ahmad tibi, membro della knesset
articolo di Ahmad Tibi, membro della Knesset e presidente del Partito Ta’al, Haaretz, 2 giugno 2025
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Due scene avvenute nell’aula della Knesset (Parlamento) il mese scorso, sotto gli occhi di tutti e registrate a verbale, rimarranno impresse nella mia memoria per gli anni a venire.
La prima risale al 9 maggio, commemorazione del Giorno della Vittoria in Europa, quando la Germania nazista si arrese alle forze alleate. Sono salito sul podio e ho parlato, come faccio ogni anno, delle lezioni storiche che dobbiamo ricordare soprattutto in questo giorno; della vittoria della vita sulla macchina di morte, della sconfitta dell’ideologia assassina, razzista e antiumanista e della prova morale che stiamo fallendo oggi: l’uccisione di migliaia di palestinesi nella Striscia di Gaza, tra cui decine di migliaia di bambini.
Ho affermato un fatto semplice: vengono Uccisi bambini innocenti e indifesi, non “terroristi” e non “scudi umani”. Bambini.
Piccoli esseri umani, in carne e ossa. Secondo i dati delle Nazioni Unite, 18.000 bambini sono stati sepolti vivi o bruciati vivi; molti altri sono malati, affamati, fatti a pezzi dalle bombe o sepolti sotto le macerie ogni giorno, ogni notte.
La Knesset era in subbuglio. Quando ho finito di parlare, il parlamentare Michal Woldiger (Partito Sionismo Religioso), dal cuore della coalizione di governo, non dai suoi margini politici, si è alzato e ha risposto: “È un peccato che a Gaza non si faccia peggio di quello che si sta facendo. Non ci sono innocenti. Sì, i bambini dovrebbero essere uccisi. Perché servono da scudo umano”. La seconda scena si è verificata il 21 maggio, quando il mio collega di partito, il parlamentare Ayman Odeh (Partito Hadash-Ta’al), è stato rimosso con la forza dal podio solo perché aveva affermato: “C’è un limite alle bugie. Negare la Nakba”, ovvero quando più di 700.000 arabi fuggirono o furono espulsi dalle loro case durante la Guerra d’Indipendenza israeliana del 1947-1949, “non la farà scomparire. Non capite che sembrate deboli. Un anno e mezzo di guerra, 19.000 bambini uccisi, 53.000 abitanti uccisi, e non avete nemmeno un singolo risultato politico. Solo uccisioni, solo bombardamenti, solo guerra contro i civili”.
È scoppiato il pandemonio e le guardie della Knesset sono state chiamate per rimuoverlo dal palco, un evento del genere che ho visto solo poche volte durante la mia carriera alla Knesset, la maggior parte delle quali durante questa legislatura. Sembra che più si discostino dalla verità, più odino chi la dice, e le loro reazioni si intensificano.
La triste verità è che, ad eccezione di Yair Golan, che oggi non è membro della Knesset, l’unico parlamentare ebreo a condannare l’uccisione di bambini a Gaza è Ofer Casif (Partito Hadash-Ta’al).
Anche la scorsa settimana, dopo la terribile catastrofe della famiglia Najjar, la perdita di nove figli e il grave ferimento del padre e unico figlio sopravvissuto, l’undicenne Adam, non è stata pronunciata una parola di condanna. Non è stata udita alcuna richiesta di fermare l’orrore. Yahya, 12 anni, Eve, 9 anni, Rival, 5 anni, Sadeen, 3 anni, Rakan, 10 anni, Ruslan, 7 anni, Jibran, 8 anni, Luqman, 2 anni, e Sedar, 7 mesi, sono stati Uccisi in un attentato condotto da un pilota israeliano, e domenica il padre, Hamdi, è morto per le ferite riportate, e la vita continua.
In Israele questa è l’anomala normalità: il sostegno aperto e fiero all’omicidio di bambini non è una svista; le dure dichiarazioni che pubblicamente sostengono i crimini di guerra vengono pronunciate senza mezzi termini, apertamente e con orgoglio.
Invece di suscitare un’ondata di proteste pubblica che chiedesse un cessate il fuoco o quantomeno un’espressione di indignazione morale, queste dichiarazioni suscitano una risata e a volte un sostegno sotto forma di un silenzio assordante.
E proprio la quasi banale affermazione di Golan, secondo cui “un Paese normale non uccide bambini per passatempo”, è ciò che ha scatenato una polemica pubblica. C’è qualcuno che può dire che ci sia qualcosa di sensato nell’uccidere bambini?
Nel novembre 2023, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu scrisse: “Abbiamo sempre combattuto acerrimi nemici che si sono ribellati contro di noi per distruggerci. Dotati di forza d’animo e di una giusta causa, abbiamo resistito determinati contro coloro che attentano alle nostre vite. L’attuale lotta contro gli assassini di Hamas è un altro capitolo della storia, lunga generazioni, della nostra resilienza nazionale. Ricordate cosa vi hanno fatto gli Amaleciti”.
E di recente ha dichiarato: “Le nostre forze stanno conquistando sempre più aree a Gaza. Al culmine di questa azione, tutti i territori della Striscia di Gaza saranno sotto il controllo di sicurezza di Israele”. Questa affermazione è contraria alla dottrina alla base del Diritto Internazionale che proibisce l’Occupazione di territorio con la forza.
