gaza, 18 minuti per fuggire dall’ospedale. poi i missili e le macerie / chiara cruciati sul “manifesto”, 15 aprile 2025

Gaza, 18 minuti per fuggire dall’ospedale. Poi i missili e le macerie

Chiara Cruciati

il manifesto, 15 aprile 2025

PALESTINA L’attacco israeliano sull’al-Ahli lascia Gaza City senza cliniche, tre pazienti muoiono nel cortile: «Il corpo di mio figlio bruciava, la schiena sanguinava, urlava dal dolore». Stallo nel negoziato al Cairo

A quasi due giorni dal bombardamento israeliano dell’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City, i feriti arrivano lo stesso. Se ce li abbiano portati perché non sapevano fosse ormai un cumulo di macerie o perché speravano che qualche reparto fosse ancora funzionante, è difficile dirlo. Non hanno trovato né medici né infermieri, non hanno trovato più l’ospedale.
L’ISTITUTO CRISTIANO è stato colpito dall’aviazione israeliana nella notte tra sabato e domenica, alla vigilia della domenica delle palme. Poco prima l’esercito ne aveva ordinato l’evacuazione immediata. Agli sfollati, i sanitari, i pazienti e i loro familiari ha concesso una manciata di minuti, 18 per l’esattezza, per scappare.
Mentre i missili cadevano sopra il pronto soccorso, chirurgia e radiologia, sopra la farmacia e la stazione dell’ossigeno, mentre l’ultimo ospedale funzionante di Gaza City si accartocciava su se stesso, nel cortile morivano tre pazienti. Un bambino per il freddo, due adulti perché avevano bisogno dell’ossigeno per sopravvivere.
Yousef Abu Shakran, padre di 29 anni, ha stretto tra le braccia il figlioletto Mohammed, cinque anni e ustioni di terzo grado sulla schiena e sulle gambe, subite durante il raid israeliano che la scorsa settimana ha provocato una strage a Shujaeya.
È corso fuori dall’ospedale il più rapidamente possibile: «Il suo corpo bruciava, la schiena sanguinava, urlava dal dolore. Le ferite di tanta gente si sono riaperte, ho visto i familiari di una ragazzina con danni alla spina dorsale che tentavano di alzarla dal letto, ma era pieno di calcinacci». «Siamo usciti dall’ospedale e pochi secondi dopo è stato colpito da due missili, hanno fatto tremare la terra – ha raccontato Abu Shakran ad al-Jazeera – Erano le 2 di notte, non avevamo idea di dove portare nostro figlio. Soffriva e sanguinava. Non ci sono cliniche, non ci sono ospedali».

SUHAIB È TORNATO tra le macerie della sua casa nel quartiere di Zeitoun sulle spalle del fratello. Mezz’ora di strada. Non riesce a camminare, ha una gamba spappolata. L’attacco all’Al-Ahli è stato «giustificato» da Israele allo stesso modo: era un centro militare di Hamas. Nessuna prova e l’ennesimo chiodo sulla bara del sistema sanitario gazawi.
L’ospedale battista è uno dei 36 ospedali della Striscia distrutti o danneggiati dall’offensiva israeliana dal 7 ottobre. Ne rimangono in funzione 21, fa sapere l’Organizzazione mondiale della Sanità.
Un ospedalicidio che fa il paio con il blocco totale degli aiuti umanitari (cibo, medicine, tende) in vigore ormai da un mese e mezzo e che sta ammazzando lentamente Gaza.
Un insieme di pratiche che sta provocando reazioni globali. Si fermano però alle dichiarazioni, senza che seguano misure concrete. Tra queste quelle dell’alta rappresentante Ue agli esteri, Kaja Kallas, nota per la sua vicinanza alle posizioni israeliane ma che ieri ha definito le azioni di Tel Aviv sproporzionate. Più di così non riesce a fare, nonostante i massacri siano quotidiani (quasi 51mila i palestinesi uccisi dal 7 ottobre 2023, a cui si aggiungono 14mila dispersi stimati) e negli ultimi giorni in particolare abbiano preso di mira la cosiddetta «zona umanitaria» di al-Mawasi.
IL FAZZOLETTO di terra lungo la costa meridionale, ridotto a tendopoli, non è mai stata risparmiata dall’esercito israeliano. Ma è tanto più odioso che venga bombardata quando è in corso l’ennesimo sfollamento forzato da Rafah e Khan Younis: gli ordini di evacuazione emessi dall’esercito israeliano spingono famiglie prive di tutto verso una zona che sicura non lo è stata mai. Non è una novità nemmeno questa: da mesi esperti e analisti spiegano bene il significato di «zone sicure», aree in cui la popolazione viene concentrata e poi colpita, pratica che molti leggono come volta a rendere Gaza invivibile, senza speranza, dove non esiste altra alternativa che andarsene.
È quanto avviene a Rafah, circondata su ogni lato e per metà – come dimostrano le immagini satellitari – sotto il totale controllo dell’occupazione israeliana, impegnata in queste ore nella costruzione di una nuova strada che – si immagina – dovrà collegare il corridoio Morag a sud con il Netzarim, al centro.
Israele avanza con il chiaro obiettivo di occupare a tempo indeterminato pezzi di Gaza palestinian-free, mentre al Cairo i tavoli del dialogo non producono risultati. A dare conto dello stallo sono stati ieri i negoziatori, Qatar ed Egitto, dopo la partenza del team di Hamas che ha bocciato ieri la proposta egiziana (45 giorni di cessate il fuoco) perché prevede anche il disarmo del gruppo. Un’altra bozza (che sarebbe stata proposta dallo stesso Israele e a cui Hamas aveva dato iniziale consenso) prevede il rilascio di dieci ostaggi israeliani e informazioni certe sugli altri 48 in cambio di 45 giorni di tregua.
Il tutto all’interno di un quadro che resusciti la seconda fase del precedente accordo, stracciata dalla rottura israeliana della tregua, lo scorso 18 marzo, e che avrebbe dovuto condurre alla fine dell’offensiva. Intanto all’Afp, un membro del politburo del movimento islamico rilanciava la proposta iniziale: tutti liberi in cambio del cessate il fuoco permanente, l’ingresso degli aiuti e il ritiro delle truppe israeliane.
A NETANYAHU però non interessa porre fine alla guerra. L’opinione pubblica israeliana lo ha capito, gli ostaggi sono sacrificabili. La reazione monta tanto più dopo il 18 marzo e le prime vere crepe attraversano l’entità che più di altre tiene unito il paese, l’esercito: dopo la lettera di centinaia di riservisti, ieri ne è giunta un’altra a chiedere la fine dell’offensiva, firmata da 1.525 soldati.
È di ieri anche l’appello di 3.500 professori per «il ritorno degli ostaggi anche al costo di porre fine alla guerra». Perché il punto, nella stragrande maggioranza dei casi, non è il genocidio dei palestinesi ma la perdita di fiducia verso la leadership politica.

https://ilmanifesto.it/gaza-18-minuti-per-fuggire-dallospedale-poi-i-missili-e-le-macerie

Un medico palestinese tra le macerie dell’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City – Xinhua/Rizek Abdeljawad

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Gaza, 18 minuti per fuggire dall’ospedale. Poi i missili e le macerie | il manifesto

Israele (Internazionale) A quasi due giorni dal bombardamento israeliano dell’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City, i feriti arrivano lo stesso. Se ce li abbiano portati perché non sapevano fosse ormai un cumulo di macerie o perché speravano che qualche reparto fosse ancora funzionante, è difficile dirlo. Non hanno trovato né medici né infermieri, non hanno trovato più

il manifesto
"#Israel se ha apoderado de territorio en #Siria y el sur de Líbano, como parte de su visión del «Gran Israel», que incluye la ocupación de tierras en Egipto, Jordania y Arabia Saudí. Codicia los yacimientos marítimos de gas frente a la costa de #Gaza" https://rafaelpoch.com/2025/04/14/israel-esta-a-punto-de-vaciar-gaza/ #genocidio
Israel está a punto de vaciar Gaza

Cualquier expulsión se produciría probablemente con rapidez, con las fuerzas israelíes, que ya están replegando sin piedad a los palestinos en zonas de contención en Gaza, llevando a cabo una campa…

Rafael Poch de Feliu
#Gaza #Palestina #Genocidio Última hora: Palestina, Maui, Rafa. 15 mil personas están siendo cercadas y bombardeadas. Nos piden desde Palestina que difundamos urgentemente ( ... ) los bombardeos lo están destruyendo todo.