Nelle ultime settimane, molti membri del governo e legislatori hanno apertamente espresso il loro sostegno ai crimini di guerra. A fine febbraio, il vicepresidente della Knesset, il parlamentare Nissim Vaturi (Partito Likud), ha dichiarato senza mezzi termini, in un’intervista a Radio Kol Barama: “Chi è innocente a Gaza? I civili sono usciti e hanno massacrato persone a sangue freddo. I bambini e le donne devono essere separati e gli uomini adulti a Gaza devono essere uccisi. Siamo stati fin troppo premurosi”.
Ha aggiunto: “Molto presto trasformeremo Jenin e la Cisgiordania in Gaza”. Il parlamentare Moshe Saada (Partito Likud) ha dichiarato: “Sì, farò morire di fame i cittadini di Gaza, sì, questo è il nostro obbligo: imporre un blocco totale” (Haaretz, 27 aprile).
Il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (Partito Sionismo Religioso) ha chiesto l’espulsione dei civili dalla Striscia e ha promesso: “distruggeremo ciò che resta di Gaza”.
Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir (Partito Potere Ebraico) dichiara regolarmente che “non ci sono civili non combattenti” a Gaza e giustifica il ferimento di civili innocenti.
Il sostegno a crimini di guerra, uccisioni ed espulsioni forzate non è limitato ai membri della coalizione. Solo la scorsa settimana, in un discorso a una conferenza a New York, il parlamentare Benny Gantz (Partito di Unità Nazionale) non ha perso l’occasione di menzionare “l’opportunità unica di promuovere il piano del Presidente Trump per l’emigrazione volontaria”.
Immaginate per un attimo che in una democrazia lontana, un parlamentare dichiari apertamente il suo sostegno incondizionato all’Uccisione di bambini. Una dichiarazione del genere susciterebbe un’ondata di proteste, porterebbe alla condanna e alla richiesta di un’indagine.
E qui? Quasi nulla. Nessun titolo, nessuna indagine, nessuna indignazione pubblica. Al contrario. Un’importante testata giornalistica sta diffondendo un “sondaggio” a favore o contro la fame di massa e sta normalizzando la carestia di 2 milioni di abitanti di Gaza davanti alle telecamere.
State già identificando i processi? Stiamo raggiungendo il fondo del pendio scivoloso in cui siamo precipitati, alla fine del quale si trovano pulizia etnica, genocidio, carestia, deportazione, sterminio.
Non si tratta di “rumore di fondo” sui social media, né di commenti volti a soddisfare la base, né di un “passatempo”, ma piuttosto di una politica ufficiale. Una politica che viene riciclata e formulata in una terminologia che legittima la violenza e il massacro. Una politica che sradica e trascende ogni confine morale.
Una politica che non ha limiti, una politica di distruzione e demolizione di centinaia di case nelle comunità arabe in Israele, soprattutto nel Negev.
Il doppio criterio si sta intensificando. I politici che guidano il linguaggio violento attaccano coloro che mettono in guardia, documentano e protestano, accusandoci di “incitamento”. Campagne di delegittimazione, urla, minacce, provocazioni, arresti, attacchi organizzati sui social, aggressioni fisiche, parolacce e numerose denunce alla Commissione Etica della Knesset o alle associazioni professionali competenti.
La stessa commissione che proprio la scorsa settimana ha stabilito che i ripetuti appelli di Vaturi a “bruciare Gaza” sono espressione protetta, afferma che “sono di natura politica e riflettono accuratamente l’ideologia del membro della Knesset”, sebbene “non rendano onore alla Knesset come istituzione”. La sentenza conferma che qualsiasi collegamento tra l’etica e l’attuale Knesset semplicemente non esiste.
Tutto questo è vero per tutto l’anno, ma quando qualcuno si permette di giustificare l’Uccisione di bambini o una politica di fame ed espulsione proprio nel giorno in cui si commemora la vittoria sui Nazisti, è segno che la lezione non è stata imparata. Questo è uno sfruttamento cinico e manipolativo della storia, del trauma individuale e collettivo. Una distorsione storica e morale.
E naturalmente, c’è anche la madre di tutte le menzogne: “l’esercito più morale del mondo”. Perché cosa c’è di meno morale di un esercito che uccide migliaia di bambini e ne fa morire di fame centinaia di migliaia? “L’esercito più morale del mondo” è una retorica vuota e manipolatrice, volta a creare un’illusione per stordire la coscienza pubblica e mettere a tacere le critiche e i critici.
Imbiancare il linguaggio e usarlo per arruolare le masse contro una minoranza indebolita e oppressa, per creare indifferenza, il che rende possibili gli orrori a cui stiamo assistendo, in tempo reale.
Da Primo Levi, che ha vissuto gli orrori sulla propria pelle, ho imparato: “Abbiamo ancora un potere, e dobbiamo difenderlo con tutte le nostre forze perché è l’ultimo: il potere di rifiutare il nostro consenso”.
Io stesso mi rifiuto di abituarmi. Ci rifiutiamo di rimanere in silenzio. Ci rifiutiamo di accettare questa concezione e questa politica vuota: ci rifiutiamo di normalizzare la violenza. Ognuno di noi è un complice. E ognuno di noi ha la capacità di rifiutare. Gli appelli al genocidio, ai crimini di guerra e allo sterminio non sono un “passatempo”, ma piuttosto una politica ufficiale che gode anche del sostegno dell’opposizione.
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Ahmad Tibi, membro della Knesset e presidente del Partito Ta’al
(trad. La Zona Grigia)
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