Última hora: Palestina, Maui, ...
Bluesky

Bluesky Social
🇵🇸 El carguero civil #NexoeMaersk está atracado en #Barcelona, antes de pasar por #Valencia y otros puertos, donde recogerá #materialmilitar trasvasado desde el #MaerskDetroit para transportar #armas al #genocidio que está perpetrando #Israel en #Palestina.
Giornata delle Persone Palestinesi Imprigionate – 17-04-2025 – IN.Palestina @Cagne Sciolte | Cagne Sciolte

ogni tanto bisogna tornare a postare questa foto da #Rafah

#Gaza #genocidio

Listen to Jeffrey Sachs (dwnld April 5th, 2025)

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Listen to Ralph Wilde (dwnld April 5th, 2025)

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Concentració urgent contra els vaixells de la mort

Puerto de València, dimarts, 15 d’abril, a les 19:00 CEST

📣 Concentració d'urgència al port de València ❗️❗️
Aturem el vaixell NEXOE MAERSK que transportarà material militar cap a 🇮🇱 🚢☠🇮🇱
El vaixell Nexoe Maersk arribarà entre dimarts 15 i dimecres 16 al port de València abans d'anar a Tànger a carregar peces dels F-35 que bombardejen a la població 🇵🇸 a la Franja de Gaza.
EXIGIM
➡️A la societat: que s'organitze per a denunciar el paper dels ports i la complicitat
➡️Als sindicats i treballadors portuaris: no col·laborar amb els 🚢involucrats en el genocidi
➡️A @desdelamoncloa: que impedisca el trànsit d'armes a 🇮🇱 i impose un embargament d'armes Embargament d'armes a Israel, ja ❗️❗️
Stop vaixells de la mort! Cap port per al genocidi!
#StopArmesAmbIsrael #SinEmbargoSeguimos

BDS-PV

https://calendari.cc/event/concentracio-urgent-contra-els-vaixells-de-la-mort

Concentració urgent contra els vaixells de la mort

📣 Concentració d'urgència al port de València ❗️❗️ Aturem el vaixell NEXOE MAERSK que transportarà material militar cap a 🇮🇱 🚢☠🇮🇱 El vaixell Nexoe Maersk arribarà entre dimarts 15 i dimecres 16 al port de València abans d'anar a Tànger a carregar peces dels F-35 que bombardejen a la població 🇵🇸 a la Franja de Gaza. EXIGIM ➡️A la societat: que s'organitze per a denunciar el paper dels ports i la complicitat ➡️Als sindicats i treballadors portuaris: no col·laborar amb els 🚢involucrats en el genocidi ➡️A @desdelamoncloa: que impedisca el trànsit d'armes a 🇮🇱 i impose un embargament d'armes Embargament d'armes a Israel, ja ❗️❗️ Stop vaixells de la mort! Cap port per al genocidi! #StopArmesAmbIsrael #SinEmbargoSeguimos BDS-PV

calendari.cc

mail inviata (inutilmente, è ovvio) il 14 gennaio 2024 a governo e opposizioni

I palestinesi devono sopportare migliaia su migliaia di tragedie inimmaginabili, tutte a livello internazionale. Questo livello di violenza orchestrata da una forza occupante è genocidio. Ai leader politici e ai funzionari di alto livello, dobbiamo sottolineare che il sostegno e l’assistenza a Israele sono complici in questo genocidio in corso. Siete stati avvisati
          
(Alice Mogwe, Federazione Internazionale per i Diritti Umani)

Egregio Signore/Gentile Signora,

Nel corso degli ultimi due mesi e mezzo, le forze israeliane hanno ucciso più di 29.000 civili in Palestina, tra cui oltre 11.000 bambini. Scrivo per esprimere la mia profonda preoccupazione riguardo al genocidio in corso e per chiedere urgentemente il vostro aiuto nell’incoraggiare una cessazione immediata delle ostilità e l’invocazione della Convenzione sul Genocidio senza ulteriori indugi.

La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, rappresenta uno strumento legale indispensabile per prevenire e sanzionare atti di genocidio. La Convenzione sul Genocidio, sancita dal diritto internazionale e vincolante per tutti gli Stati firmatari, esige risposte immediate e inequivocabili alle situazioni di genocidio, sia per imperativi morali che per mandato legale.

Gli sforzi diplomatici per far rispettare il diritto internazionale e porre fine al genocidio del popolo palestinese sono risultati infruttuosi. La mancata copertura completa da parte dei media occidentali delle atrocità, unita alla diffusione di disinformazione, è profondamente allarmante. La manipolazione intenzionale da parte dei leader politici, pericolosamente vicina all’incitamento al genocidio, richiede una condanna urgente e inequivocabile. Questa urgenza è ulteriormente sottolineata dal triste bilancio di oltre 100 giornalisti uccisi mentre cercavano coraggiosamente di rivelare la verità. L’obbligo di responsabilità immediata è essenziale per affrontare questa crisi e garantire giustizia per le voci e le vittime silenziate.

Attualmente, le forze israeliane stanno commettendo attivamente molteplici crimini di guerra, come definito dall’articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Ciò include tattiche come l’impiego di un blocco totale, attacchi diretti intenzionali alla popolazione civile, mirate aggressioni contro ospedali, scuole dell’ONU e ambulanze. È documentato l’uso di fosforo bianco come arma chimica su infrastrutture civili, così come l’uso di fame e sete come strumenti di guerra. Stiamo assistendo alla punizione collettiva di due milioni di persone, come definito dall’Articolo 33 comune della Quarta Convenzione di Ginevra e dall’Articolo 4 del Protocollo Aggiuntivo II.

La continua mancanza di responsabilità di Israele per la sua occupazione illegale, l’espansione illegale degli insediamenti e il crimine di apartheid ha portato a una preoccupante escalation della violenza che costituisce crimini internazionali legalmente definiti, tra cui genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Date le gravi circostanze, sollecito urgentemente l’invocazione della Convenzione sul Genocidio e azioni immediate per affrontare la crisi. La responsabilità di proteggere le popolazioni vulnerabili incombe sulla comunità internazionale, e credo fermamente che i principi delineati nella Convenzione debbano guidare la nostra risposta collettiva.

Negli ultimi mesi, un notevole numero di esperti di conflitti e genocidi ha lanciato l’allarme sul genocidio in corso a Gaza.

Il 13 ottobre 2023, Raz Segal, professore associato israeliano di studi sull’Olocausto e genocidio presso l’Università di Stockton e professore titolare nello studio del genocidio moderno, ha offerto un’analisi delle atrocità a Gaza nell’articolo “Un caso di genocidio”. Segal ha affermato: “La Convenzione ONU sul genocidio elenca cinque atti che rientrano nella sua definizione. Attualmente, Israele sta perpetrando tre di questi a Gaza.”

Il 15 ottobre 2023, 800 studiosi e professionisti del diritto internazionale, tra cui studiosi dell’Olocausto, hanno emesso un severo avvertimento riguardo a un potenziale genocidio da parte delle forze israeliane contro i palestinesi a Gaza.

Il 19 ottobre 2023, otto Rapporteurs Speciali dell’ONU hanno emesso un avvertimento dichiarando: “Lanciamo l’allarme… c’è anche un rischio di genocidio contro il popolo palestinese.”

Il 27 ottobre 2023, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha attivato la sua procedura di azione urgente per l’allarme precoce, esprimendo profonda preoccupazione per l’incremento di discorsi di odio razziale e disumanizzazione diretti contro i palestinesi.

Il 28 ottobre 2023, Craig Mokhiber, ex Direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha descritto ciò che sta attualmente accadendo a Gaza come “un caso di genocidio da manuale”.

Il 2 novembre 2023, otto Rapporteurs Speciali dell’ONU hanno lanciato nuovamente l’allarme dichiarando: “Restiamo convinti che il popolo palestinese sia a grave rischio di genocidio… Il momento per agire è ora. Anche gli alleati di Israele hanno responsabilità e devono agire ora.”

Il 10 novembre 2023, Omer Bartov, uno dei massimi studiosi mondiali di studi sull’Olocausto e il genocidio, ha avvertito che lo spostamento forzato e la pulizia etnica di solito precedono il genocidio.

Il 24 ottobre 2023, è stato rivelato un documento prodotto dal Ministero dell’Intelligence israeliano, che dettaglia un piano per epurare etnicamente Gaza mediante il trasferimento forzato dei suoi abitanti e la deportazione nella Penisola del Sinai in Egitto.

Il 16 novembre 2023, 36 esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno elevato il rischio da un genocidio potenziale a uno imminente.

Il 17 novembre 2023, la Commissione Internazionale dei Giuristi ha esortato gli Stati a “adempiere ai loro obblighi giuridici internazionali, inclusi in particolare quelli sanciti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948 … e adottare misure immediate per prevenire atti di genocidio a Gaza”.

Il 20 novembre 2023, il Rapporteur Speciale dell’ONU sulla Violenza contro le Donne e le Ragazze ha evidenziato la violenza riproduttiva inflitta dagli israeliani alle donne e ai bambini palestinesi, qualificando queste azioni come violazioni evidenti dei diritti umani e potenziali atti di genocidio secondo il diritto internazionale.

Il 1 dicembre 2023, l’ex Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha dichiarato: “L’assedio di Gaza di per sé… è una forma di genocidio… Le regole affermano che infliggere condizioni per distruggere il gruppo, questo di per sé è un genocidio. Quindi creare l’assedio di per sé è un genocidio, ed è molto chiaro.”

Il 12 dicembre 2023, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani ha adottato una risoluzione contenente un avvertimento da Alice Mogwe, Presidente della FIDH. “I palestinesi devono sopportare migliaia su migliaia di tragedie inimmaginabili, tutte a livello internazionale. Questo livello di violenza orchestrata da una forza occupante è genocidio. Ai leader politici e ai funzionari di alto livello, dobbiamo sottolineare che il sostegno e l’assistenza a Israele sono complici in questo genocidio in corso. Siete stati avvisati.”

Con quanto sopra in mente, vi chiedo di dichiarare globalmente le atrocità a Gaza come un genocidio. Delegare tutti gli uffici per esercitare pressione attiva sugli organi governativi per invocare immediatamente la Convenzione sul Genocidio e fermare le massacri in corso.

Un’azione urgente è imperativa. Riconoscimento del comportamento genocida israeliano a Gaza; condanna della retorica genocida israeliana; condanna delle atrocità israeliane a Gaza, inclusa la significativa perdita di vite civili e la distruzione delle infrastrutture civili; appello ai Terzi Stati per adempiere ai loro obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio; appello agli organi dell’ONU (Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza, Consiglio Economico e Sociale e Corte Internazionale di Giustizia) a adottare le misure necessarie ai sensi della Carta delle Nazioni Unite per prevenire e reprimere atti di genocidio; appello ai Terzi Stati di indagare, arrestare e perseguire le persone sotto la loro giurisdizione che potrebbero aver commesso o contribuito ad atti di genocidio contro il popolo palestinese; e appello a tutti gli Stati di adottare misure per evitare la complicità nel comportamento israeliano, incluso il fornire materiali, armi e sostegno economico o diplomatico a un regime responsabile di violenze in corso e sistematiche contro la popolazione palestinese che costituiscono genocidio.

La Convenzione sul Genocidio è stato il primo trattato sui diritti umani adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’9 dicembre 1948, simboleggiando l’impegno della comunità internazionale a dire “Mai più” dopo le atrocità commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Per Gaza, il “Mai più” è ora. 

Con urgenza, vi chiedo di unirvi nel prendere posizione contro questa catastrofe in corso. Uniti, è possibile fare la differenza per garantire che la giustizia prevalga per le molte vite innocenti perdute.

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